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Scritto da nel Numero 4 - 16 Ottobre 2006, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Storia Di Un Dio

Talvolta mi viene da sorridere, e in quei rari momenti sulla mia bocca prende forma quel sorriso di superiorità, tipico in chi esiste da sempre…

Sono alternativamente invocato o bestemmiato da quelle formiche chiamate uomini, ma nonostante questo inutile vociare, la mia proverbiale fedeltà rasenta la perfezione: restituisco sempre quanto mi viene donato senza il più impercettibile mutamento.

Gli sguardi compiacenti di quei piccoli insetti, così come le loro espressioni di rabbia mi sono del tutto indifferenti; anche se talvolta, per i miei occhi soltanto, devo permettere che il senso del comico pervada il palcoscenico all'apertura del sipario, poiché posso vedere senza essere visto.

Le offerte proferite nei miei templi non odorano d'incensi, né della soave verginità di giovani vestali, tuttavia il mio egocentrismo viene quotidianamente alimentato in modo inconsapevole dalla moltitudini di narcisi che invocano trepidanti il mio responso. Loro, come numerose esponenti del gentil sesso, temono da millenni la fermezza del mio timbro e l'inappellabilità del mio giudizio.

Gli unici a non paventare il mio sguardo indagatore sono i derelitti, gli stoici e gli appartenenti alla casta dei guerrieri; il nostro rapporto più che sul rispetto reciproco, come sarebbe d'uso tra uomini d'onore, si fonda invece sulla noncuranza.

I ruscelli, i mari, gli stagni e l'acqua in tutte le sue molteplici forme possiedono, quando quel buffone di Eolo non l'increspa dispettosamente, una delle mie doti; tuttavia la perfezione geometrica cristallizzata in materia di cui vado fiero, supera enormemente l'amorfismo di quanto per sua natura non può essere circoscritto. L'ordine ancestrale di un reticolo in cui ogni particella s'incastona creando luminescenza è l'essenza stessa del mio levigatissimo corpo.

Il buio è l'unico nemico che possiedo in grado di contrastarmi. Lui, che tutto appiattisce e tutto nasconde può limitare il mio immenso potere fino a poco più di un brontolio sommesso…Ma la tenebra può avere su di me soltanto una vittoria fugace e passeggera, è infatti sufficiente lo scintillio di un cerino per ridonare al mio corpo lucentezza e vigore.

Il nobile Eco, voce perpetua degli innamorati e unico conforto dei solitari mi è cugino di sangue: restituisce attraverso il suono ciò che io posso donare servendomi d'immagini.

Soltanto l'invidia tipica dei piccoli uomini poteva creare la superstizione che l'infrangermi fosse un presagio di sventura, perché al contrario, i miei frammenti supportano inalterate le qualità del tutto da cui provengono: figli infranti di un padre troppo grande per essere ucciso.

Io, specchio di tante avventure, già dio nel passato, ora onnipotente col trionfo dell'immagine, ho provato a rendervi alcune delle maschere che voi uomini mi donate senza posa: a volte ridicoli, più spesso tragici nei vostri travestimenti.

Un ultimo consiglio prima del commiato: non prendetevi troppo sul serio, formiche, e ricordate che i vostri trucchi meschini nulla possono contro la mia vista penetrante ed onnipresente. Un greco, molto tempo fa, provò a giocare servendosi di me, mi pare si chiamasse Narciso… Non credete alla versione narratavi da Ovidio, poiché omette il vero assassino… non fu la sua vanità ad ucciderlo, ma io soltanto…

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