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Scritto da nel Bologna, Numero 11 - 16 Febbraio 2007 | 0 commenti

Bologna by night…

E' quasi l'alba, in una della rare notti dove una romantica nebbia sigilla momentaneamente gli occhi vitrei delle telecamere che infestano la città. In qualche imprecisato locale, tra via del Pratello e via Saragozza, la vita notturna dal sapore bohemien continua a scorrere serena: ordinanze bigotte e moralizzazioni forzate non trovano asilo nella penombra dell'osteria che mi sta ospitando. Il vino, incurante dell'ora tarda, continua a scorrere leggero, sulle labbra di chi, sottovoce, cerca di divertirsi senza disturbare una città assopita. Insieme agli occasionali compagni di una sera, abbiamo da poco abbandonato il locale che una mia ex compagna di facoltà gestisce insieme al fidanzato. I due, dopo averci servito un ottimo rhum, gentili ma terrorizzati, ci hanno pregato di allontanarci, spiegando che a causa delle nuove ordinanze anti-degrado, anti-alcool, anti-rumore ed anti-parcheggio, più che come giovani imprenditori dalla lingua sciolta, si dovessero comportare come inflessibili vigili urbani.

La morale di questa storiella metropolitana? Una città tradizionalmente accogliente, da tempo immemorabile Mecca del divertimento per svariate generazioni di studenti, sta lentamente, ma in modo inarrestabile, cambiando la propria fisionomia.

Sarebbe ingeneroso attribuire interamente la colpa di questa moralizzazione forzata, dal sapore vagamente fascistoide, al sindaco Tex Willer ed al collega Kit Carson, al secolo Maurizio Zamboni, ma è innegabile che i due abbiano prodotto una vorticosa accelerazione in questo processo. I rangers, dando vita ad un'illuminata alchimia plasmata sulla rabbia d'insignificanti comitati cittadini, hanno da prima tolto le macchine dalle strade, proseguendo imperterriti con l'ordinanza anti-dehors, che ha finito per eliminare anche i pedoni. Oggi, lo scenario che fa sa sfondo alle passeggiate notturne dei nostalgici della vecchia Bologna, è di tipo post-atomico.

Da un punto di vista sociologico, oltre che squisitamente ricreativo, questa ordinanza mostra una miopia politica difficilmente qualificabile: se in alcune zone catalogate a rischio, come, ad esempio, potevano essere i dintorni del Pratello prima dell'ordinanza, convivevano com'è ovvio, degrado e normalità, facinorosi e giovani studenti in cerca di birrerie ospitali; oggi, i rappresentati della seconda categoria sono quasi estinti.

Rimuovere forzatamente la vita dalle strade dove fisiologicamente è portata a concentrarsi, è una cura che molto spesso ha presentato effetti collaterali maggiormente dannosi del male stesso; infatti, l'eco a cui danno vita i portici deserti, può facilmente fornire una nuova linfa al degrado che si voleva originariamente combattere.

Il problema non è di facile soluzione, anche perché nella nostra città convivono incongruenze alimentate da sedimenti secolari: l'Alma Mater prolifera accanto ai bottegai che affittano solai e cantine senza l'abitabilità, o appartamenti fatiscenti a prezzi da usura. Questi individui sono gli stessi, che sovente, trovano insopportabile il frastuono che fuoriesce dai monolocali, abitati per necessità d'ammortamento da un numero irragionevole d'inquilini. Avarizia atavica, liberamente esplosa nella società del consumo sfrenato…E' utile notare, come anche questa tendenza comune a tutte le città universitarie, abbia trovato a Bologna l'estrinsecazione massima, comportando un aumento generalizzato ed indiscriminato del prezzo degli alloggi.

Gli aspetti deteriori che fisiologicamente accompagnano una speculazione edilizia in continua espansione, non sono forse indici sintomatici di degrado? Tuttavia, questa è una tipologia di degrado di cui raramente si parla, e che ancor più raramente infastidisce: a causa del perbenismo diffuso e velatamente ipocrita, si tende a parametrizzare unicamente il degrado con unità di misura empiriche e non morali, pertanto anche la più bieca speculazione, se non presenta aspetti esteticamente deteriori, è ben tollerata dalla grassezza della città.

Tralasciando questi localismi, e sfiorando appena l'annoso problema dell'immigrazione clandestina, comunemente etichettata come nuova peste, sarebbe demenziale, nonostante sia una tendenza discretamente in uso, il pensare di poter risolvere a livello locale una drammatica piaga di dimensioni planetarie, alimentata da concause politiche, economiche e sociali.

L'andante popolare che recita come Bologna non sia più quella di una volta, si limita ad essere una constatazione acritica di un dato di fatto. I numerosi mutamenti verificatisi nel tessuto urbano, non ultimo quello dovuto in larga misura alla presenza massiccia di extracomunitari, rappresentano l'estrinsecazione di una nuova realtà metropolitana; come tale può piacere o meno, tuttavia è innegabile che remi con forza nella direzione inarrestabile e sovranazionale di una società multietnica.

Anche in questo ambito la giunta comunale ha dato un'innegabile prova di lungimiranza e fermezza, il cosiddetto pugno di ferro in guanto di velluto: le ordinanze contro i lavavetri ed i pakistani rei di vendere alcolici nelle ore serali, lo dimostrano in modo incontrovertibile.

Questi provvedimenti necessari ed improcrastinabili hanno forse impegnato uomini e risorse dal momento che le oasi a cielo aperto dei venditori di sogni, le vere fabbriche di criminalità, sono rimaste nel medesimo luogo dove la giunta precedente le aveva lasciate. Ma per queste problematiche di ardua soluzione il tempo è un buon alleato, per l'intanto dopo il giro di vite sugli orari di chiusura dei locali e sulla vendita degli alcolici, restiamo in attesa della prossima crociata, sperando che l'integerrimo Catone il censore, non concentri la sua attività moralizzante sugli effetti socialmente nocivi della masturbazione…

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