Elezioni australiane
Dopo 11 anni i laburisti tornano a governare l'Australia con una clamorosa vittoria conquistando più della metà dei seggi della camera e sorretta da una fortissima affluenza alle urne, soprattutto da parte dei giovani. Duro colpo per il conservatore premier uscente John Haward che comunque non si sottrae dal fare gli auguri al nuovo governo elogiando il valore della democrazia australiana.
“Sarò un Primo Ministro per tutti gli australiani, e prometto di fare del mio meglio per governare sempre in nome dell'interesse nazionale.”
Questo è il discorso di apertura del nuovo premier Kevin Rudd che durante la sua campagna prometteva la ristrutturazione del sistema scolastico, l'aumento dei fondi da allocare nel settore sanitario e una politica attiva per realizzare una crescita economica forte e che favorisca anche gli interessi delle famiglie dei lavoratori.
Forte e deciso, soprattutto sul lato della politica estera, nella sua conferenza stampa il leader laburista annuncia che le prime azioni del nuovo governo saranno quelle di firmare il protocollo di Kyoto e di ritirare l'esercito australiano dall'Iraq rompendo la tradizione filo-americana del governo precedente. Da sempre in disaccordo con le decisioni dell'amministrazione Bush in Medio Oriente, Rudd ha in programma di ritirare i 550 militari di reparti combattenti e al loro posto saranno inviati a Baghdad 1100 militari da impiegare in compiti per il mantenimento della sicurezza urbana. In concreto ciò significa che cessa l'impegno dell'Australia nelle operazioni offensive mentre resta nella stabilizzazione dell'Iraq.
E' verosimile aspettarsi forti cambiamenti altresì sul tema dell'immigrazione con politiche meno severe e più sensibili di quelle dei conservatori, giunte fino alla creazione di veri e propri lager ed all'espulsione verso accondiscendenti piccoli stati oceanici di rifugiati politici.
Un radicale mutamento di atteggiamento è atteso anche riguardo alla questione delle minoranze aborigene. Quello degli aborigeni è un tema delicatissimo per l'Australia perché mette in discussione il mito di fondazione del Paese ed il suo stesso sviluppo dopo l'invasione bianca e la marginalizzazione delle comunità indigene. Un nodo che la destra ha sempre rifiutato di affrontare inasprendo il divario, in termini di aspettativa di vita, istruzione, ricchezza ed inclusione che esiste tra i popoli originari dai ricchissimi discendenti dei colonizzatori.