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Scritto da nel Internazionale, Numero 1 - 1 Settembre 2006 | 0 commenti

La sfida dell'Italia

Archiviate le vittorie sportive dell'estate, ben più ardue appaiono adesso le sfide che lo scenario mondiale prospetta al nostro Paese.

Facciamo un riassunto.
La vita della Repubblica, la cosiddetta Prima repubblica, è stata contraddistinta da una lenta e costante politica di sviluppo che attraverso il passare dei lustri e dei decenni ha contribuito ad accompagnarci lungo una strada di modernizzazione. In politica interna si è vissuta una fase di infrastrutturazione (le autostrade), di sviluppo (tra gli altri del sistema energetico e delle comunicazioni attraverso la statalizzazione di Sip ed Enel), di miglioramento dei diritti sociali (l'obbligo scolastico e lo Statuto dei lavoratori), mentre in politica estera ci si è collegati al mondo occidentale partecipando alla costruzione europea.
Tutto ciò è avvenuto in un contesto politico stabile, costruito intorno al ruolo centrale della Democrazia Cristiana nel Governo ed alla collaborazione nazionale dovuta al rispetto reciproco tra le forze politiche che avevano liberato l'Italia dall'oppressione nazi-fascista.
La disarticolazione del sistema politico dei partiti successivo al cosiddetto crollo della Prima Repubblica, ben lungi dal generare i miracolosi effetti positivi propinati all'opinione pubblica di allora, si è limitato ad investire di responsabilità un ceto politico libero da ogni passato e pertanto autorizzato a fare sua sponte – come in dialetto ci aveva spiegato il tycoon dei media che per l'occasione era riuscito a diventare premier. E' assurta a classe politica la rappresentazione delle pulsioni più riottose e vendicative di un Paese preoccupato di difendere il proprio personale passato piuttosto che interessato ad elaborare un futuro per il Paese. Morale, dopo tre lustri di cosiddetta Seconda Repubblica l'unico vero passo avanti può considerarsi l'ingresso nell'Euro (tra l'altro particolarmente criticato dalla vulgata comune). Non abbiamo accelerato particolarmente, forse anche prima non si stava così male.

Sembra che l'aria che tira sia cambiata un po'. Ai cappi sventolati in Parlamento ed alle monetine lanciate in piazza si è sostituito il provvedimento dell'indulto. Perché in Italia ogni tanto c'è una clemenza, come diceva un famoso film in bianco e nero.
Tale provvedimento, oltre ad onorare le parole del sempre presente san Giovanni Paolo II e a dare una speranza a molti peccatori, ha consentito ad un certo sottobosco della politica ed a certi faccendieri di riottenere la propria libertà. In cambio di questo baratto sulla pelle delle aspirazioni palingenetiche e delle velleità moralistiche di giustizia giusta, l'auspicio è che le forze parlamentari di questo Paese scrivano la parola fine al clima da rissa da bar per assumersi dunque la responsabilità politica dovuta verso la Repubblica.

L'occasione della politica estera è il primo banco di prova, nel quale stiamo mostrando la tempra migliore della nostra spina dorsale. Purtroppo l'esplodere del conflitto sulle sponde più orientali del Mare Nostrum ha posto la nostra penisola di fronte ad un bivio: fare finta di non vedere al di là delle onde oppure solcare il mare forti delle nostre convinzioni, anche anzi soprattutto etiche. L'attivismo e la determinazione del Ministro degli Esteri Massimo D'Alema hanno scelto la seconda opzione ed i nostri soldati si sono imbarcati da Brindisi alla volta del Libano. Sembra che le parole d'ordine dell'opposizione della scorsa legislatura ('coinvolgimento dell'europa' e 'interventi militari per garantire la stabilità') abbiano trovato una risposta diversa rispetto a 'siamo con gli USA' e 'missione in Iraq'. Il tentativo di oggi di promuovere un intervento militare europeo (l'Italia da sola non avrebbe certo la forza per realizzare un intervento armato di peace keeping in un ambiente di guerra più o meno permanente) è stata ed è di certo un'occasione nazionale per mostrare la dignità di un Paese che, per una volta, si impegna a realizzare ciò che dice perché ciò che dice è giusto: l'impegno per un ordine mondiale pacifico e libero non è un pranzo di gala, parafrasando il nostro western.
Ora che i nostri soldati stanno partendo con la benedizione della marcia per la pace e con il coinvolgimento diplomatico di tutto il mondo, vedremo se questa Europa saprà essere davvero unita nel sostenerli e se ciò gioverà alle prospettive di pace religiosa e politica nel Medio Oriente. La missione probabilmente sarà lunga e costosa, impegnativa e delicata. Ma l'occasione è storica.
Se assisteremo ad un alleggerimento delle tensioni nelle terre culla della civiltà e ad una normalizzazione delle relazioni diplomatiche e religiose nell'area, questo nostro piccolo grande paese di santi, poeti e navigatori per una volta potrà dire di aver partecipato e contribuito a vincere una sfida mondiale diversa da un campionato di calcio.

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