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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 13 - 16 Marzo 2007 | 0 commenti

Capitolo 3 – Politica? (parte quinta)

Quesito: un bel giorno il vostro capo, ultra-milionario o ex-ultramiliardario, arriva e vi chiede se sareste disposti a lavorare a 5 milioni di euro l'anno. Oppure il capo dell'officina di fronte ve ne offre sei per passare sul suo libro paga. Cosa fate?

Risposta A: Accettate una delle due, quella che più vi aggrada e nel giro di due anni avete un figlio da

una velina, l'alfabeto di letterine sotto casa e migliaia di persone che venderebbero la mamma per essere al vostro posto.

Risposta B: Sollevate dubbi sulla moralità dell'operazione. Alla fine si tratta di un lavoro come un altro, come dare un calcio al pallone. Interrogate l'imprenditore sulla provenienza di questi soldi per capire se è un equilibrio sostenibile, cercate di comprendere se non si tratta di una grande montatura che nasconde motivi oscuri.

Mah, forse forse quasi quasi…

Perché magari non è semplicemente perchè avete i piedi buoni. Magari vi coprono di soldi senza un motivo, perché la vostra figura ne fa incassare altrettanti a molti altri per il ruolo sociale che va ben al di là di produrre un bene di consumo. E via coi bla bla, ecco che inizia il prossimo giro del Monopoli, non dimenticatevi di passare dal Governo a ritirare l'aiuto (nota per stranieri ed extraterrestri; Monopoli: popolare gioco da tavolo italiano, ove si gira come le oche su un quadrato si costruiscono palazzi si tirano i dadi e si rischia di finire in galera).

Magari il Potere, inodore insapore e incolore come l'acqua, vi utilizza per fini elettorali, perché siete necessari a distrarre le masse, perché se la gente la domenica va allo Stadio e il lunedì compra la Gazzetta la settimana pesa meno, la guerra è più lontana, la leggina dà meno nell'occhio e tutti possono giocare a fare gli allenatori. Meglio sognare di fare il calciatore, poi l'allenatore, poi il presidente piuttosto che sognare di fare il Presidente del Consiglio o l'uomo di governo. Perlomeno se siete nella situazione di questi ultimi.

Meno concorrenza, meno ricambio, meno disoccupazione, maggiori profitti e sempre più potere.

Beata ignoranza.

Che c'è qualcuno che può cambiare le cose, se i calciatori non cantano l'inno, se non esistono più le bandiere, se Vieri è un mercenario e Capello va alla Juve?

Però se non ci sono più le mezze stagioni e non c'è più religione un motivo ci sarà.

Le mezze stagioni non ci sono più a causa delle irresponsabili, se non scellerate, politiche energetiche e ambientali delle potenze globali. La religione c'è se ne esiste un'altra alla quale contrapporsi: altrimenti la partita diventa noiosa, l'audience e gli introiti scenderebbero troppo.

Vista con gli occhi di Capello e Vieri, non si tratta d'altro che del normale adeguarsi al sistema come la ratio dell'homo economicus suggerisce. L'arte di sopravvivere. In alto devono salvare la faccia e far passare il tutto per sport e divertimento: ipocriti loro, cinici noi. Preoccuparsi per la decenza pubblica non conviene a nessuno, dal momento che indipendentemente dal proprio operato ci si può trovar disoccupati al cambiar del vento.

Ognuno tira l'acqua al proprio mulino, salvaguarda i propri interessi. Il mondo che gira così.

E comunque alle società in via di fallimento non si addice una bandiera che non sia bianca.

E quindi? Sempre le solite cose? Le stesse tutti i giorni, tutte le settimane, tutti i mesi. I soliti fiumi di parole e di pubblicità, i soliti rigori negati ed espulsioni inesistenti. La guerra dello share, i soliti noti che danno voti a tutti, le solite domande stupide, le solite risposte dementi e politically correct, la solita massa di rincretiniti che ancora ci crede e li ascolta. E si incazza pure.

Mai una sbavatura, mai un attacco al Sistema. E' un lavoro, devono arrivare a fine mese pure loro.

Niente di nuovo sotto il sole, a quanto pare.

Ma ne siamo davvero sicuri?

Siamo sicuri che all'appello non manchi qualcuno?

Quando la maestra scandiva il nostro nome bisognava rispondere presente. Oggi che il nostro nome non appare neanche nell'ultimo titolo di coda abbiamo perso le buone abitudini.

Abbiamo dimenticato che davanti e dietro alla televisione ci siamo noi, i nostri occhi, il nostro cuore.

E che i nostri occhi e il nostro cuore stanno ancora a gioire e a soffrire perché c'è qualcos'altro.

Qualcos'altro che ci chiamano Dio e che ci manda in guerra. Qualcos'altro che noi chiamiamo i nostri sogni e che ci porta su un prato verde, in mezzo a un mare di bandiere, a osservare le acrobazie di una sfera della forma di questo mondo (un po' schiacciata alle estremità, perché i bambini ci siedono sopra) che finalmente possiamo prendere a calci e mandare dove vogliamo noi.

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