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Scritto da nel Numero 11 - 16 Febbraio 2007, Scienza | 0 commenti

La fabbrica dei buchi neri

C'è chi pensa che la fine del mondo potrebbe avvenire per mano dell'uomo. C'è chi pensa, invece, che la vita sulla Terra potrebbe scomparire per qualche avvenimento catastrofico di natura astronomica, come la collisione con un meteorite o l'inghiottimento del pianeta in un buco nero.

Mai nessuno, però, arriverebbe a pensare di riunire le ipotesi di queste due “scuole di pensiero” e immaginare che la Terra potrebbe, in un futuro nemmeno così remoto, essere fagocitata da un buco nero creato dall'uomo stesso.

Certamente, conti alla mano, i fisici sono concordi nel dire che i buchi neri che potranno essere prodotti nei laboratori del CERN di Ginevra saranno comunque microscopici, con una vita brevissima e per questo assolutamente controllabili. Insomma, non ci sarà il pericolo di risucchiare il nostro pianeta e parte del sistema solare in un buco nero per colpa della sete di conoscenza di un gruppo di scienziati, ma rimane comunque la curiosità di come questi “mini buchi neri” possano essere prodotti in laboratorio e a che cosa possano servire.

A queste due domande possiamo provare a rispondere spiegando innanzitutto, almeno a grandi linee, che cos'è un buco nero. Secondo la teoria della relatività generale, se la materia viene compressa in una zona di spazio abbastanza piccola, può arrivare ad avere una densità tale da attrarre gravitazionalmente qualsiasi oggetto, perfino la luce, che vi passi vicino. Solitamente questo avviene nella fase finale della vita di una stella, quando essa collassa per il fatto che la forza diretta verso l'esterno, dovuta alle reazioni nucleari, viene sopraffatta dalla forza gravitazionale che attrae la materia di cui è composta la stella verso il suo centro. Non tutte le stelle, però, hanno questo destino: il Sole, per esempio, è una stella poco massiva, e ci sono poche probabilità, quindi, che si sviluppino al suo interno forze gravitazionali tali da farlo collassare in un buco nero, che per la massa del Sole dovrebbe avere una densità maggiore di quella di un nucleo atomico.

Se si riuscisse comunque a comprimere la massa del Sole in una sfera con un raggio di tre chilometri, potremmo ottenere un buco nero, e, in teoria, si possono avere buchi neri anche più leggeri, a costo di costringere le masse in spazi più piccoli.

E' stato calcolato, infatti, che il buco nero più leggero possibile può essere dato da una massa dell'ordine di 10-8 chilogrammi, purché questa possa essere confinata in un diametro di 10-35 metri, detta lunghezza di Planck. Al di sotto di questa massa e di questa distanza, infatti, si andrebbe a comprimere le particelle in una regione di spazio più piccola della loro stessa estensione spaziale, mentre la gravità sarebbe così intensa da distruggere la struttura dello spazio-tempo.

Come si fa, allora, a creare buchi neri negli acceleratori di particelle?

Anche nei dispositivi ad altissime energie come LHC (Large Hadron Collider), che entrerà in funzione presso i laboratori del CERN di Ginevra nel 2008, le masse in gioco sono troppo piccole e le energie fornite alle particelle sono tali da poterle confinare in regioni di spazio comunque troppo grandi per arrivare alle densità proprie di un buco nero.

Una possibilità potrebbe arrivare, però, dalla teoria delle stringhe. Tra le altre cose, infatti, questa prevede l'esistenza di dimensioni spaziali aggiuntive rispetto alle tre già note. Se così fosse, su brevi distanze l'attrazione gravitazionale aumenterebbe in maniera molto più veloce, e verrebbe abbassata notevolmente la scala d'energia alla quale dover spingere le particelle per poter generare, in una loro collisione, un buco nero. Questi processi diverrebbero così accessibili ad acceleratori di nuova generazione come LHC.

Questo significherebbe un'enorme svolta nella fisica contemporanea. Si proverebbe in effetti l'esistenza di dimensioni spaziali nascoste ai nostri sensi e si darebbe il via alla loro esplorazione, alla ricerca, tra le altre cose, di possibili universi paralleli. Dalle proprietà dei buchi neri prodotti, infatti, si capirà se questi, oltre a “sentire” la presenza di extra-dimensioni, incapperanno o meno in altri spazi tridimensionali come il nostro universo.

Tra le proprietà da analizzare vi sarà il loro tempo di decadimento. I fisici assicurano infatti che questi piccoli buchi neri da laboratorio saranno comunque oggetti molto instabili e dotati quindi di una vita brevissima.

Attraverso vari argomenti, insomma, la loro evoluzione è prevista essere sicuramente innocua e controllabile; al massimo daranno vita a sciami di altre particelle, alcune delle quali probabilmente mai rivelate, che forniranno quantità enormi di dati importantissimi da studiare da parte dei fisici.

Ma un dubbio sibillino rimane: e se, per una volta, le previsioni teoriche e i relativi calcoli degli scienziati fossero errati?

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