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Scritto da nel Internazionale, Numero 63 - 1 Ottobre 2009 | 2 commenti

La strana coppia: Italia e Giappone

Lo scorso 30 agosto la popolazione giapponese ha eletto per la prima volta dal Dopoguerra un partito di centro sinistra, il Democratic Party of Japan (DPJ) dopo cinquant'anni di governo monocolore del Liberal Democratic Party (LDP). Il DPJ ha ottenuto 308 seggi su 480 pari al 64% delle preferenze, un record in Giappone.
L'evento potrebbe aprire numerosi punti di analisi che non escluderebbero una doverosa digressione sulle similitudini tra la realtà giapponese e quella italiana.

Un possibile paragone tra i due Paesi risulterebbe quasi un folle esperimento sociologico; un'indagine più accurata porterebbe a non poche affinità storico-politiche, geografiche e culturali.

È ben noto come il Giappone sia assieme all'Italia un paese di anziani, entrambi hanno tassi di fertilità tra i più bassi al mondo, ambedue sono maschilisti rispetto alla media delle nazioni industrializzate, hanno un ordine “catastale” nella rete degli scambi di stampo mafioso, entrambi vantano un'importante cultura culinaria da salvaguardare da mal riuscite imitazioni straniere.

Storicamente la nascita delle due nazioni è avvenuta pressochè nello stesso periodo:l'unificazione dell'Italia nel 1861 e l'apertura del Giappone, con l'inizio dell'epoca Meiji, nel 1861. Fino allora i due paesi poggiavano su un sistema “società” di tipo feudatario che conserva non poche caratteristiche nella struttura socio-politica odierna. Il secolo scorso li ha visti alleati, nemici comuni nell'affrontare nel 1941 i regimi dittatoriali. I due decenni successivi la seconda guerra mondiale sono gli anni della grande crescita economica e della ricostruzione dei due paesi, in entrambi i casi con gli USA che li tenevano per mano.

A livello politico i due paesi hanno sempre patito il complesso d'inferiorità rispetto alle grandi potenze internazionali dell'ottocento – Francia, Inghilterra, Austria, Russia e Prussia; mentre dal 1861 l'Italia era – e forse lo è ancora – l”'ultima delle grandi potenze,” il Giappone voleva essere “itto koku” (una nazione di 1a classe). Nonostante le difficoltà, i due paesi sono oggi parte del club G8, dei paesi più influenti al mondo.
Non vi sono inoltre grandi disparità geografiche tra l'arcipelago giapponese e la penisola italiana; in entrambi i casi, la superficie del territorio è di circa 300,000km²; è estremamente montuosa e priva di materie prime, l'importazione di carbone e ferro da paesi lontani giustifica la grande tradizione commerciale del Giappone e dell'Italia.

Arrivando ai giorni nostri, sebbene sia l'Italia che il Giappone rappresentino modelli avanzati di democrazia, entrambi soffrono di simili patologie politiche: frequenti cambi al potere, deferenza dei cittadini verso l'establishment politico, corruzione, clientelismo, mancanza di responsabilità , sfiducia nei confronti dei politici e funzionari pubblici.

La bella notizia – ahimè solo per i Giapponesi – è che lo scorso 30 agosto alcune di queste patologie sono state spazzate via. La vittoria di Yukio Hatayama è il sintomo di un cambiamento epocale in Giappone. Il numero delle donne elette è aumentato di più del 20%, gli elettori rurali storicamente conservatori hanno votato il DPJ, le candidature dei debuttanti e dei giovani sono state 158 ed in molte circoscrizioni hanno vinto sugli alti funzionari dell'LDP. Vi immaginate in Italia un giovane del PD che vinca contro un ex-ministro? Che le campagne siciliane diventino rosse?
Se per molti versi le proposte nel Manifesto del DPJ sono simili a quelle dell'LDP e che quindi non vi sarà nessun capovolgimento nella politica estera, saranno attuate riforme per sostenere un welfare state più forte e probabilmente vi sarà un graduale riavvicinamento all'Asia. Il revisionismo storico e le visite al tempio Yakasuni che hanno creato tanto clamore in Cina verranno molto probabilmente cancellate.

Cosa possono imparare i Giapponesi dall'esperienza politica italiana? Mantenere unita una coalizione di centro-sinistra è un'impresa ardua, specialmente su tematiche di politica estera. E cosa possiamo imparare noi da loro? Il PD deve puntare sui giovani, sulle donne in maniera sistematica. Mandare a casa una parte della vecchia classe dirigente è possibile, se l'hanno fatto i Giapponesi non vedo perchè non lo possano fare gli Italiani.

2 Commenti

  1. Che cosa potranno avere secondo te i giovani giapponesi più di noi italiani? Forse una maggiore serietà ed applicazione? O c'è altro?

  2. questo è davvero un bell'articolo…già, a cosa è dovuto il cambiamento in Giappone? sono arrivati prima di noi a toccare il fondo della crisi?

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