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Scritto da nel Numero 104 - 1 Novembre 2013, Scienza | 0 commenti

Sempre avanti

Sempre avanti

 

Per le antiche civiltà del Mediterraneo le Colonne d’ Ercole hanno rappresentato a lungo il confine estremo delle terre conosciute. Ma un limite è fatto per essere superato e col tempo il Mare Nostrum ha finito di essere il centro del mondo e la Terra quello dell’ universo.

La sete di conoscenza ha fatto alzare gli occhi dell’ uomo dall’ orizzonte verso il cielo e le mitiche colonne sono diventate un punto che si sposta sempre più lontano nel cosmo. Pioniere di questo cammino è la sonda Voyager 1, il primo oggetto costruito dall’uomo a superare i confini del Sistema Solare. Lanciato nel 1977 questo robot di 800 chilogrammi, con la sorella Voyager 2 e le cugine Pioneer 10 e 11 faceva parte di un programma della NASA per l’ esplorazione dei pianeti giganti del sistema solare e la ricerca del confine tra il mezzo interplanetario e il mezzo interstellare. Le quattro missioni sono state grandi successi e hanno  fornito una ricchissima messe di dati su Giove, Saturno, Urano e Nettuno, ma Voyager 1 ha superato tutte le più rosee aspettative. La sonda era stata concepita per esplorare i due pianeti maggiori, ma l’ appetito vien mangiando e il robot è riuscito ad andare ben oltre. Una missione che non era iniziata sotto i migliori auspici: subito dopo il lancio, nell’ estate del 1977, un ricevitore radio diede forfait e durante il sorvolo di Saturno, quattro anni dopo, un nuovo guasto a un braccio orientabile aveva fatto temere il peggio. Ma Voyager 1 dimostrò fin da allora di avere la pelle dura e i tecnici della NASA riuscirono a risolvere buona parte dei problemi con riparazioni via radio. Nonostante gli acciacchi la sonda nel 1986 transitò regolarmente a 80.000 chilometri da Urano, fornendo i primi dati in loco su quel corpo celeste pressoché sconosciuto.

Un risultato entusiasmante, ma il bello doveva ancora venire. Nel 1989 questo straordinario robot sfiorò Nettuno, passando a soli 5.000 chilometri dalla superficie, e riprese  immagini eccezionali del pianeta e del suo satellite Tritone. La sonda non aveva dimenticato le sue radici e nel 1990 scattò una fotografia della Terra vista da sei miliardi di chilometri, immagine diventata famosa come Pale blue dot” (“pallido puntino blu”). Non appagata da applausi e ovazioni provenienti dalla Terra, Voyager 1 in questi anni ha proseguito il suo cammino. Nonostante la strumentazione di bordo vetusta, il suo computer ha una capacità di elaborazione molto inferiore a quella di un telefono cellulare, la sonda è ancora in grado di comunicare con la Terra. Grazie ai segnali trasmessi dalla sua antenna di 4 metri, lo scorso settembre la NASA ha potuto annunciare che Voyager 1 ha raggiunto lo spazio interstellare, a 19 miliardi ci chilometri dal nostro pianeta. E questa arzilla vecchietta non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi, almeno fino a quando reggerà il suo motore alimentato a plutonio. Di spazio  ne è stato percorso dalla messa in orbita del primo satellite, quello Sputnik che nel 1957 turbò i sonni degli americani…

Prima o poi l’ avventura del Voyager avrà una fine, ma questa missione ha scritto una grande pagina nella storia  della ricerca scientifica ed è la prova che, quando vuole, l’ uomo è in grado di seguire la virtute e canoscenza di dantesca memoria.

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