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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 8 - 16 Dicembre 2006 | 0 commenti

Generazione criminale?

La legge italiana emanata dal precedente governo di centro-destra di fatto equipara le cosiddette droghe leggere a quelle pesanti; il che significa che il possesso di un ammontare anche minimo (non sufficiente per giustificare la vendita al posto del consumo personale) è legalmente punibile con sanzioni penali. Al contrario in altri paesi dell' EU 15 il possesso di marijuana è maggiormente tollerato o addirittura permesso dalla legge.

La risposta all'interrogativo sul perché uno stesso comportamento sia lecito o meno andrebbe probabilmente ricercata nelle rispettive radici storiche, culturali e religiose di ogni paese.

Una più fredda analisi economica risponderebbe invece che solo quelle azioni più dannose che benefiche per la società andrebbero regolamentate o, in certi casi, vietate. In quest'ottica, scelte di individui razionali che diano un beneficio personale, senza tuttavia causare alcun danno a terzi, non dovrebbero essere proibite seppur, a detta di qualcuno, considerate moralmente deplorevoli. In teoria, non dovrebbe quindi esserci alcun motivo per vietare legalmente azioni non propriamente da galateo, come ad esempio la masturbazione, a meno che queste abbiano luogo in pubblico.

Un limitato intervento dello Stato nelle scelte del singolo individuo tuttavia non implica necessariamente che il consumo di cannabis vada legalizzato. È infatti possibile argomentare che il consumo di droghe, anche se leggere, dovrebbe essere proibito in quanto provoca “effetti nocivi sui singoli e potenziali ripercussioni sulla sicurezza della società stessa” [1].

È difficile quindi che l'analisi economica ci dia un' unica risposta veritiera: non esistendo una metrica univoca per misurare i costi e benefici di cui stiamo parlando si finirebbe con il prendere comunque una decisione politica in merito.

E in ogni caso, distinguere in maniera univoca il lecito dall' illecito rimane operazione esule dalla missione pastorale dell'Arengo.

In linea di principio i governi vogliono limitare il consumo di sostanze stupefacenti, potrebbe quindi essere più interessante cercare di capire quando e perché si ritenga più opportuno regolare azioni indesiderate ricorrendo al diritto pubblico amministrativo piuttosto che a quello penale. Non è infatti scontato che un forte proibizionismo sia la migliore delle alternative possibili. E se fosse proprio il gusto del proibito ad avvicinare i giovani agli stupefacenti? È così inverosimile immaginare che una maggiore tolleranza comporti una diminuzione del consumo più di quanto non faccia un inasprimento delle sanzioni penali?

L' European Monitoring Centre for drugs and drugs consumption ha stimato che nel 2001 in Olanda il 17% dei giovani ha fatto uso di cannabis almeno una volta nella propria vita. La stessa indagine condotta in Italia rivela un dato superiore, pari al 30% della popolazione compresa tra i 15 ed i 34 anni ([2]). Certamente, altri fattori potrebbero spiegare queste percentuali: un minor tasso di disoccupazione, diversa ricchezza, diversa religione o educazione[3].

E soprattutto, chi non mi dice che la legalizzazione delle droghe leggere non abbia favorito indirettamente il consumo di quelle pesanti[4]? L'effetto positivo della legalizzazione sulla riduzione del consumo di stupefacenti non è dimostrato; tuttavia altrettanto potrebbe dirsi sugli effetti di un inasprimento delle sanzioni legali.

Pertanto non possiamo neanche escludere a priori l'ipotesi che la decisione del centro destra di aumentare la pena per l'uso di marijuana, comparandola alle altre droghe pesanti, non causi un ben più dannoso consumo di cocaina, eroina o droghe sintetiche.

Inverosimile? Non sarebbe la prima volta che assistiamo ad una riforma-boomerang[5].
inoltre, imposizioni troppo restrittive potrebbero essere percepite più autoritarie che autorevoli, con l'indesiderato effetto di fomentare atteggiamenti anti-sociali, invece di equilibrare la convivenza in società.

Rimane tuttavia ancora aperta la questione su quale rimedio prediligere: sanzioni penali o amministrative[6]?

L'intuizione alla base della economic theory of criminal law è tanto semplice quanto criticabile: potenziali criminali compiono le loro scelte in maniera razionale. Pertanto decideranno di intraprendere attività illegali solo nel caso in cui i benefici attesi eccedano i relativi costi. In questi termini, l'imposizione di una sanzione legale ha un chiaro effetto deterrente in quanto accresce il livello dei costi attesi. In linea di principio basterebbe una piena compensazione (sanzione monetaria[7] equivalente al danno provocato) per garantire un ottimo livello di deterrenza. Tuttavia, per prevenire il crimine in maniera efficiente è necessario che l'ammontare della sanzione aumenti ogni qualvolta la probabilità di rilevamento del crimine sia inferiore ad 1.

Becker e Stigler definiscono due modi equivalenti per prevenire il crimine: aumentare la probabilità di rilevamento (riducendo allo stesso tempo la sanzione) o accrescere la sanzione stessa. La prima soluzione implicherebbe maggiori investimenti in sicurezza pubblica; la seconda soluzione sembra quindi l'opzione più economica e, pertanto, quella preferibile[8].

Nel caso di un'azione illegale diffusa ma difficilmente rilevabile, la teoria beckeria suggerirebbe quindi di imporre un' alta sanzione, in perfetto stile “colpiscine uno per educarne cento”.

Ma è proprio in questi casi che le sanzioni legali potrebbero essere considerate spropositate rispetto al danno provocato, generando sentimenti di ostilità verso il sistema legale in genere.

Prima di imporre sanzioni penali sarebbe quindi opportuno considerare anche questo ed altri tipi di costi sociali legati all'applicazione del diritto penale (per esempio i costi di incarcerazione, di emarginazione e reintegrazione sociale o il costo di un processo giudiziario): costi, nel nostro caso, non trascurabili che ci suggerirebbero di limitare le sanzioni penali a comportamenti altrettanto gravosi.

Un problema di fondo effettivamente esiste quando interi gruppi sociali percepiscono queste sanzioni eccessive per dei comportamenti non ritenuti nemmeno sbagliati. E magari il problema fossero solo un paio di canne.

Chi non ha mai scaricato una canzone da internet, fotocopiato un libro o bevuto di sera tra amici, strade e piazze della propria città metta il dito qui sotto!

Come, mano vuota?

Qui le cose sono due: o la nostra è una generazione di criminali o le idee di una classe politica terribilmente affezionata al comodo posto in parlamento sono un tantino d'altri tempi.

Per un'analisi più dettagliata del diritto penale e di una sua applicazione si consigliano i due articoli “Why Criminal Law?” di Roger Bowels, Michael Faure e Nuno Garupa e “An Economic Analysis of Environmental Criminal Law” di Michael Faure e Marjolein Visser.

Per un'analisi più esaustiva della teoria economica del diritto penale si rinvia agli articoli di Becker “crime and punishment: an economic approach” e Stigler “the optimum enforcement of laws”.


[1] Ad esempio, con un'analisi econometria Duarte, Estuario & Molina confermano una relazione statistica positica tra consumo di marijuana e fallimenti scolastci. “marijuana consumption and school failure among spanish students”, Economics of Education Review, 2005

[2] dati elaborati dall'European Monitoring Centre for drug and drug consumption

[3] uno studio econometrico condotto u paio di anni fa indica che l'uso illegale di droga è chiaramente determinato da variabili economiche e sociodemografiche, Duarte, Estuario & Molina (2005) “Partecipation and consumption of illegal drugs among adolescents” International Advances in Economic Research

[4] dispiace scotentare i proibizionisti, ma ancora una volta i dati relativi al consumo di droghe pesanti in Olanda e' inferiore alle percentuali italiane. Olanda-Italia. consumo di cocaina:2,9% a 5,4%; ecstasy: 2,9% a 3,7%; LSD/allucinogeni: 2,6% a 3,6%. Dati reperibili al sito sopra indicato.

[5] Laffer sostenne che se il governo americano, per aumentare il gettito pubblico, avesse alzato le aliquote fiscali, le conseguenze sarebbero state quanto mai negative ed opposte a quelle sperate (al contrario propose di diminuire, e non aumentare, i livelli di tassazione).

[6] Due professori dell'Università di Chicago, Becker e Stigler (quest'ultimo premio Nobel), tentarono di rispondere a questa domanda portando il criterio di valutazione economica nell' analisi del diritto criminale.

[7] In questo caso semplifichiamo considerando le sanzioni monetari sinonimo di sanzioni amministrative e la carcerazione sinonimo di sanzioni penali.

[8] Esistono tuttavia due casi principali in cui l'imposizione di una sanzione amministrativa risulterebbe inefficace:

  1. quando il danno provocato è troppo alto, presupponendo l'imposizione di una sanzione monetaria al di sopra delle disponibilità finanziarie del colpevole
  2. quando la probabilità di rilevamento è troppo bassa, implicando di nuovo una sanzione monetaria eccessiva.

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