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Scritto da nel Economia e Politica, Numero 9 - 16 Gennaio 2007 | 0 commenti

La fine dell'autistico mondo di Bush

Lo scorso dicembre, il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush si è visto costretto ad accettare le dimissioni dell'ambasciatore USA presso le Nazioni Unite, John Bolton. La vicenda di Bolton è emblematica ed utile per comprendere meglio la politica dell'Amministrazione Bush.

Inviato al Palazzo di Vetro dal Presidente nell'agosto 2005, senza sottoporre la sua nomina al Senato (in vacanza), sfruttando il cosiddetto recess appointment, Bolton non è semplicemente un falco della destra americana, ma è il falco dei falchi. Alla sua nomina seguirono i dubbi (più che altro sdegno) delle cancellerie di tutto il mondo e la preoccupazione che il suo ruolo fosse quello di un sabotatore all'interno dell'ONU; bizzarro che come ambasciatore fosse stata scelta una personalità nota per la sue scarse doti diplomatiche e che ricopriva precedentemente il ruolo di sottosegretario al controllo delle armi e alla sicurezza internazionale quando il Dipartimento di Stato era affidato a Colin Powell. Quando Bolton lasciò l'incarico all'inizio del secondo mandato di Bush, la cosa venne letta come il primo passo di un'inversione di tendenza della politica estera della Casa Bianca, ma il suo arrivo al Palazzo di Vetro si rivelò poi essere la conferma di una rinnovata aggressività degli Stati Uniti in ambito internazionale.

Bolton rappresenta il Neocon per eccellenza, fedele al suo presidente, sostenitore delle politiche reganiane applicate al Medio Oriente. Le sue dimissioni sono la conseguenza e il simbolo del fallimento di Bush, uscito sconfitto in modo sonante lo scorso 7 novembre dalle elezioni di medio termine, orfano di quegli elettori che, traumatizzati dall'11 settembre, gli avevano dato carta bianca. Proprio la fallimentare guerra in Iraq e l'esportazione della democrazia (con le armi), cavalli di battaglia della destra americana, oltre all'integralismo religioso ed etico, hanno alla fine sbriciolato in modo brutale i sogni di George W. & co.

Negli ultimi anni, ci siamo abituati ad un'America autistica, unica superpotenza, prepotente, integralista ed ipermilitarizzata. Unilateralismo è diventata la parola d'ordine, considerato erroneamente unico strumento utile a diffondere la libertà e la democrazia nel mondo. Risultato: la fine di sanguinarie dittature in Afghanistan e Iraq e l'inizio di continui attentati, bombardamenti, soldati uccisi e vittime civili.

E' chiaro che gli USA, forti di un'ineguagliabile potenza militare, non sono stati in grado da soli (così come invece volevano farci credere i vari Bush, Bolton, Rumsfeld, …) di essere garanti della stabilità e sicurezza mondiale. Il multilateralismo è la strada da imboccare, così come si è visto per il Libano: nonostante il “sabotatore” Bolton, l'ONU ha dimostrato che la politica e la diplomazia, più delle armi, sono utili e fondamentali per risolvere discriminazioni, violazioni e crisi nel mondo. E solo col multilateralismo sarà possibile risolvere l'interminabile dramma mediorientale.

Con realismo, bisogna però dare atto ai conservatori americani di una cosa: nel mondo niente di significativo avviene senza l'America.

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