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Scritto da nel Internazionale, Numero 68 - 1 Aprile 2010 | 1 commento

Immigrate silenziose. Ragazze dell'Est e lavoro in Calabria

Il turista in vacanza in Calabria rimane sorpreso notando i tratti somatici delle ragazze che servono nei locali a ridosso dei luoghi più suggestivi della costa ionica e tirrenica o nel disco-pub più frequentato nel centro di Reggio Calabria o anche nei bar della miriade di paesini dell'entroterra. Se si aspetta i classici lineamenti mori della donna mediterranea rimarrà deluso di fronte a capelli biondi, occhi chiari e corpi armoniosi e snelli.
Si tratta ovviamente di lavoratrici straniere, provenienti dall'Europa dell'est; con l'ingresso di Romania e Bulgaria nell'Unione Europea, tante di loro non sono più clandestine (condizione giuridica non auspicabile visto i provvedimenti da quest'anno in vigore in Italia).

Sappiamo della massiccia immigrazione di donne provenienti principalmente da Moldova e Ucraina (queste si, in gran parte prontamente regolarizzate) che si occupano, per meno di mille euro al mese, dei nostri anziani, colmando deficit pratici e in parte anche affettivi, di familiari e Stato. Il ruolo di questo esercito di colf e badanti è divenuto oramai essenziale, anche in termini puramente economici e non solo sociali: basti pensare che queste pazienti donne fanno risparmiare decine di miliardi di euro l'anno allo zoppicante welfare italiano, se si considera che il loro lavoro sostituisce spesso il ricovero dell'anziano non auto-sufficiente in una struttura convenzionata per lungodegenti.

Premettendo che anche questo fenomeno presenta aspetti negativi, situazioni d'illegalità e di sfruttamento e a volte condizioni oggettivamente frustranti per queste lavoratrici, qui vorrei occuparmi brevemente del lato completamente «oscuro», eppure così alla luce del sole, dell'immigrazione dall'Europa orientale.

La cronaca degli ultimi anni riferisce di numerosi episodi di sfruttamento del lavoro nero e della prostituzione ai danni di giovani ragazze (anche minorenni) bulgare, rumene, ucraine, albanesi scoperti dalle forze dell'ordine. La dinamica è nella maggior parte dei casi piuttosto simile: portate nel nostro Paese con la promessa di un lavoro, le ragazze subiscono umilianti violenze appena arrivate in Italia e, costantemente minacciate, vengono costrette a prostituirsi. In tutti i casi vi è la complicità di conniventi dei Paesi d'origine delle ragazze, in un connubio particolarmente disgustoso tra delinquenti locali e stranieri, tra mafie nazionali ed estere. Certo, magari i mezzi di comunicazione si occupano poco di queste situazioni, ma si sa che nel nostro Paese gli stranieri fanno notizia, eccome, solo quelle volte che compiono il reato, non quando lo subiscono.

In Calabria questa nuova forma di schiavitù è purtroppo diffusa e registra lo zampino piuttosto pesante della 'ndrangheta (sull'argomento anche “Banditi e schiave. 'Ndrine, albanesi e il codice Kanun” di Arcangelo Badolati e Giovanni Pastore). Del resto appare evidente la presenza sempre più massiccia di prostitute provenienti dall'Europa orientale sui marciapiedi delle città calabresi; così come numerose sono le cosiddette case d'appuntamento presenti sul territorio.

L'immigrazione dall'Europa dell'est non vuol dire solo esperienze negative. Ci sono tante ragazze che si sono perfettamente integrate nella realtà locale e che lavorano prevalentemente in esercizi commerciali di ristorazione. Osservandole dietro i banconi di tanti bar, mi sono chiesto quali fossero le dinamiche di assunzione da parte dei datori di lavoro.
Dunque, proviamo ad ipotizzarne una, che potrebbe verificarsi con una certa frequenza:
un imprenditore che voglia reclutare delle ragazze giovani e di bella presenza per il pub di sua proprietà, probabilmente si recherà di persona (o delegherà a conoscenti) in un paesino del vibonese e chiederà di una certa signora M. (iniziale di fantasia).
Questa signora bulgara assolda continuamente giovani connazionali con estrema necessità di lavoro e le ospita in appartamenti sovraffollati, facendosi pagare vitto e alloggio nel momento in cui le ragazze stesse iniziano a lavorare.
Attraverso un paio di «passaggi», l'imprenditore raggiungerà la signora M. e le farà presente le sue richieste. Se ritenuto «affidabile», lo stesso potrà selezionare personalmente le sue cameriere tra le tante ragazze che la signora M. gli presenterà. Scelte le ragazze, le lascerà una parcella, così come le neo-lavoratrici, dovranno per i primi mesi, destinare parte del loro stipendio a questa sorta di agenzia.

I parametri sulla condizione della donna e le pari opportunità in Calabria sono sconfortanti così come i dati sulla disoccupazione femminile in regione: prima delle elezioni regionali il governatore uscente e perdente Loiero riferiva che al terzo trimestre 2009 – ultima rilevazione Istat ufficiale disponibile e non basata su stime – la disoccupazione femminile nella regione si attestava al 15,1%, 1,1 punti percentuali più del valore medio del Mezzogiorno e di 6,7 punti percentuali superiore a quella media nazionale; lo sfidante e vincente Scopelliti forniva dati ancora più allarmanti – anche se francamente di dubbia autenticità – che dava la disoccupazione femminile in regione al 41% (da notare che non vi saranno donne nel neo-eletto consiglio regionale della Calabria).
Questo contesto può diventare pericoloso per la giovane immigrata che ha disperato bisogno di un salario. Ad esempio il lavoro in un bar o pub o locale notturno, dove è evidente la cospicua presenza di ragazze dell'est, risulta ancor più appetibile per tutti in una regione con dati occupazionali così preoccupanti. Così le straniere dovranno offrire credenziali più vantaggiose ai datori di lavoro, rispetto alle colleghe italiane, dando vita ad un gioco al ribasso: accontentarsi di uno stipendio più basso, lavorare di più e in alcuni casi anche altro…

Queste tendenze dovrebbero essere analizzate con attenzione perché la concomitanza di un terreno fertile per l'illegalità e le scarse possibilità occupazionali per le donne possono dare luogo, in Calabria come altrove, a fenomeni di permanente semi-schiavitù, nell'ormai consueto silenzio della società civile e delle istituzioni.

1 Commento

  1. Un altro malinconico ritratto della tua terra natia.
    La trama e il finale sembrano sempre gli stessi. La soluzione, mi verrebbe da dire, pure: scardinare la criminalità organizzata e creare mobilità sociale. Rendere il terrenno fertile per un mercato dei capitali attraente che sia in gradao di stimolare il mercato del lavoro.

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