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Scritto da nel Internazionale, Numero 11 - 16 Febbraio 2007 | 0 commenti

La Turchia tra Europa e Islam

Nel 2004, secondo un sondaggio del quotidiano Milliyet, il 67,5% dei Turchi si dichiarava favorevole all'ingresso della Turchia nell'UE, euforia confermata da un inizio più che positivo dei negoziati con l'Unione nell'ottobre 2005; ma, col passare dei mesi, le opinioni e gli atteggiamenti di entrambe le parti sono andati via via modificandosi fino ad arrivare all'attuale situazione di apparente stallo. Cipro, diritti umani, il genocidio armeno, la questione curda sono le principali cause dello scetticismo europeo, contrapposto ad un fanatismo religioso che si sta insinuando sempre più tra le istituzioni turche.

Che impatto avrebbe l'ingresso della Turchia sull'economia, le istituzioni e soprattutto sulla cultura europea? Questa è la domanda che viene posta dagli europei più scettici e inquieti.

Il problema della candidatura della Turchia all'ingresso nell'UE, è inserito nel più ampio dibattito della sicurezza europea alla luce delle continue minacce del terrorismo internazionale. In tal senso interrogativi sulle diversità culturali e religiose vengono tranquillamente oscurate da considerazioni di politica estera e di sicurezza che sembrano agire a favore di una ovvia e naturale integrazione. Di fatto la Turchia è inserita nella struttura di sicurezza europea già dal lontano 1952, anno di ingresso nella NATO. Ma, mentre durante la Guerra Fredda rappresentava un indispensabile scudo protettivo per l'Europa[1], oggi è più percepita come una fonte di insicurezza a causa di destabilizzanti dinamiche interne: la questione curda e l'ascesa dell'Islam radicale nella vita politica.

La prima è tornata alla ribalta a livello internazionale in seguito agli attentati nell'agosto 2006, ma già nel giugno 2004 il PKK dichiarava la fine della tregua unilaterale decisa nel 2000. Poco si sa della reale situazione nell'Anatolia sud-orientale: lo spettro di un Kurdistan indipendente preoccupa i governi di molti paesi e, in modo diretto, quelli di Turchia, Iran e Iraq.

La seconda vivrà il momento della verità in questo 2007: in maggio il Parlamento turco eleggerà il nuovo presidente, in novembre si terranno le elezioni parlamentari. Una resa dei conti tra l'establishment kemalista (l'esercito e la magistratura) ed uno strisciante integralismo religioso presente nell'AKP, partito del Primo Ministro Erdogan, erede del Partito delle Virtù (islamista ed anti-laico) obbligato allo scioglimento dalla Corte Costituzionale nel 2001.

La “guerra” tra le due fazioni si gioca proprio sull'Europa: da una parte Erdogan che punta all'ingresso nell'Unione, dall'altra l'Esercito (custode dello stato laico), contrario all'ingresso non perché ostile all'Europa ma per non dare ulteriore visibilità all'AKP e al movimento islamico. Il percorso attualmente intrapreso è ritenuto dai Militari troppo pericoloso: garanti dello stato kemalista e della sua Costituzione, ritengono sia loro il compito di traghettare la Turchia in Europa, assicurando la separazione tra politica e religione.

Da parte sua Bruxelles non può che tenere sotto controllo l'economia turca: un tasso di inflazione oltre il 10%, alti tassi di interesse e un preoccupante deficit di bilancio pongono il paese ancora lontano da parametri accettabili.

Da una parte e dall'altra ci sono attori favorevoli e contrari all'ingresso.

Nel dubbio, qui in Europa “…da un lato continuiamo a sostenere con gli amici turchi che stiamo negoziando la loro piena adesione all'Unione Europea, chiedendo loro i sacrifici necessari per adattare la struttura economico-giuridica del paese al nostro contesto legislativo. Dall'altro, tranquillizziamo i nostri inquieti concittadini nascondendoci dietro formule che, se il consenso politico dovesse mancare, possiamo all'occorrenza tirare fuori dal cilindro.”[2]


[1] Kibaroglu M., Turchia, Stati Uniti e NATO: un'alleanza all'interno dell'Alleanza, ISPI Policy Brief n. 30, dicembre 2005.

[2] Altomonte C. e Villafranca A., L'adesione della Turchia: un problema mal posto, Relazioni Internazionali N. 21 – ISPI, Ottobre 2005.

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