Al caffè del silenzio
di Giorgio Todde
Nel territorio evanescente, dove il surreale incarnato da donne color vermiglio si confonde in descrizioni improntante ad un lucido realismo, prende forma l'ultimo romanzo di Giorgio Todde.
Il caffè del silenzio è insieme luogo fisico e regione della coscienza: crocevia in cui, personaggi paradossali, confrontano attraverso l'espressività del viso, le peculiarità del proprio vissuto.
Oloferne, professore ossessionato dal superiore distacco del carbonio, la giovane Uterina, capace, come nel romanzo di Suskind, di sconvolgere gli uomini che la circondano coi propri effluvi, e Osvald Thurn, Orologiaio alla ricerca del movimento perfetto, sono alcuni dei protagonisti del carnevale sanguigno e filosofico inscenato da Todde, attraverso l'insuperata dicotomia classica amore-morte.
Noir-metafisico è l'indicazione presente in quarta di copertina, che suggerisce senza estinguere una possibile catalogazione del romanzo. Tuttavia, l'originalità di questo scritto di Todde rifugge in modo categorico le preoccupazioni di ordine archivistico: l'omicidio, è soltanto il riflesso esteriormente percettibile dell'inquietudine esistenziale che traspare dalle analisi introspettive. La morte violenta, e il classico ventaglio dei possibili colpevoli, risultano inessenziali all'atmosfera crepuscolare del romanzo, sapientemente tratteggiata attraverso un allucinante contrapposizione tra corpo e psiche. Il delitto si manifesta quindi come l'inevitabile mantenimento di una morbosa premessa.
Uno stile imprevedibile ed arcigno, dove il singolo verbo è soppesato in modo chirurgico per inserirsi senza iati nell'economia del racconto, determinano nel lettore un senso di vertigine, rafforzato dalla contrapposizione carnascialesca tra la materialità degli umori e la natura di anime volte alla perfezione.
Le disquisizioni filosofiche sul tempo e il suo fluire, animate da mastro Osvald Thurn, rappresentano per gli amanti del genere, una perla sapientemente incastonata dall'autore, in un intreccio, almeno superficialmente poliziesco. Tuttavia, e questo è un limite del romanzo, l'alto numero di personaggi che si muovono nell'angusto spazio di 230 pagine, deposita inevitabilmente su alcuni di loro un alone d'incompiutezza ed accidentalità.
Al caffè del silenzio piacerà dunque, al lettore attento invocato da Nietzsche, amante della lentezza, della precisione, e dell'evocazione semantica, a cui si presta una scrittura fortemente ragionata e mai casuale. L'ultima fatica di Todde, è invece sconsigliata a chi predilige nella lettura un intreccio avvincente, e personaggi capaci di materializzarsi grazie a caratterizzazioni maggiormente puntuali.