Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 5 - 1 Novembre 2006 | 0 commenti

Storia di un uomo

Agostino Rocco nasce a Gioiosa Ionica (RC) nel 1949, nella seconda metà degli anni sessanta è partecipe di quel flusso migratorio che spinge molti giovani del sud a spostarsi nel capoluogo piemontese; Torino, polo industriale, città simbolo della FIAT, speranza per migliaia di persone che hanno troppo poco da perdere per non tentare la fortuna.

Rocco è uno di quelli che ce la fa, inizia come carrozziere e finisce col diventare un piccolo imprenditore, proprietario di due autorimesse, le più grandi in Piemonte, dove sono tenute in deposito giudiziario le vetture sequestrate da tribunale, prefettura e forze dell'ordine. Attualmente pare che il numero dei veicoli fosse di circa 5000, per ognuno dei quali il Ministero della Giustizia ha l'obbligo di versare 0,80 centesimi al giorno. Tuttavia sembrerebbe che lo Stato tardi nei pagamenti, mentre l'imprenditore non può permettersi di fare altrettanto con i suoi. I crediti crescono e proporzionalmente crescono anche i debiti, contratti per far fronte alle richieste dei fornitori, alle spese di gestione, ai salari mensili dei suoi dieci dipendenti.

Nel 2000, tramite l'avvocato Vincenzo Saia, Agostino intenta causa al Ministero della Giustizia, della Finanza e dell'Interno per un'istanza di pagamento pari a 29miliardi di vecchie lire per aver recuperato, in un arco di oltre vent'anni, le auto sequestrate; perde ed è costretto a pagare le spese processuali. Nonostante ciò non demorde, continua a vantare i suoi crediti nei confronti dello Stato, chiede alle banche di pazientare, bussa alle porte del Palagiustizia per reclamare il denaro che gli spetta. Nel luglio scorso l'ennesima delusione con l'entrata in vigore del decreto Bersani che blocca i pagamenti trasferendo le competenze alla Banca d'Italia.

Lunedì 23 ottobre, Torino, Rocco arriva davanti al Palagiustizia di Corso Vittorio Emanuele, ferma la sua Alfa 166 davanti all'entrata principale, estrae una calibro 38 e si spara alla tempia; al suo fianco un cellulare ed un foglio di carta a quadretti, intriso di sangue, con l'intestazione: “All'autorità dello Stato”.

Ultimo gesto disperato di un uomo che gridava giustizia, che non credeva in un sistema in cui vige la legge del più forte, che era convinto di doverla vincere prima o poi quella battaglia, perché ci hanno insegnato a credere che la giustizia presto o tardi ripaga gli onesti e lo Stato tutela i suoi cittadini. Gesto disperato di un uomo che pretendeva delle risposte, quelle stesse risposte che sono state negate persino di fronte alla morte. Nessuna parola da parte delle autorità, scarsa risonanza su giornali e tv che hanno ben altro di cui occuparsi che non della storia di un cittadino qualunque, gli uffici contabili della procura intanto mettono le mani avanti precisando che il credito vantato dall'imprenditore ammonta a soli 42mila euro, per metà dei quali la procedura di pagamento era già stata avviata; peccato che Agostino Rocco non custodisse solo le auto sequestrate dalla procura, ma anche quelle del cui sequestro avevano disposto Tribunale e Prefettura torinese.

Sabato scorso amici e colleghi hanno voluto offrire il loro ultimo saluto a Rocco accompagnando la salma, posta su di una carro attrezzi, con un corteo di silenziosa protesta, a quel corteo vorremmo unirci anche noi, ma non in silenzio, piuttosto testimoniando con la nostra voce la storia di un uomo, della sua rabbia, della sua sconfitta.

Buon vento viaggiatore e che prima o poi le risposte possano arrivare.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>