Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Economia e Politica, Numero 0 - Estate 2006 | 0 commenti

L’Italia che vince, va forte e vuole rimontare

Estate 2006. L'afoso scorrere dei giorni non è proprio quello di sempre. Sarà la nuova hit dell'estate, quella che fa po-po po po po po-po, oppure che ci rendiamo sempre più conto che abbiamo assistito ad un evento storico. E non è così facile abituarcisi.
Di solito siamo abituati che non c'è storia, e che la poca Storia che passa scivoli morbidamente lungo la nostra pelle lasciandoci indietro, in mezzo a quel caravanserraglio quale è l'umanità. Noi in mezzo alla nostra vita e la Storia là in cima, a farci da luce quando ci addormentiamo con un po' di paura del buio. All'alba Lei è ancora lì, che ci aspetta per il gusto di farsi rincorrere.
Ma questa volta no, questa volta è la voglia di far festa a cancellare le tenebre notturne, a portarci là davanti al corteo. Ed ecco che le cose possono cambiare, se ci siamo Noi, là davanti al corteo, a farci rincorrere. Non è facile raggiungerci noi italiani, questa volta noi italiani andiamo davvero forte. Caspita, se andiamo forte.

Non è bastata una settimana dopo la Coppa del Mondo che di nuovo abbiamo trascorso la domenica davanti al nostro inno nazionale.
A Magny-Cours, in Francia guarda un po', la Ferrari sconfigge la Renault. Sulla pista di casa della scuderia del campione del mondo Alonso e dei suoi pneumatici Michelin la Rossa di Schumi è stata impeccabile. Pole position davanti al compagno di squadra e vittoria finale. Mancava da qualche tempo una vittoria così noiosa e significativa.
Ma non solo.
Togliete pure due ruote dalle macchine. Avrete le moto, ma non rallentiamo mica. Il pilota di Tavullia doveva stare sul gradino più alto del podio (il suo, almeno in questa vita) per sventolare la maglietta di Materazzi. Un regalo doc, la reliquia della nostra sacra icona nazionale. Colui che era stato sanzionato per un rigore inesistente, colui che era volato in cielo a raccogliere il cross e insaccare, colui che aveva porto a Zidane il petto per il penultimo atto del dramma mondiale. Che colpo, Vale. Alla faccia dei francesi di Magny-Cours e di chi gli dice che non è adatto alla Formula 1. Altro che.

Ma la strada è ancora lunga.
Fernando Alonso guida ancora la classifica con 17 punti sul nostro pilota tedesco. Non sarà facile risalire la china, anche per via di un meccanismo di assegnazione dei punti che – pensato per sfavorire la Ferrari che vinceva tutto – si trova oggi a renderle più impervia la risalita. Per arrivare primi all'ultima bandiera a scacchi non sarà sufficiente che gli avversari sbaglino un calcio di rigore. Ne occorrerà a noi, di rigore, per primeggiare in uno sport in cui i successi che si realizzeranno negli anni prossimi si cominciano a costruire oggi. Ogni gara, ogni giro, ogni pit stop sono un passo importante per sviluppare le tecnologie delle monoposto che accompagneranno nella fantascienza i sogni dei bambini più o meno adulti che si addormenteranno davanti ai televisori nelle domeniche pomeriggio.
Nicky Hayden è ancora distante, solo tra una vittoria e un punto a zero il nostro Valentino lo avrà raggiunto. Non sembrava possibile, quando ai fisiologici motivi di calo del lungo ciclo di Rossi-fumi si era aggiunta la sfortuna delle cadute, del dolore fisico, delle dita rotte e dei corpi doloranti. L'Italia era ruzzolata fuori, un pezzo per volta, mentre quel californiano zitto zitto si stabiliva là in cima alla classifica delle MotoGP. Ma tant'è. Sembra che la sfortuna che pareva perseguitare i centauri di quella magna romagna che arriva fino a Pesaro abbia desistito. C'è caso che là davanti ci torniamo noi, quest'estate.

Stavamo parlando di politica, giusto? Infatti ecco la ricetta: rigore, talento e un po' di fortuna.
Niente di molto diverso dai piani del Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo. Per restare al passo della concorrenza internazionale, per non perdere il ritmo della samba della globalizzazione, non possiamo prescindere dal rigore. O dai rigori: occorre fare l'en plein (tutti e cinque in fondo al sacco), per godere dell'errore altrui. Occorre che i motori siano rodati ed affidabili, per sfruttare le occasioni che raramente si presentano durante un Gran Premio dell'economia.
Questo è stato il primo slogan di chi ha vinto le elezioni, la serietà al Governo.

Il resto non ci manca. Forse che ci manca il talento? A noi, popolo di scopritori di Americhe, di letterati Oscar e premi Nobel, di musicisti e Campioni del Mondo? Certo che no. Ma quale talento? E qui sta il punto con cui concludiamo la domenicale scampagnata. Qual è il talento che vince?
Ci siamo illusi che fosse quello arrivista e yuppi degli anni Ottanta, quello che dopo la vittoria Mondiale del 1982 ci aveva condotto a sognare davanti alla tv. Non ce n'eravamo accorti, ma in Germania qualcuno aveva cambiato canale: per i rigori dell'Europa sorta sulle macerie del Muro di Berlino la ricetta andava cambiata, occorreva ricominciare una nuova festa là davanti al corteo. Dallo stesso posto, e perchè no?, proprio da Berlino abbiamo cambiato di nuovo canale.

Gli italiani hanno scelto di cambiare governo, alle elezioni di Aprile, e subito dopo abbiamo vinto. Che il buon auspicio per chi ben comincia, questa volta, non ci lasci soli e fermi a metà dell'opera.
La Fortuna sembra suggerire che siamo sulla strada giusta. Potete dormire sereni, L'Arengo sorveglierà.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>