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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 38 - 1 Maggio 2008 | 2 commenti

Non capita tutti i giorni….Wolfango a Bologna

Non capita tutti i giorni….Wolfango a Bologna

Non capita tutti i giorni che gli oggetti che abitualmente vediamo, maneggiamo, mangiamo, acquistiamo, “dominiamo dall'alto della nostra statura” prendano il sopravvento su di noi. Non capita tutti i giorni che un tagliere con alcune uova fresche appena rotte c'inviti a fare un salto nell'amalgama che di lì a poco nascerà dall'incontro con la farina. Non capita tutti i giorni che i giocattoli che i bambini fortunati, e spesso viziati, accumulano in svariati anni di militanza e conservano gelosamente in un robusto scatolone si prendano finalmente gioco di noi, coalizzandosi. Non capita tutti i giorni neppure che gli asparagi ed i carciofi acquistati sulle bancarelle del mercato vecchio compiano sulla nostra attenzione un'operazione quasi ipnotica, impedendoci magari di preparare il pranzo, con le sacrosante lamentele degli ospiti.

La mano 1989 acrilico su tela, 138,5 X 125 cm

Tutto questo, quello che non capita tutti i giorni, accadrà invece a partire dal 9 maggio (sino al 22 giugno) nelle sale del Museo della Sanità – Oratorio di Santa Maria della Vita di Bologna dove saranno riuniti ben ventitrè quadri, e quadroni, dipinti dal celebre pittore bolognese di fama internazionale Wolfango (Peretti Poggi).

Nato a Bologna nel 1926, Wolfango dipinge e disegna sin da giovanissimo; ma è soltanto dalla fine degli anni Sessanta che inizia la sua vera pittura: nel maggio del 1968 realizza il suo primo quadro diverso, “nuovo”, intitolato La cassetta dei rifiuti, che apre la strada a quella che lui stesso considera la sua “attività pittorica” vera e propria. Come sottolinea energicamente lo stesso 'Wolf', prima di questa svolta, aveva compiuto solamente alcuni “precedenti dell'attività pittorica”, che lo avevano portato a dipingere opere passatiste, piacevoli ma disimpegnate, da pittore fra Otto e Novecento; sperimentazioni ispirate ai grandi maestri del Quattrocento, come Piero della Francesca; dipinti d'influenza morandiana ed infine, dopo alcune riflessioni scaturite in seguito ad una mostra di Fautrier, una serie di opere a tecnica mista e a numerosi disegni informali, senza perdita di coscienza.

Nel 1986 Wolfango esce allo scoperto. Attraverso un simbolico “parto cesarseo”, suoi quadroni sfondano letteralmente i muri della sua abitazione per giungere negli spazi dell'ex chiesa di Santa Lucia, dove si tiene la sua prima personale, intensamente voluta da Eugenio Riccomini. L'evento, accolto con grande entusiasmo dal pubblico e dagli addetti ai lavori, spinge lo storico dell'arte Vittorio Sgarbi a celebrarne il primato rispetto all'esposizione di pittura antica che si svolgeva parallelamente in città (Nell'Età di Correggio e dei Carracci: pittura in Emilia dei secoli XVI e XVII, n.d.r). Recensendo la mostra, Federico Zeri affermava con straripante impeto: “lo

considero un pittore grande, veramente grande, che ha attraversato, digerito e rielaborato la pop art, l'iperrealismo e che conosce a perfezione la pittura antica e moderna. È un grande pittore davanti al quale io posso dire soltanto una cosa: rimango impressionato ed ammirato.”

A distanza di oltre un ventennio, Wolfango è sempre capace di rapirci ed estasiarci, di accompagnarci nel suo viaggio nel quotidiano amplificato e rovesciato, di tenerci letteralmente in pugno, come se ci trovassimo al posto della noce spaccata nel cavo della rugosa mano del contadino magistralmente raffigurata nell'omonimo quadro del 1989. I ventitrè dipinti ad acrilico su tela presentati oggi in questa memorabile antologica coprono i quarant'anni di vera “attività pittorica” di Wolfango: da L'uva regina nel piatto (1970) e Lo scatolone della spesa (1971), nei quali Francesco Arcangeli vide rispettivamente “la Canestra di Caravaggio esplosa” ed “una fortezza”, ai recentissimi quadri, ancora freschi di pittura, intitolati L'osso di seppia ed Il granchio, passando attraverso a Lo Scatolone dei Giocattoli (1999) nel quale rischiamo di perderci, come davanti ad quadro di un pittore fiammingo del Quattrocento, ed Il Tagliere (2002), perfetto giusto giusto per la cucina del gigante Golia! Altri quattordici quadri di Wolfango non esposti in mostra – come ad esempio Il Cassetto (1976-77), visibile tutti i giorni dell'anno nella Sala Stampa di Palazzo d'Accursio, o La Cassetta di Zinco (1978), collocato nel vestibolo contiguo alla chiesa di San Giovanni in Monte – sono riprodotti nel catalogo che si configura come una vera e propria opera completa (sino ad ora!) della sua produzione pittorica. La mostra “Wolfango – Antologica”, fortemente voluta dal Professor Fabio Roversi- Monaco, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, è curata da Graziano Campanini ed Eugenio Riccomini. Il catalogo, edito da B.U.P, è impreziosito da contributi di Philippe Daverio, Eugenio Riccomini, Graziano Campanini, Guido Armellini, Antonio Faeti, Matteo Marchesini e Vittorio Riguzzi.

2 Commenti

  1. Molto interessante, specialmente per un ignorante d'arte come me.
    Spero nei prossimi mesi di leggere altri articoli di Pietro.

  2. nella sezione “l'arengo segnala” potete trovare tutti i dettagli sull'apertura della mostra dedicata a Wolfango

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