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Scritto da nel Internazionale, Numero 51 - 1 Dicembre 2008 | 2 commenti

Desaparecidos italiani




Durante gli anni della dittatura argentina (1976-1983) più di 30.000 uomini e donne, per lo più studenti universitari, sindacalisti ed intellettuali sono scomparsi, desaparecidos, con l’accusa arbitraria di essere dei sovversivi. Una volta prelevati dalle loro case erano incappucciati e segregati in uno dei tanti centri clandestini di detenzione allestiti nei sotterranei di Buenos Aires (il più attivo fu quello all’interno dell’ESMA, la Escuela Mecánica de la Armada). Qui subivano ogni tipo di violenza (scosse elettriche con la picara, stupri, vessazioni) fino a quando non erano caricati su un aereo militare e gettati ancora vivi nel Río de la Plata1].

Diversamente da quanto accadde in Cile dopo il golpe di Pinochet, quando centinaia di perseguitati politici trovarono rifugio tra le mura dell’Ambasciata d’Italia e in seguito il diritto d’asilo nel nostro paese, il governo italiano decise di non prendere posizione su quanto stava accadendo in Argentina e di negare l’asilo politico a chi si presentasse in Ambasciata o in Consolato. La prima misura adottata dopo il golpe fu quella di alzare i muri di protezione dell’Ambasciata in modo che nessuno potesse scavalcarli e chiedere aiuto. In base ai principi dell’extraterritorialità la polizia argentina non avrebbe avuto alcuna giurisdizione all’interno di un edificio di proprietà dello Stato italiano e che rappresentava l’Italia; per gli stessi principi, i funzionari dell’Ambasciata non avrebbero potuto espellere i rifugiati dalla nostra rappresentanza diplomatica [2].

Le ragioni dell’atteggiamento di Roma erano duplici: salvaguardare gli interessi economici delle grandi aziende italiane nel paese sudamericano (Fiat, Olivetti, Eni, Iri…) e il fatto non meno rilevante che la maggior parte della Junta Militar argentina fosse affiliata alla Loggia P2 e pertanto direttamente collusa con i poteri occulti che controllavano il nostro Paese. In quegli anni Licio Gelli era anche il Responsabile economico dell’Ambasciata argentina a Roma. Giulio Andreotti era invece il Ministro degli Esteri e ha in seguito dichiarato di non essere mai stato  informato di quanto stava succedendo in Argentina a livello di violazione dei diritti umani [3].

Se alcune persone di origine italiana sono riuscite a scappare e a trovare rifugio in Italia lo si deve alla straordinaria umanità di Enrico Calamai, l’allora Console Generale a Buenos Aires [4]. Calamai intuì che l’unico modo per aggirare il divieto di concedere l’asilo politico era quello di accelerare i tempi per il rilascio del passaporto italiano e cercare di imbarcare coloro che erano più in pericolo sul primo volo da Montevideo per Roma. Per attraversare i confini Argentina-Uruguay era sufficiente la carta d’identità e i controlli alla frontiera erano molto più blandi che all’aeroporto di Buenos Aires. Una volta giunti in Uruguay potevano tranquillamente passare per turisti italiani che rientravano in Italia. Calamai pur di salvare delle vite ha ammesso di aver nascosto alcuni perseguitati nella propria casa o negli scantinati del Consolato e di aver rilasciato il passaporto italiano a persone che non avevano tutti i documenti in regola. In tali casi preveniva la Farnesina che inviava un funzionario all’aeroporto di Fiumicino per farsi riconsegnare il passaporto [5]. Purtroppo in tanti non ce l’hanno fatta a scappare. Nel 1982 Gian Giacomo Foà, coraggioso corrispondente del Corriere della Sera da Buenos Aires, rese nota una lista di 297 connazionali desaparecidos. Questa cifra è naturalmente andata ingrossandosi nel corso degli anni. Oggi si calcola siano almeno un migliaio i cittadini italiani scomparsi in Argentina tra il 1976 e il 1983.

Negli anni Novanta sono iniziati in Italia i processi nei confronti di militari argentini imputati di sequestro e omicidio di alcuni di questi nostri connazionali. Le accuse del Pubblico Ministero Francesco Caporale si sono fondate sull’art. 8 del Codice Penale che attribuisce al giudice italiano la giurisdizione per fatti che, anche se commessi all’estero, si configurano come delitti politici a danno di cittadini italiani. Il 6 dicembre 2000 la II Corte d’Assise di Roma ha condannato in contumacia all’ergastolo i Generali Suárez Mason e Riveros e a 24 anni altri 5 militari, per il sequestro e l’omicidio di otto cittadini italiani [6]. Tra questi anche la figlia e il nipote neonato di Estela Carlotto, la presidentessa della Asociación Abuelas de Plaza de Mayo. Nel marzo 2007 è stata pronunciata una seconda sentenza questa volta nei confronti di alcuni ex militari dell’ESMA. Cinque ex ufficiali della Marina sono stati condannati all’ergastolo per il sequestro e l’omicidio di quattro nostri connazionali. La condanna è stata confermata in Appello nell’aprile del 2008.

Con più di vent’anni di ritardo la magistratura italiana ha avuto modo di riscattare almeno in minima parte l’ignobile silenzio del nostro Paese davanti a questo genocidio. Speriamo sia solo il primo esempio di giustizia per tutte le vittime della dittatura argentina e degli altri paesi dell’America Latina.
 

[1] Su questo tema esistono due film di Marco Bechis: Garage Olimpo e Hijos.
[2] L’extraterritorialità non si applica nei Consolati.
[3] Durante la trasmissione televisiva di Enrico Deaglio L’elmo di Scipio andata in onda il 25 marzo 2001
[4] Calamai ha scritto un libro in cui racconta quegli anni a Buenos Aires: E. Calamai, Niente asilo politico. Diplomazia, diritti umani e desaparecidos, Feltrinelli, Milano, 2006.
[5] Desaparecidos, La sentenza italiana contro i militari argentini, a cura di G.Miglioli, Il ManifestoLibri, Roma, 2001, pag.22.
[6] La sentenza è stata confermata in Appello nel 2003 e in Cassazione nel 2004.

 

2 Commenti

  1. ciao Paola,
    ottimo articolo, non banale e ben documentato.
    il tema dei desaparecidos, e più in generale dell'Argentina (la sua crisi economica, la sua gente e cultura), è secondo me troppo importante per essere confinato ad un articolo isolato.
    poche settimane alla bottega dell'elefante abbiamo incontrato Luis Borri che ha letto le poesie delle madres de plaza de mayo e ci ha raccontato della loro esperienza. un amico fotografo è attualmente a buenos aires per fare un servizio fotografico sulle madres, altri amici sono tornati dal master in cooperazione a buenos aires.

    sarebbe interessante dedicare un approfondimento alla questione argentina, anche con proiezioni di film o documentari, penso a garage olimpo o a la dignitad de los nadies di Solanas.. (ci stiamo organizzando al macondo di via del pratello)..resta i contatto con l'arengo e troviamoci rpesto per parlarne

  2. Ciao Stefano, grazie.
    Sono d'accordo con te, tutto ciò che è successo in Argentina negli ultimi trent'anni meriterebbe di essere approfondito. Ho volutamente tagliato sulle Madres/Abuelas perché penso sia un argomento che necessiti una trattazione specifica. Spero riusciate ad organizzare qualcosa. Dovrei venire a Bologna prima di Natale, ci risentiamo. Ciao, Paola.

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