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Scritto da nel Numero 46 - 16 Settembre 2008, Politica | 5 commenti

La sinistra dei paradigmi

Il punto di riflessione di questo articolo è il seguente: la sinistra italiana, scevra da vincoli religiosi, è cresciuta nel Novecento sulla base del paradigma marxista. La crisi dell'URSS, cui la realizzazione pratica del marxismo era indissolubilmente legata, ha privato la sinistra italiana – ma in generale mondiale – di un bastione al quale fare riferimento nel presentarsi alle elezioni alla ricerca del consenso.

L'opinione del sottoscritto non è che tale crollo abbia reso difficile la effettiva capacità di governo e amministrazione. Per un verso l'ha agevolata, rendendo i partiti ex comunisti più liberi da condizionamenti ideologici e consentendo effettivamente ad essi l'accesso al Governo del Paese. Dall'altra tuttavia l'incapacità della sinistra italiana di elaborare collegialmente il lutto e le lotte per la spartizione dell'eredità ne hanno segnato, forse irrevocabilmente, la crescita e lo sviluppo.

Gli anni del governo sono stati segnati dall'apparente inconciliabilità tra due posizioni.
Da una parte la visone di Achille Occhetto, fautore di un certo nuovismo al di fuori della tradizione, dell'abbandono del termine socialismo, che aveva portato dopo una notte di riflessione solitaria alla genesi del Partito Democratico della Sinistra; dall'altra si è sviluppata la strategia di Massimo D'Alema, sostanzialmente contraria alla deriva palingenetica giustizialista e convinta dell'approdo della transizione comunista italiana nell'alveo del Partito del Socialismo Europeo.
La storia, oggi, sta mostrando una situazione nella quale la prospettiva di adesione al mondo socialista non si è – almeno per ora – compiuta. Il Partito Democratico altro non è che il passo successivo del PDS, con il quale la platea dei rinnovati si è aperta togliattianamente anche al mondo cattolico.

Ma veniamo al dunque.
La parola d'ordine di questi anni è stata liberalizzazioni e privatizzazioni. Da Telecom all'energia, i post comunisti sono partiti lancia in resta convinti di aver capito tutto: l'ortodossia monetaria, sì certo mitigata e regolata, era la nuova frontiera, quella dell'Europa che erroneamente non si era da sempre cavalcata, quella della libertà che si riversava da oltre il Muro.

Su questa linea da un lato non si è riusciti a superare le remore di quella parte del proprio mondo ancora legato ai vecchi canoni anti-americani, che rileggevano la propria avversità in un pacifismo integralista, in una rivendicazione salariale oltranzista, in una opposizione di principio; dall'altro non si è saputo rappresentare il popolo più legato alle esigenze materiali della sicurezza e del salario, colpita il primo dall'europeismo multietnico e la seconda dalle ristrettezze imposte dal monetarismo; non si è stati in grado, se non in minima parte, di spostare i meccanismi del potere economico nazionale.
Morale della favola ha vinto la Lega che ha saputo sostituirsi nella rappresentanza di un popolo abituato ad essere numeroso e dalla parte del torto e del politicamente scorretto, alleato con il sistema di potere maggioritario e berlusconiano.

Che cosa manca, allora, alla sinistra? Forse una politica, certo, ma non solo.
Quello che manca a questa sinistra è una ideologia, in grado di coalizzare le differenti identità indirizzandole verso una comune prospettiva politica e di elaborare una linea politica innovativa e connessa con la realtà sociale.

Ma se la risposta è la Bandiera Rossa di Ferrero, o il giustizialismo reazionario di Di Pietro, o l'attesa messianica della risata che non ci seppellisce, allora possiamo stare certi che la sinistra avrà fatto tutto il possibile per consentire alla peggiore storia d'Italia di rinascere e regnare a lungo. A bocce ferme la palla passa al PD, che dopo l'estate con il nuovo logo sulle bandiere di tutte le Feste avrà 5 anni per ribaltare il risultato. Da solo.

5 Commenti

  1. Tobia, la definizione “giustialismo reazionario” mi fà storcere un pò il naso. Non sono esattamente un sostenitore di Di Pietro, ma credo che sia l'unico partito che combatta per determinati principi che il resto dei partiti ignora. Perchè usi questa definizione?

  2. Innanzitutto credo che il personalismo di Di Pietro durante Mani Pulite abbia nei fatti preparato l'Italia al personalismo berlusconiano, ad una deriva contro i partiti che hanno fatto la storia della nostra democrazia. Non ha pulito niente, nè migliorato alcunchè, anzi.
    Inoltre penso che la politica di Di Pietro di difendere sempre e comunque la magistratura, che ogni italiano che ha avuto a che farci sa bene non essere il regno della giustizia, non contribuisca nè a difenderla nè a migliorarla.
    Infine se l'unica cosa su cui va d'accordo con il Pdl è l'introduzione del reato d'immigrazione clandestina credo che definirlo conservatore e reazionario non sia inappropriato.
    Al di là della sua testimonianza di onestà personale, che rispetto e stimo, politicamente mi sembra proprio un 'giustizialista reazionario'.

  3. Angelo mi piacerebbe comunque discutere del perchè tale definizione ti fa storcere il naso.
    Se ritieni anche tu potremmo farlo scrivendo articoli e non limitandoci ai commenti.
    Grazie

  4. Tobia non sono daccordo. Che il personalismo di Di Pietro abbia preparato l'Italia a quello di Berlusconi è una congettura…

    Forse non ha pulito niente, ma ha messo alla luce il cancro che divorava l'intero paese. Sul fatto che non abbia migliorato, visto la situazione economica, sociale e politica in cui viviamo, sono daccordo con te.

    Di Pietro difende a spada tratta una magistratura che viene invece offesa da tutte le altre parti. Ad un atteggiamento reazionario per raggiungere un equilibrio bisogna rispondere con un atteggiamento altrettanto reazionario.

    Il termine giustizialista non mi piace perchè è un termine berlusconiano: lo ha usato in maniera indiscriminata durante tutta la campagna elettorale, e nella maniera becera che conosciamo tutti. Non sono un dipietrista, ma anch'io voglio le cose che dichiara Di Pietro, uno stato più giusto e più onesto.

  5. Non c'è dubbio che sia una congettura la mia secondo la quale il personalismo di Di Pietro abbia preparato l'Italia a quello di Berlusconi: però mi sembra che usando le tue parole se 'Ad un atteggiamento reazionario per raggiungere un equilibrio bisogna rispondere con un atteggiamento altrettanto reazionario' i due si siano comodamente incamminati di pari passo. Ma ha cominciato, secondo la mia congettura, il modo plebiscitario di condurre le inchieste condotto dal pool di Mani Pulite sorretto dalla stampa (compresa quella di Berlusconi, direi non a caso)

    E l'Italia dietro di loro, schiacciata da due alternative inconciliabili ed entrambi con massicce dosi di torto.
    Quale equilibrio è possibile raggiungere così? L'unica cosa che vedo oggi è un Paese meno democratico, dove la magistratura è impotente con i forti e inefficiente e ingiusta con i deboli.

    Io ricordo di quando si sosteneva che per far parlare gli inquisiti bisognasse tenerli in custodia cautelare: questo secondo me si chiama giustizialismo. E lascia spazio a inchieste fondate su congetture, soffiate, mezze verità.

    Anche io voglio uno Stato più giusto e onesto: credo che se ci rincorriamo tra alternative reazionarie (quali sono, secondo me, quelle dei due in questione) non lo otterremo mai. Per questo sono contrario sia alla politica di Di Pietro che a quella di Berlusconi

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