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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 40 - 1 Giugno 2008 | 1 commento

L'anonimo si presenta

Per uscire dall' involontario anonimato, ho pensato, come ha suggerito Stefano, di rispondere ai commenti con un articolo, cercando di essere chiara e meno istintiva.
Innanzi tutto sostengo che iconografia e iconologia siano fondamentali per un' esatta lettura, anche critica, delle opere d'arte.
Il termine iconologia compare per la prima volta nel 1593, con Cesare Ripa, il quale fornì “un prontuario tecnico a uso dei pittori sulle immagini fatte per significare una diversa cosa da quella che si vede con occhio”[1]. In sostanza una sorta di dizionario di rappresentazioni allegoriche che esprimevano concetti morali.
Il significato di iconologia assume in seguito un'accezione diversa, è definibile come lo studio e l'interpretazione, storicamente fondata, delle opere d'arte, interrogandosi sul “come”, sul”cosa”, ma soprattutto sul “perché” dei fenomeni artistici. Indaga, quindi, sulla genesi dei fenomeni stessi e sui diversi aspetti della loro manifestazione in rapporto alla tradizione artistica, letteraria e al contesto storico – culturale, prestando particolare attenzione ai fenomeni di diffusione e ricezione.
Il termine iconologia acquisisce, grazie al suffisso logos, un valore concettuale, traducendosi come scienza o significato e dunque, interpretazione delle immagini.
Non scollegata dall'iconologia è l'iconografia che diviene strumento descrittivo e classificatorio delle rappresentazioni artistiche. Dunque, per rendere il quadro più preciso, la descrizione e classificazione sistematica (cioè l'iconografia) non può arrivare alla comprensione totale delle opere d'arte se non interagendo con l' iconologia, la quale, per la sua natura interpretativa, penetra i significati. Insomma, l'iconografia si applica agli aspetti esteriori, mentre l'iconologia studia la struttura, la formazione interna e l'origine dei diversi elementi che compongono l'immagine. E' un rapporto inscindibile.
Questo tipo di ricerca si affinò con il XX secolo, grazie alla cerchia di Aby Warburg fondatore dell'omonimo istituto che oggi si trova a Londra. E' fra questi studiosi che spicca la figura di Erwin Panofsky il quale nel suo volume intitolato “Studi di iconologia”[2], propone un quadro metodologico di riferimento, sostenendo che l'analisi di un'opera presuppone, oltre alla conoscenza delle immagini, storie e allegorie, una familiarità con i temi o concetti specifici i quali sono trasmessi da fonti letterarie. Questa interpretazione potrebbe essere comunque erronea. Per questo l'esperienza pratica, come la chiama l'autore, oltre a partire da fonti letterarie deve abbracciare anche la storia degli stili, i quali comportano condizioni variabili.
E' bene introdurre ciò che Panofsky scrisse a proposito dei tipi, ove per tipo s'intende un veicolo utile alla comprensione dei valori stilistici. Da questa concezione nasce la così detta “teoria dei tipi”,la quale si propone di cogliere la storia di determinate figure in cui un preciso contenuto si è unito a una precisa forma.
Per entrare nel vivo della teorizzazione panofskiana è utile far menzione dei tre livelli interpretativi che si devono necessariamente seguire per la lettura approfondita di un'opera d'arte:
  1. SOGGETTO PRIMARIO o CONVENZIONALE, che si coglie identificando pure forme, come la rappresentazione di oggetti naturali;
  2. SOGGETTO SECONDARIO o CONVENZIONALE, che comporta l'identificazione di immagini, storie e allegorie – definite come combinazioni di personificazioni e/o simboli – e cioè il campo di studio dell'iconografia;
  3. SIGNIFICATO INTRINSECO o CONTENUTO, il quale è l'accertamento di principi interni caratterizzanti una nazione, un'epoca, una classe, una convinzione religiosa o filosofica.
Questi tre punti sono l'oggetto dell'interpretazione, mentre l'atto interpretativo è costituito da:
1. DESCRIZIONE PREICONOGRAFICA, cioè un'analisi pseudo formale;
2. ANALISI ICONOGRAFICA, nel senso stretto del termine;
3. INTERPRETAZIONE ICONOGRAFICA, in senso più profondo.
Panofsky, inoltre, indica ciò che deve essere il bagaglio culturale necessario all'interpretazione, fatto di esperienza pratica (familiarità con oggetti ed eventi), conoscenza delle fonti letterarie (familiarità con specifici temi e concetti) e infine, intuizione sintetica (cioè familiarità con le tendenze essenziali dello spirito umano).
Quello che ho cercato di spiegare, provando a essere chiara, è ciò che ha fatto scaturire il mio commento. Sono d'accordo che una società, un determinato ambito culturale , una committenza in continua evoluzione, influenzino il fare artistico, ma credo anche che l'interpretazione dell'opera d'arte debba dipendere da un metodo, da conoscenze specifiche e da un bagaglio culturale in grado di sostenere l'interpretazione stessa.


[1]Cesare Ripa, Iconologia overo Descrittione Dell'imagini Universali cavate dall'Antichità et da altri luoghi, 1593.
[2] Erwin Panofsky, Studies in Iconology, 1939.Pietra miliare all'interno della tradizione degli studi iconologici fondati sul pensiero di Aby Warburg.

1 Commento

  1. cara Fra,
    ho letto il tuo articolo. dico la verità, l'ho letto due volte perchè non è proprio immediato, anzi direi che è piuttosto articolato.
    alla fine penso di aver capito il concetto di fondo dell'articolo (credo) ma tuttavia non sono riuscito a capire bene quanto e in cosa la visione che riporti si discosti da quella presentata da Pietro e Matteo nel numero scorso.
    forse, se è vero che esistono approcci diversi, potrebbe essere utile un articolo di epilogo che, tirando le fila, sappia offrire una comparazione tra questi approcci-
    niotre secondo me un esempio pratico di quelc he parli servirebbe molto. portare (come han fatto pietro e matteo) i concetti di cui parli a livello grafico, attraverso la descrizione di un dipinto.
    queste soo solo due idee, giusto epr invogliarti a frequentare l'arengo come scrittrice più spesso!!!!

    un'ultima cosa..l'arengo son due anni ormai che ha visto la luce..se rileggo i miei primi articoli mi rendo conto quanto fossero poco comunicativi (per gli addetti ai lavori)..forse, dopo due anni, sto imparando a essere più diretto, questo grazie all'esercizio dello scrivere che, secondo me, aiuta a chiarificare le proprio idee ed il modo di esprmerle (in questo tobia è un'eccezione alla regola).
    quinid, che dici, a presto si questi schermi??

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