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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 134 - 1 Novembre 2016 | 0 commenti

Io, Daniel Blake

Io, Daniel Blake

Un film di Ken Loach, vincitore della Palma d’oro del Festival di Cannes 2016

Consigliato da un amico e curioso di vedere il film vincitore della Palma d’oro a Cannes dell’ormai ottantenne Kean Loach, sono andato al cinema.

L’essere un individuo cosciente dei propri diritti diventa nel film un lungo e disperato processo.

Daniel Blake perde il lavoro di carpentiere a causa di un infarto e da quel momento inizia la sua spersonalizzazione. Passa da un ufficio all’altro per ottenere ciò che gli spetta , un’indenità di malattia, ma si scontra con l’insensibilità dei burocrati, rinchiusi in un’organizzazione normata da procedure per Daniel, come per noi, incomprensibili. Una situazione grottesca, giocata su doveri collettivi di una società ipocrita. La denuncia del protagonista è chiara, netta e condivisibile. I valori del secolo scorso quali l’orgoglio del proprio ruolo sociale di lavoratore, la grande manualità, la sensibilità per il collettivo, lasciano spazio ad una società indifferente, fatta di call-center, giustizia cieca e soltidine, dove il virtuale annichila l’uomo. Daniel, come molti anziani, non riesce a compilare online i moduli che gli vengono forniti dall’Ufficio.

Nel corso della vicenda incontriamo anche una ragazza madre di due bambini, approdata a Newcaste perchè la vita a Londra ormai le era diventata impossibile a causa dei forti tagli del welfare, tra i due nasce un rapporto di complicità e di aiuto reciproco, Daniel aiuta questa famiglia e nel finale, inaspettato e non scontato li ritroviamo ancora insieme.

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