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Scritto da nel Internazionale, Numero 54 - 1 Febbraio 2009 | 2 commenti

La guerra asimmetrica ed il “diritto del male minore”

La regola fondamentale del diritto internazionale umanitario a protezione della popolazione civile contro gli effetti delle ostilità impone alle parti in conflitto di distinguere fra la popolazione civile e i combattenti, così come fra i beni civili ed gli obiettivi militari, affinché le operazione militari siano dirette unicamente contro gli obiettivi militari e i combattenti.

Questa regola si fonda sul principio che alla fine del XIX secolo una commissione militare internazionale riunita a S. Pietroburgo aveva formulato nel preambolo dell'eponima dichiarazione: “il solo scopo legittimo che gli Stati devono fissarsi, durante la guerra, è l'indebolimento delle forze militari nemiche”. Questo presuppone che qualunque nemico possa essere vinto indebolendone le forze armate in maniera significativa. In altre parole, neutralizzatane la forza militare, e solo questa, il nemico, anche se politicamente, psicologicamente o economicamente più forte, sarà costretto a capitolare.

Oggi, è questo postulato di base ad essere messo in discussione dai conflitti armati asimmetrici. Il carattere distintivo dei conflitti armati asimmetrici è quello di opporre due o più parti le cui differenze quantitative, in termini di capacità militare e tecnologica, e qualitative, con delle forze armate regolari che si confrontano a dei gruppi armati irregolari, sono estremamente pronunciate. In tali situazioni, la protezione garantita dal diritto internazionale umanitario alle persone e ai beni civili è seriamente minacciata. Al debole parrà, infatti, più utile colpire gli obiettivi politici, psicologici ed economici dell'avversario, la cui forza militare, verosimilmente, non potrà essere neutralizzata. In modo speculare, il forte potrà incontrare maggiori difficoltà nel ridurre oltremodo la forza militare di un avversario, già così inferiore militarmente, che nell'attaccarne le strutture politiche od economiche o, ancora, il morale della sua popolazione.

Durante le settimane che hanno visto la popolazione civile israeliana obiettivo di attacchi indiscriminati e quella palestinese versare un tributo di sangue inaccettabile, abbiamo potuto osservare come questa spirale diabolica abbia fatto sprofondare il rispetto per il diritto umanitario e, con esso, quello per la dignità umana. Insieme con questi può essere crollata anche la nostra fiducia nel diritto umanitario stesso, concepito proprio per proteggere la dignità umana nei conflitti armati.

Come ristabilire questa fiducia nel diritto? Distinguere, e distinguere ancora, è la risposta del giurista. Distinguere significa identificare quelle regole che, inequivocabili, attendono di essere riaffermate con forza – divieto di farsi scudo della popolazione civile, divieto di attaccarla direttamente, divieto di lanciare attacchi dai quali ci si può aspettare un bilancio troppo importante in termini di vittime civili rispetto al risultato militare atteso, solo per indicarne alcune – e chiarire le regole di dubbia interpretazione e/o di difficile applicazione in un contesto di guerra asimmetrica – come risulta essere la definizione e l'identificazione dell'obiettivo militare, solo per citarne una -, che rischiano di non proteggere adeguatamente la popolazione civile.

Distinguere vuol dire, inoltre, individuare le responsabilità di ciascuno. La responsabilità di chi attacca in maniera indiscriminata è diversa da quella di chi si protegge facendosi scudo della propria popolazione, come la responsabilità di chi rinuncia ad adottare le precauzioni necessarie durante la condotta delle ostilità è diversa da quella di tutti quegli Stati che non hanno ottemperato all'obbligazione di “far rispettare” il diritto umanitario.

Infine, distinguere tra il male (la guerra) ed “il diritto del male minore” (come viene, talvolta, ribattezzato il diritto umanitario) è fondamentale per ricordare la ragione d'essere di quest'ultimo, ovvero quella di argine in presenza di una furia, volto ad impedire il peggio.

Chi scrive si rende conto di quanto in guerra, e soprattutto nelle sue forme asimmetriche, sia difficile distinguere. Non per questo ritiene che sia meno vitale.

2 Commenti

  1. questo articolo riesce a chiarire e rendere accessibile anche ad un profano come me alcuni concetti fondatti del diritto internazionale ed a calarli nella realtà odierna.
    complimenti davvero, per un lavoro che va oltre la opinione e introduce termini importanti al dibattito..
    chiarissimo il punto sullo scostamento della realtà d'oggi dagli esiti della riunione di S.Pietroburgo..
    grazie per il contributo

  2. Un plauso al nuovo collaboratore Arengo!!!!

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