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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 5 - 1 Novembre 2006 | 0 commenti

Le concessioni oil dell'Autobrennero e l'incoerenza nostrana sul dare fiducia al mercato o no..

Che in Italia esista una certa incoerenza tra la decisione di affidare al libero mercato alcune importanti scelte economiche e poi il rifiuto dei risultati cui il mercato perviene, non può che trovare un'ulteriore conferma nella vicenda delle concessioni dell'Autobrennero.

Recentemente, infatti, la gestione dei servizi di distribuzione di carburanti ed attività collaterali delle aree di servizio tra Modena e il Brennero è stata riassegnata in base ad un sistema di aste ed il valore delle royalties che le società del comparto petrolifero sono state disposte a pagare ad Autobrennero ha fatto allarmare diversi gruppi di interesse, dai rappresentanti dei gestori a quelli dei consumatori ad esponenti del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Tali royalties si sono attestate ad un livello molto più elevato di quello attuale, in un intervallo di valori che va dai 6,43 centesimi di Euro per litro ad oltre i 10,5 centesimi per litro, e nella maggior parte dei casi si sono avvicinati ai 10 cents/l., contro livelli attuali di solito attorno ad 1 cent./l. Il fenomeno è preoccupante per consumatori e governo perché rischia di scaricare tali maggiori costi delle compagnie sul prezzo finale dei carburanti, mentre per i gestori lo è perchè rischia di assottigliare i margini di guadagno loro riconosciuti dalle compagnie.

Eppure, a ben vedere, il risultato non dovrebbe sorprendere eccessivamente, dal momento che l'asta si basava unicamente sul principio economico ed era, per natura intrinseca di un'asta, finalizzata a premiare il concorrente che attribuisse un maggiore valore alla concessione (prezzo di riserva).

Ora, una volta riportati i fatti di cronaca brevemente, preme riflettere sui motivi per cui il comportamento delle compagnie petrolifere venga fatto passare da mass-media (e non solo) come “sospetto” o “scorretto”. Si dice che essere disposti a pagare royalties di un siffatto valore sottintenda l'esistenza di un improprio (eccessivo) margine derivante dalla distribuzione di carburanti. Si brandisce poi lo spettro di interventi statali diretti sulla voce “prezzo finale” dei carburanti per autotrazione, quando è lo Stato ad incamerare i due terzi del prezzo finale dei carburanti…

Eppure, ancora una volta, la teoria economico-industriale non giustifica pienamente queste reazioni. Il meccanismo d'asta porta le compagnie teoricamente a rivelare al banditore il loro prezzo di riserva. Se l'asta prende in considerazione solo l'aspetto economico, è quella la variabile su cui si scatenerà la concorrenza tra gli offerenti, con un conseguente rialzo del valore delle royalties. Quindi, eventualmente, si potrebbe parlare di errore nel meccanismo d'asta impiegato da Autobrennero, non di comportamento scorretto delle partecipanti all'asta. Poi facciamo attenzione: dal punto di vista di Autobrennero, se l'obiettivo che ci si prefigge dall'assegnazione delle concessioni è quello di massimizzare il ricavo (e perché mai dovrebbe essere altrimenti?) il meccanismo non può certo essere additato di essere errato.

Qualora invece lo Stato desideri che vangano presi in considerazione altri fattori nella assegnazione delle concessioni, o si voglia imporre un cap alle royalties, allora lo strumento da impiegare non si chiama mercato, non è la mano invisibile di A. Smith, ma è una ben visibile mano statale che sovrintenda al perseguimento di obiettivi diversi, socialmente più accettabili od equi.

Secondo punto importante che viene trascurato quando si guardi solo al valore delle royalties di queste concessioni: tra le assegnatarie figurano anche IES e Repsol, notoriamente meno presenti lungo la rete autostradale e stradale che non le concorrenti più affermate sul mercato italiano. Si potrebbe quindi addirittura pensare che un maggiore grado di concorrenza interbrand si instaurerà lungo la A23, ora che la presenza di Agip è ridotta e ben controbilanciata dalle concorrenti dirette.

Inoltre, per sua natura il servizio di distribuzione carburanti lungo le autostrade esibisce alcuni dei tratti caratteristici del monopolio locale, in quanto non sempre il consumatore percepisce una area di servizio come perfettamente sostituta di un'altra, a causa ad esempio del tragitto da percorrere o della disponibilità di carburante residuo, più che in ragione di una vera e propria brand fidelity. Questo motivo, unito all'importanza dell'Autrobrennero come varco di accesso di tutti gli automezzi ed autocarri che provengono dall'Europa centrale, potrebbe anche fornire una giustificazione all'elevato livello delle royalties che una società è disposta a pagare pur di operare lungo la A23 (e di promuovere analogamente il proprio marchio ai tanti utenti dell'Autobrennero), caratterizzata da elevati volumi di traffico e quindi da elevati volumi di carburante erogato.

Infine, un paio di riflessioni sulla variabile prezzi finali e margini delle compagnie petrolifere. Uno Stato che fosse preoccupato dal fenomeno del pass-through del costo aggiuntivo delle concessioni, potrebbe anche pensare di procedere ad una riduzione della componente fiscale che incide sul prezzo finale dei carburanti (circa i due terzi del prezzo finale di benzina e gasolio sono accise ed IVA). Invece, se anche le compagnie incrementassero il loro costo industriale di 0,10€/l per riflettere il maggiore costo delle concessioni, ad oggi il consumatore finale vedrebbe alzarsi il prezzo finale di almeno 0,12€/l grazie alla componente IVA.

Da ultimo, sui margini delle compagnie petrolifere: lo sbalordimento con cui i media si chiedono se in virtù delle elevate royalties i margini delle compagnie non siano eccessivi non è condivisibile. La conclusione più frequente è che anche nei prezzi ala pompa sia ricompressa una parte di margine “eccedentario” pari a 10 cents/l, dimenticando completamente di riferirsi ai volumi e non solo ai prezzi. Il maggiore esborso per operare sulla A23 può probabilmente essere coperto dalle società con i margini per litro sui volumi totali venduti in tutti gli altri punti vendita (margini che non per questo devono essere per forza dell'ordine di 0,10 cent/l!).

Potrebbe quindi essere razionale per una società che volesse promuovere il proprio marchio sul mercato italiano, sostenere una maggiore spesa da coprire con i ricavi provenienti dall'erogato totale, ottenendo un minore profitto (al limite anche negativo) nelle stazioni dell'Autobrennero, sperando che l'operazione garantisca maggiore visibilità e quindi un incremento nel valore dell'erogato totale annuale e nei profitti compelssivi. E tutto questo senza che il prezzo finale dei carburanti aumenti in modo univoco o che il margine netto medio delle compagnie sia allarmante, a riprova che l'interpretazione più sospettosa paventata dai media dovrebbe quantomeno essere bilanciata con la controinterpretazione che la teoria economica può facilmente offrire.

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