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Scritto da nel Numero 154 - 1 Agosto 2018, Scienza | 0 commenti

Migranti cosmici

Migranti cosmici

Dallo Sputnik in poi, è da oltre sessanta anni che stiamo mandando nello spazio satelliti, sonde, navicelle e compagnia bella.

In questa intensa attività di esplorazione, è sempre stata considerata una priorità la sterilizzazione di mezzi e strumenti che dovevano partire. Si tratta di un processo lungo e complesso, gli apparati vengono trattati in ambienti sterili, denominati camere bianche, a 120° per molti giorni, necessario per evitare di contaminare lo spazio con batteri terrestri, falsando analisi e ricerche.

Ma questa operazione può trovarsi di fronte ad avversari tanto minuscoli quanto difficili da debellare. Alcuni ceppi di batteri riescono infatti a sopravvivere alle accurate fasi di decontaminazione cui vengono sottoposti sonde, rover e lander destinati a volare nello spazio.

E’ il caso degli Acinetobacter, un genere di batteri che ha dimostrato di trovarsi particolarmente a suo agio sui veicoli spaziali.

Un gruppo di ricercatori californiani, analizzando questi microrganismi, ha scoperto come la maggior parte dei ceppi, non solo proliferava, nonostante l’ accurata pulizia, ma era in grado di biodegradare i detergenti usati durante l’assemblaggio dei veicoli spaziali, sfruttandoli come fonte di energia.

Dei veri duri insomma, perfettamente in grado di affrontare le condizioni estreme di un viaggio nello spazio, ma non sono i soli. Altri minuscoli esseri viventi, come alcuni licheni o i tardigradi, hanno già dato prova di cavarsela alla grande in un ambiente letale come lo spazio.

Il geologo planetario Brian Hynek, geologo planetario presso l’ Università del Colorado, durante le sue ricerche di microorganismi estremofili, in grado capaci di vivere e riprodursi in condizioni limite, ha trovato un altro batterio della stessa pasta degli Acinetobacter.

L’ Acidiphilium, è questo il suo nome, se la passa benissimo a Laguna Caliente, un lago, arroccato sul vulcano Poás, in Costa Rica. Qui l’ acqua sfiora la temperatura di ebollizione ed è estremamente acida. Un ambiente infernale, molto simile a come dovevano essere la Terra e Marte agli albori della loro formazione.

L’ interesse di Hynek si è concentrato proprio sul pianeta rosso, dove primordiali antenati dell’ Acidiphilium avrebbero potuto sopravvivere grazie all’energia fornita dal calore idrotermale oltre che dal ferro e dallo zolfo disciolti in acqua, piuttosto che dall’energia solare, assai più debole sul pianeta rosso, rispetto alla Terra.

L’ ipotesi dello scienziato è che il Marte primordiale non fosse un ambiente molto diverso da quello di Laguna Caliente.

Lo studio del geologo sarà uno dei punti fondamentali per la missione della Nasa Mars 2020 che porterà su Marte un rover attrezzato per la ricerca di tracce fossili di microorganismi simili all’ Acidiphilium che vive a Laguna Caliente.<!– p { margin-bottom: 0.25cm; direction: ltr; color: rgb(0, 0, 0); line-height: 120%; }p.western { font-family: “Calibri”, sans-serif; font-size: 11pt; }p.cjk { font-family: “Calibri”, sans-serif; font-size: 11pt; }p.ctl { font-family: “Times New Roman”, serif; font-size: 11pt; }a:link { color: rgb(33, 117, 155); } –>

 

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