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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 19 - 16 Giugno 2007 | 1 commento

MANI AL TFR O TFR IN MANO? Ecco cinque domande da porsi prima di affidare il tfr ai fondi pensione

Diffidare da chi mette le mani sul proprio trattamento di fine rapporto (tfr) e tenersi ben stretto questo baluardo contro l'inflazione.

Senza negare le difficoltà dei conti pubblici a garantire una pensione accettabile ai lavoratori che si ritroveranno fra qualche decennio con una pensione ridotta al 47% dell'ultima retribuzione, la questione rilevante per i lavoratori è se sia conveniente trasferire il tfr maturando alla previdenza complementare – così come previsto dal decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 – con una fretta spasmodica e pressati da insistenze sospetti oppure lasciarlo all'interno delle aziende (il fatto che poi quelle con almeno 50 dipendenti dovranno trasferirlo all'Inps non tocca in nessuna misura i lavoratori).

Di fonte ad un problema di scelta gli economisti solo soliti ragionare in termini di benefici e costi. Sui benefici, però, il dibattito è gonfiato dal marketing delle società di gestione del risparmio che abilmente ostentano i rendimenti passati realizzati in borsa, mentre coloro che hanno un interesse a prendere in considerazione i costi sono davvero pochi (in particolare: Beppe Scienza, docente di matematica dell'Università di Torino noto per il suo pamphlet sul risparmio tradito; Victor Uckmar, uno dei più conosciuti fiscalisti italiani; Alessandro Penati, docente di finanza aziendale all'Università Cattolica di Milano; e Giuseppe Altamore, giornalista economico di Famiglia Cristiana). Da un lato mettendo in luce i vantaggi del tfr – difesa quasi perfetta nei confronti dell'inflazione e assenza di costi di gestione – e dall'altro dimostrando i difetti dei fondi pensione negoziali e aperti – rischio di nuovi lunghi periodi negativi per gli investimenti finanziari, vantaggi fiscali inferiori a quelli sbandierati, peso ridotto del contributo del lavoratore.

Evitando di proporre pesanti questioni numeriche o soluzioni impacchettate, è opportuno porsi cinque semplici domande prima di aderire ai fondi pensione.

Perché affidare un problema sociale di primissimo piano come quello delle pensioni, che gli economisti parafrasano come una forma di copertura dal rischio di vecchiaia, alla roulette del mercato finanziario italiano ritenuto dai più una piazza ancora non matura?

Perché una legge dello Stato, approvata in fretta e furia in perfetto stile bipartisan, dovrebbe permettere alle lavoratrici e ai lavoratori italiani di scommettere il proprio tfr sul mercato azionario considerato in ambienti accademici un gioco a somma nulla e in altri meno raffinati un puro gioco d'azzardo?

Perché affidare le nostre pensioni al risparmio gestito che avrebbe danneggiato milioni di sottoscrittori di fondi comuni di investimento a causa di un bassissimo livello di trasparenza e di performance sistematicamente inferiori a quelle che si sarebbero ottenute investendo in modo autonomo nei vari mercati?

Perché non esistono dei contratti in cui i fondi pensione garantiscono al lavoratore una rendita pensionistica minima e una compartecipazione degli extra-rendimenti rispetto alla rivalutazione del tfr pari all' 1,5% più il 75% dell'inflazione registrata nell'anno?

Perché c'è una disparità di trattamento fra chi decide di entrare entro il 30 giugno 2007 nella previdenza complementare, la cui scelta è irreversibile, e chi decide di mantenere il tfr in azienda, la cui scelta è invece “molto” reversibile?

La previdenza complementare non è da bocciare in linea di principio, tuttavia è opportuno che vengano presto delle risposte a queste domande, con qualche proposta accettabile. Per ora meglio prendere tutto il tempo che occorre, firmando per mantenere il tfr tale e quale.

Tratto dalle Considerazioni finali sul 2006 del Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi all'Assemblea Ordinaria dei Partecipanti del 31 maggio 2007


«L'investimento nella previdenza complementare può offrire risultati superiori al TFR; ulteriori vantaggi derivano dai contributi aggiuntivi dei datori di lavoro e dal favorevole trattamento fiscale. L'anticipo al 2007 del meccanismo del silenzio-assenso per l'attribuzione alla previdenza complementare delle quote del trattamento di fine rapporto, le nuove forme di flessibilità nell'utilizzo del risparmio accumulato vanno nella direzione giusta. Tuttavia in non pochi casi l'adesione ai fondi complementari è frenata dagli oneri eccessivi che gravano sui risparmiatori: è ancora scarso l'effetto delle economie di scala prodotte dalla crescita delle masse gestite. La concorrenza deve crescere; insufficiente è la trasparenza delle commissioni, eccessivi i vincoli alla mobilità. Occorre riflettere sui limiti alla trasferibilità del contributo del datore di lavoro. Va migliorata l'informazione: se non hanno piena contezza della pensione pubblica di cui disporranno in futuro, i lavoratori non sono in condizione di fare scelte consapevoli. La previdenza complementare va estesa al più presto al pubblico impiego».

La risposta di Marco Marcatili ad alcune domande fatte in bacheca


Eccomi per le domande interessanti che mi avete fatto in merito all'articolo sul tfr e previdenza complementare.

Due insegnamenti dalla finanza matematica è bene tenerli presente.

Il primo è che il corso dei mercati azionari segue un percorso casuale (random walk theory), quindi non è possibile prevedere i futuri andamenti del mercato finanziario. Ammesso che ci siano alcune serie storiche che dimostrino che nel lungo periodo ci raccontano una crescita positiva non è alquanto detto che questa debba per esempio riflettersi anche nell'arco del prossimo trentennio.

Il secondo è che si dimostra formalmente, ma con un esercizio di astrazione ci si può arrivare intuitivamente, che il mercato azionario è un gioco a somma zero escludendo gli interessi e i dividendi (e non sono certo questi a far fare i soldi in borsa a chi dice di realizzare sistematicamente performance positive).

In ambienti meno accademici vi posso assicurare – collaborando con una comunità finanziaria fatta di trading provati professionisti – che sanno con certezza che il mercato azionario è un gioco a somma nulla, perché toccano con mano le equity line, sanno che l'85% di chi investe in borsa perde soldi, che solo il 3% dei conti on line sono in utile dopo un anno. In borsa non si crea ricchezza (ma la si trasferisce), ma dove alcuni sfruttano le inefficienze e realizzano sistematicamente delle vincite, mentre altri a turno fanno sempre perdite (questa mi pare fosse la situazione che indicava Stefano).

Un docente di Bologna, al quale ho fatto leggere il mio scritto, ha approvato i miei punti di critica; tuttavia, essendo appassionato dei conti pubblici mi ha suggerito: siccome dobbiamo garantire una degna pensione a tutti e i conti pubblici sono insofferenti, dobbiamo decidere da quale “monte” prendere le risorse, se da quello dei salari o dei profitti. Sembrerebbe condivisibile che, con i tempi che corrono, l'unica cosa da fare è andare a prendere la quota dei profitti che si dovrebbero realizzare nel lungo periodo (ipotizziamo che questi vengano tutti rilasciati in borsa, va bene). Questo è vero, ma nella pratica di questa riforma fatta male, in fretta e in un atteggiamento di inciucio sospetto abbiamo un “costo” nell'andare a “prelevare” i profitti: per andare in borsa a cercare di percepire questa quota dei profitti dobbiamo utilizzare le risorse che vengono dal monte salari (salario differito o tfr) e potrebbe accadere che una parte dei salari venga distrutta inizialmente (in borsa si può anche distruggere valore) e forse viene recuperata dalla parte dei profitti che le aziende distribuiscono agli azionisti.

La televisione, la politica, i sindacati, le associazioni datoriali… tutti in modo unanime “pressano” questi lavoratori dipendenti (per i quali nessuno trova un minimo interesse a spiegare le cose come stanno lasciando loro la vera libertà di scelta) a che destinino presto il tfr alla previdenza complementare, cioè ai fondi gestiti dal risparmio gestito (banche, sim, ecc…).

Sarà un caso ma… la televisione è finanziata dalla enorme pubblicità delle banche e Sim, la politica ha perso ogni riferimento con la realtà ma per varie ragioni ha preferito autoescludersi da questa riforma (il pubblico impiego infatti non è toccato dalla riforma), i sindacati e le associazioni datoriali hanno “bloccato” le poltrone nei cda di tutti questi fondi pensione.

Addirittura tutti questi signori vogliono prorogare il termine di scelta dal 30 giugno al 30 settembre perché fino ad ora hanno plagiato solo l'8% dei lavoratori dipendenti. Mi infastidisce il fatto che inizino sempre a sodomizzare i più deboli, quelli che lavorano dalla mattina alla sera e non hanno il tempo di documentarsi per le loro scelte. La borsa è stata creata per fare crescere le aziende, poi si è trasformata in un luogo di culto della speculazione, ora vogliono buttare in questo gioco senza regole anche il tfr e le pensioni (in Usa lo fanno, ma il meccanismo non è lo stesso e le regole sono un po' diverse!!Le ultime persone che hanno fregato si trovano nel gabbione, in Italia nel quartierino).

1 Commento

  1. a quanto ammonta il TFR perchè non è rinvestito in titoli italiani

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