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Scritto da nel Il Libro del Viaggiatore, Numero 4 - 16 Ottobre 2006 | 0 commenti

Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese…

Nel 1967, Max Weber, uno dei padri della moderna sociologia, scriveva ne Il lavoro intellettuale come professione: “Solo chi è sicuro di non venir meno anche se il mondo, considerato da il suo punto di vista, è troppo stupido o volgare per ciò che egli vuole offrirgli, e di poter ancora dire di fronte a tutto ciò: 'Non importa, continuiamo!', solo un uomo siffatto ha la 'vocazione' per l'insegnamento”. Senz'altro una frase significativa, che descrive la determinazione necessaria a chi ritiene di avere qualcosa da comunicare, da insegnare. Una determinazione che, oggi più che mai, anzitutto dovrebbe essere caratteristica di chi muove i primi passi nel mondo del lavoro. O di chi, dopo averli mossi da tempo, magari non si è ancora orientato. Con Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese… Aldo Nove torna a parlarci di generazioni alla spasmodica ricerca del proprio avvenire: “Quando ho scritto Superwoobinda, dieci anni fa, volevo raccontare una generazione di trentenni privi di futuro. Dieci anni sono passati. Il futuro, lo abbiamo visto sulla nostra pelle, non è ancora arrivato”. Quest'ultimo volume è una raccolta di interviste “affilate come lame a giovani e non più giovani”, già pubblicate in corso d'opera su Liberazione tra il 2004 e il 2005. Dall'avvocato trentenne che per tirare avanti lavora come cameriere, ma in nero perché il suo “settore” gli preclude il lavoro subordinato, ad Alessandra che descrive com'è il mestiere di grafico pubblicitario dopo gli anni ottanta; da Domenico che si chiede se si può essere pastori con partita Iva a alla figlia orfana della 'grande bolla' Maria; dai testimoni di scontri frontali con le agenzie interinali Cilia e Marco alla “Storia di Fabio, un 'antagonista 'del XXI secolo”; fino a Roberta, 250 euro al mese per un lavoro in una scuola di studenti lavoratori e tante belle idee rimaste nel cassetto. Tratto comune dei nuovi lavoratori flessibili – o dei “sub-lavoratori precari con i loro 'eterni adesso, gonfi di paura'“ – sembra essere questo: sottratti alla “coscienza di classe”, l'essere ciascuno in una condizione diversa dagli altri, costretti quindi al tutti contro tutti. L'occhio di Nove, traboccante di partecipazione ma mai gratuitamente pietistico, ci conduce così non solo nei tortuosi meandri del nostro attuale mercato del lavoro, ma nell'Italia di oggi. Un paese che, tra generazioni che vivono erodendo il capitale del passato, diffusione di tecniche di carrierismo belligerante e totale assenza di qualunque etica dei rapporti, sembra sempre più allo sbando. È ora di svegliarsi.

Aldo Nove – Einaudi – 2006 – pagg. 178

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