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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 47 - 1 Ottobre 2008 | 2 commenti

Lazarillo de Tormes

Tra il XVI ed il XVII fece la sua comparsa in Spagna un genere letterario destinato ad incontrare una grande fortuna, e capace di restituire ironicamente i tratti distintivi di una nazione, dove la farneticante politica di grandezza perseguita dalla corte si sovrapponeva senza riuscire a cancellare, la miseria morale e materiale a cui erano costretti migliaia di sudditi. Il romanzo picaresco, che in genere narra le tragicomiche vicende di orfani costretti ad apprendere l'arte di arrangiarsi, travalicò in breve gli angusti confini nazionali: l'esplicito anticlericalismo insito in racconti dove l'epopea negativa è animata da mendicanti, straccioni e affamati, incontrò, com'era prevedibile, un largo favore nelle nazioni protestanti, dove questi romanzi venivano letti come altrettanti atti d'accusa nei confronti dell'inquisizione e più in generale del cattolicesimo spagnolo.

Lazarillo de Tormes, è insieme al Guzmán de Alfarache di Mateo Alemán ed al Buscón di Quevedo, uno dei capostipiti della letteratura picaresca: comparso anonimo nel 1554 con tre edizione simultanee ad Alcalà, Burgos ed Anversa, fu inserito dall'Inquisizione nell'Indice dei libri proibiti nel 1559.

Il Lazarillo, rappresentando la prima novela ascrivibile al genere picaresco, ne scandirà poi alcuni dei tratti salienti: la narrazione procede in prima persona, le umili origini dei protagonisti si rispecchiano nel lessico utilizzato e costringono l'antieroe a compiere azioni riprovevoli: il furto, l'omicidio o la prostituzione sono all'ordine del giorno, ma nonostante ciò, la chiave di lettura proposta per interpretare le malefatte non pregiudica l'intrinseca bontà del protagonista, costretto per sopravvivere a scendere a compromessi con un mondo anch'esso spietato e crudele.

Un altro degli aspetti salienti e fortemente innovativi, è riscontrabile nell'immobilismo sociale ed etico: nonostante le numerose peripezie, il picaro a differenza di eroi ed antieroi tratteggiati dalla letteratura precedente, non subisce un evoluzione, il lieto fino è ontologicamente negato insieme alla possibilità di riscatto e ascesa del personaggio.

In ultima analisi, se da un lato il Lazarillo de Tormes rappresenta un testo d'importanza imprescindibile per la storia della letteratura europea, dall'altro è comunque un romanzo gradevole e di facile lettura, dove la straordinaria erudizione di un autore ignoto è stata sapientemente celata nella prima persona di un mendicante. Il cinismo e l'ironia rappresentano forse le qualità migliori del romanzo, dove il grande sconfitto non è il povero Lazarillo, ma una società dipinta come micragnosa e avida: nonostante tutto quello che metteva insieme e possedeva, non vidi giammai uomo sì avaro e meschino, tanto che mi faceva morir di fame e non mi dava neanche la metà del necessario.

Tali suggestioni non si sono ovviamente risolte nel XVII secolo, o con il tramonto dell'inquisizione e della monarchia spagnola, ma hanno piuttosto continuato ad interessare i più svariati ambiti culturali, basti pensare come uno dei più prolifici cineasti italiani, forse grazie ad una certa affinità estetica, abbia dedicato nel 1987 ai picari, una delle sue opere più speziate.

i disegni sono di Anna Ciammitti

2 Commenti

  1. Si, veramente particolare come lettura di quell'epoca. Inizia con una situazione pessima e continua con un crescendo di sventure e agonie, raccontato con un cinismo che non guarda in faccia né a “caste” né a religioni; a metà racconto sembra quasi di essere in un incubo di Lars Von Trier.

  2. Grazie per i disegni, veramente belli, e soprattutto direi appropriati…

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