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Scritto da nel Numero 24 - 16 Settembre 2007, Politica | 0 commenti

In difesa del qualunquismo

Pensavo erroneamente, che almeno questa volta, i mezzi d'informazione non avrebbero avuto la possibilità di minimizzare la portata dell'evento. E' stato sufficiente guardare con disattenzione un paio di telegiornali per accorgermi del mio errore: migliaia di persone raccolte in svariate piazze italiane, trecento mila firme raccolte in un pomeriggio per liberare il parlamento dai pregiudicati, liberi pensatori e docenti universitari che dispensavano gratuitamente e in modo pubblico il loro sapere, venivano relegati in una porzioncina di telegiornale dopo alcuni sproloqui di papa Ratzinger, e liquidati come terroristi dal sempre illuminato Casini.

Quello che molti commentatori e uomini politici non hanno compreso, o forse non hanno voluto comprendere, delle innumerevoli folle che gremivano le piazze italiane, era la qualità sociologicamente all'avanguardia legata ad esse: se generalmente la folla dispensa al singolo la fatica del ragionamento nel nome dell'appartenenza a qualcosa di superiore, ideologia, fede o partito, quella radunatasi l'8 settembre in modo spontaneo era una massa capace di discernimento. Con questo, non voglio ovviamente sostenere che tutti i partecipanti fossero persone illuminate e capaci di apprezzare, ad esempio, l'intervento dell'architetto Massimo Majowiecki; semplicemente, relegate nelle cantine le bandiere di partito, e la fede aprioristica riposta in ideologie vecchie di mezzo secolo, gli individui pensanti che hanno preso parte alla grande kermesse intellettuale, hanno cercato di raccogliere quelle informazioni che il servizio pubblico non può o non vuole dare. Così, tra una canzone degli Skiantos ed un intervento del capopopolo Beppe Grillo, l'ironico magistrato bolognese Norberto Lenzi, ha potuto intervenire sullo spinoso tema della giustizia con garbo e competenza, ridicolizzando la strisciante accusa di qualunquismo e dissertando in modo paradossale sui parlamentari corrotti: se il parlamento è il naturale prosieguo di una società marcia, come sostengono i fautori del laissez faire, laissez passer, allora, prosegue Lenzi nel suo ragionamento, anche rapinatori e pedofili potrebbero pretendere un domani, qualora diventassero maggioranza, di ascendere a Montecitorio e sostituirsi ai tangentari.

L'intervento di Mauro Gallegati, docente di economia all'Università di Ancona, ha evidenziato, con un linguaggio comprensibile anche ai profani, la miopia necessaria per attuare una riduzione del costo del lavoro attraverso l'alleggerimento della spesa previdenziale: fondamentalmente, i precari di oggi, saranno i nullatenenti del domani. Su questa vicenda, Grillo ha raccolto nel libro Schiavi Moderni (scaricabile gratuitamente dal sito http://www.beppegrillo.it/) l'esperienze più significative di 400 lavoratori atipici. Questa raccolta, che ad oggi è il secondo libro più letto in Italia dopo La casta di Rizzo e Stella, è stato simbolicamente consegnato al Ministro del Lavoro Damiano, ed è costato a Grillo, oltre alla solita accusa di qualunquismo, anche quella meno tenera di terrorismo politico da parte dell'onorevole Casini, a causa delle numerose critiche espresse in modo esplicito nei confronti della Legge Biagi.

Ai numerosi e autorevoli detrattori, sfugge il piccolo particolare, che la prefazione al libro è stata appositamente redatta dallo statunitense premio nobel per l'economia, Joseph Stiglitz. Nonostante lo Stiglitz non abbia la stessa familiarità con la Madonna di San Luca vantata dall'Onorevole Casini, risulta quantomeno sbalorditivo liquidare un premio nobel come qualunquista, o dovremmo forse imputare all'economista statunitense delle simpatie eversive?

Se il qualunquismo si esprime attraverso la libera mobilitazione di migliaia di cervelli, e si può fregiare dell'amicizia di premi Nobel e docenti universitari che abbandonate le aule, sono disposti a calarsi nell'agorà per dispensare i frutti del loro sapere, ritengo sia giunto il momento di operare una seria riflessione su questa bistrattata categoria del pensiero; o quantomeno, è giunta finalmente l'ora di chiamare le cose col proprio nome. E se il qualunquismo, considerata la mediocrità del presente e la forma di scarpa della nostra penisola, si potesse tradurre etimologicamente come buon senso?

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