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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 41 - 16 Giugno 2008 | 5 commenti

La Banca Mondiale si fa verde, e con lei il mondo intero

Semplifichiamo il mondo. Una montagna con a valle tanti piccoli comuni ed in cima un’enorme centrale elettrica collegata ad ogni comune da un cavo ad alta tensione. Tutti i cavi passano per un unico enorme traliccio controllato da un distributore che decide quali comuni illuminare, quando illuminarli, per quanto tempo ed a quali condizioni. Ora immaginiamo che i cavi ad alta tensione non trasportino elettricità, ma soldi. Quello che osserveremmo sarebbe un flusso finanziario unidirezionale, da cima a valle, da nord a sud, dai paesi sviluppati ai paesi in via di sviluppo.
 
In questo modellino la Banca Mondiale svolgerebbe il ruolo (tutt’altro che marginale) del traliccio.
Non è l’unico, ma per l’ammontare delle risorse di cui dispone e numero di progetti finanziati, la Banca Mondiale è l’istituto finanziario più importante al mondo.
 
Definendo le condizioni necessarie per ottenere prestiti e finanziamenti a fondo perduto, la Banca Mondiale ha più o meno direttamente direzionato il modello di crescita nei paesi in via di sviluppo; ad immagine e somiglianza di quello occidentale. E d’altronde pensare che la Banca Mondiale in un cinquantennio di guerra fredda non abbia tutelato anche gli interessi di chi le sue casse le ha sempre riempite sarebbe semplicistico. In fin dei conti, anche se Unite, le Nazioni non sono mai state propriamente delle fondazioni di beneficienza, interessate al contrario su come e dove i propri fondi monetari venissero destinati. Questi interessi si riflettono nei processi decisionali nella Banca Mondiale, dove non vige il principio “uno Stato, un voto” ed il potere decisionale di ogni Stato è commisurato all’ammontare di contributi finanziari apportati, facendo pendere l’ago della bilancia dalle parte dei più ricchi.
 
Il processo di "esportazione" del modello di crescita occidentale continua anche oggi, a guerra fredda finita, in corrispondenza di un’evoluzione del concetto di sviluppo nella cultura occidentale, fattosi sostenibile.
Lo statuto della Banca Mondiale non fa alcuna menzione diretta di principi ambientali, e storicamente la Banca ha finanziato progetti di investimento dagli effetti ambientali devastanti. Tuttavia, da quando si è affermata nel mondo occidentale la consapevolezza che un vero sviluppo non può esserci senza qualità ambientale, anche la politica della Banca Mondiale si è gradualmente orienatta verso la promozione di uno sviluppo economicamente sostenibile.
In questo campo la Banca Mondiale ha apportato non poche riforme strutturali alle proprie politiche di prestito, ottenendo risultati via via più soddisfacenti. 
Oltre a gestire direttamente dei fondi riservati alla riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo (i cosìdetti carbonfund), la Banca Mondiale oggi è disposta a finanziare solo quei progetti che rispettino dei minimi standard di qualità ambientale. Dal 1999 la Banca ha infatti ufficialmente incorporato nelle proprie politiche operazionali (operational policies) delle misure precise per la salvaguardia dell’ambiente.
 
Sebbene non si assuma alcuna responsabilità diretta verso gli effetti (ambientali e non) dei progetti che finanzia, oggi la Banca Mondiale sottopone ogni progetto ad una valutazione più rigorosa dell’impatto ambientale (Country Environmental Analysis e Strategic Environmental Analysis).
A titolo esemplificativo, mentre tra il 1970 ed il 1985 la Banca Mondiale ha in media finanziato la costruzione di 26 dighe ogni anno (con effetti dirompenti sulla biodiversità del territorio), oggi il numero di dighe finanziate ogni anno è inferiore a quattro.
 
L’avvicinamento della Banca Mondiale verso politiche ambientalmente virtuose non può che essere accolto di buon grado. Ma questo è il giudizio di quella parte del mondo che, già industrializzato, può oggi permettersi il lusso di voler proteggere l’ambiente (in economia l'ambiente è definito un luxury good, ossia un bene non necessario per cui si è disposti a pagare solo oltre certe soglie di reddito).
Prescindiamo un momento dal diverso valore che i paesi possono attribuire al rispetto ambientale; la questione più interessante è che, adottando degli standard ambientali elevati e finanziando solo quei progetti in linea con questi standard, la Banca Mondiale di fatto propone ai Paesi in via di sviluppo una regolamentazione più stringente rispetto alla legislazione nazionale. Per ricevere i finanziamenti della Banca Mondiale, i governi sono tenuti a sottoscrivere regole e condizioni stabilite da terzi in ambiti di classica sovranità nazionale. Oggi è la qualità ambientale, ieri la politica economica, monetaria e fiscale.
 
Che ci piaccia o no, la Banca Mondiale è ed è stata l’intermediario non solo finanziario utilizzato dai paesi industrializzati per esportare i propri soldi, i propri valori, proprie regole ed una propria concezione di sviluppo nel resto del mondo.
Dicono che, in fondo, anche questo sia il bello della globalizzazione.

5 Commenti

  1. Ti segnalo i 10 siti piu' inquinati al mondo cosi' riportati da un recente studio che mette insieme il grado di tossicita' dell'inquinamento con il numero di abitanti a rischio in quelle zone.

    Sumgayit, Azerbaijan*;
    Linfen, China;
    Tianying, China*;
    Sukinda, India*;
    Vapi, India*;
    La Oroya, Peru;
    Dzerzhinsk, Russia;
    Norilsk, Russia;
    Chernobyl, Ukraine;
    Kabwe, Zambia.

    Non mi stupisce che i paese in via di sviluppo per accelerare i benefici della crescita economica siano disposti a rinunciare alla salvaguardia ambientale (ma anche a quella dei propri cittadini).

    Mi stupirebbe molto invece sapere che queste opere siano state finanziate dalla Banca Mondiale. E non necessariamente perche' la BM debba trasmettere valori o interessi meramente occidentali, ma piuttosto perche', se la globalizzazione richiede sempre piu' attori globali che sappiamo gestire l'esigenza di coordinamento tra le nazioni, trascurare l'elemento di sostenibilita' (sia per l'ambiente che per la salute) dello sviluppo vada esattamente nella direzione opposta a questa necessita'.

    In un certo senso, la BM non poteva fare altrimenti. Inoltre l'esempio delle dighe da solo non e' sufficiente a dire che le misure ambientali previste siano state effettivamente tali da dirigere i soldi verso alcuni investimenti a scapito di altri.

    Detto questo, bella l'idea del mondo da un oblo'.

  2. Emerito Sraffa, è un onore ricever eun commento da personaggio di siffatto calibro. Grazie per l'opinione, che provo a re-indirizzare.

    sulla non-sostenibilità dei progetti finanziati dalla Banca Mondiale in passato è stato documentato molto, le dighe sono un caso, le immmense deforestazioni in Africa sono un altro, il finanziamento di impianti a tecnologia arretrata e combustibili fortemente inquinanti sono un altro ancora. tuttavia l'articolo vuole sollevare una questione senza la pretesa di offrire un rapporto dettagliato, cosa tra l'altro fatta molto bene da istituti internazinali, tra cui anche greenpeace.

    La questione è che la tipologia di progetti che la BM finanzia cambia con il cambiare di concetto di sviluppo nel mondo occidentale. questa per me è più un dato di fatto che un opinione.

    esistono oggi due filosofie di crescita

    1. crescita economica prioritaria

    i paesi in via di sviluppo ritengono oggi che la crexita economica (del pil dell'occupazione) siano problemi da anteporre al rispetto dell'ambiente: meglio un impiegato ni più che un albero in meno. tale politica riflette per altro le stesse adotatte dai Paesi industrializzati prima che diventassero tali (Probabilemnte 100-200 anni fa i siti più inqunianti al mondo erano in Inghilterra, nella rhur o in USA, dove abbondavano impianti a carbone, devastazione del territorio e disboscamento).

    2. non c'è sviluppo senza sostenibilità

    Alla luce degli errori commessi, dei danni provocati (e della industrializzazioen conseguita) i paesi occidentali oggi sono meno disposti a sacrificare l'ambiente per una sola crescita economica.

    io sono occidentale e logicamente condivido questa opinione, anche alla luce del fatto che oggi esistono tecnologie al contempo più efficienti e meno inquinanti. I paesi in via di sviluppo che fronteggiano altri problemi hanno invece altre priorità.

    di fatto la BM asseconda la visione occidentale.
    detto questo, due ultime cose:

    1.
    è chiaro che l'inquinamento dei luoghi da lei riportati non sia direttamente imputabile alla BM.

    2.
    condivido sostanzialmente la tua opinione sulla scelta obbligata della BM. il mio più che u articolo di opinione voleva essere descrittivo di come, nei fatti, la BM sia un intermediario attraverso cui i Paesi che la controllano (in quanto a finanze e voti) impongono come condizione al finanziamento il rispetto dei propri standard di regolazione diversi dalla legislazione nazionale. e su questo credo ci sia poco su cui controbattere

    ultima cosa.
    a settebre l'arengo dedicherà una serie di articoli al tema dello sviluppo, crescita, decrescita, povertà, mirocredito e quant'altro.

    se vuoi partecipare con noi a questo progetto, scrivendo con l'arengo, sei più che benvenuto
    (sempre che, sotto le false sembianze di Sraffa tu non lo stia già facendo)

  3. porgo le mie scuse. nel leggere il nome del firmatario (Giorgio Sraffa) l'ho creduto uno pseudonimo riferito al famoso economista, che in realtà si chiama Piero..mi sorge il dubbio che Giorgio Sraffa sia il vero nome del commentatore.

  4. Stefano,
    volevi dire deforestazioni in America latina??

  5. volevo dire Africa, vedi Congo ad esempio, ma giustamenet anche america latina e pure indonesia

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