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Scritto da nel Internazionale, Numero 15 - 16 Aprile 2007 | 0 commenti

Beirut: la città serpente, l'Atlas Group e Jalal Toufic

Oltre alla questione storica mediorientale il mondo musulmano ha una drammatica faccenda irrisolta: gli annunciati scontri intestini tra sciiti e sunniti (per un approfondimento su aspetti di questa situazione vedi l'articolo di Giuseppe Cantelmi nell'arengo n°14). Ciò accade con maggior vigore in un paese specifico, scenario continuo di guerra e vittima perenne degli scontri per il suo assetto multireligioso: il Libano (70% musulmani, divisi in cinque confessioni: sunniti, sciiti, ismailiti, drusi e alawiti, 30% cristiani, divisi in 11 confessioni riconosciute e una minoranza ebraica[1]). Questo paese che ha avviato la ricostruzione nel 1991 dopo una guerra lunga 15 anni, ha subito nel luglio e agosto 2006[2] nuovi massicci bombardamenti che hanno capovolto nuovamente l'assetto materiale della città e infranto la speranza di rimanere un paese pieno di problemi da risolvere ma perlomeno senza guerre e distruzioni improvvise per mano altrui: schiacciati come sono dalle pressioni di Siria e Iran e dalle reazioni israeliane.

“E' un groviglio infernale e la vittima predestinata e sempre Beirut, che può difendersi soltanto se i cittadini della repubblica dei cedri dimenticheranno le appartenenze religiose e ricorderanno d'essere prima di tutto libanesi.” [3]

Beirut, la capitale, centro culturale ed economico fulgido dove convivono la tradizione islamica, il retaggio coloniale e la globalizzazione, il tutto rispecchiato nella variegata situazione linguistica (arabo,armeno, francese e inglese) è stata spesse volte definita la Berlino del Medio Oriente per il suo passato tragico e il futuro pieno di aspettative. Questa città, in effetti, ha tentato più volte progetti di ricostruzione fisica e morale[4], identificandosi con i flussi e i riflussi delle sue assenze e presenze, rovine e progettualità, oblio e ricordi. Sembrerebbe di parlare di una città di confine, ma forse si tratta di un paese che si fa esso stesso confine. Questa sofferta condizione dell'essere libanesi è stata ripresa in maniera particolare da una generazione (quella degli anni 60') che ha vissuto la guerra nella giovinezza e che ha avuto la fortuna di emigrare (Francia e soprattutto Usa) reagendo a questa identità difficile e ai problemi strettamente legati a quelli d'ordine politico e religioso con un risveglio critico del pensiero attraverso l' espressione artistica e il supporto di una sana e autentica informazione.

Sto parlando in particolare dell'Atlas Group (www.theatlasgroup.org), un gruppo di ricerca composto da studiosi di vario genere (per lo più architetti, fotografi e registi), ideato da Walid Raad (1967) nel 1999, che si propone di creare opere audio-visive e letterarie per mettere in luce la storia contemporanea del Libano e delle sue città.[5]

Questa nuova realtà intellettuale e critica si propone di apportare un preciso lavoro di documentazione e reportage sulla storia del paese (catalogazione degli attentati e documentari) ma anche di elaborare in espressione artistica i suoi umori e pensieri (fotografie, installazioni, video art e libri).[6]

Tra le diverse personalità di questo gruppo spicca lo scrittore e saggista Jalal Toufic (1962) (www.jalaltoufic.com) che affronta, in relazione alla situazione del proprio paese e dell'identità islamica, una prosa saggistica pregna di riflessioni e un'argomentazione filosofica che sfrutta la teoria dell'immagine cara a Gilles Deleuze.

Non si tratta dei grandi trattati sull'islam e l'occidente, dei punti di vista consolidati e più popolari ma di approcci nuovi ai problemi. Toufic ha più volte nei suoi libri (Over-Sensitivity,1996 e Forthcoming, 2000) avanzato in maniera esauriente l'idea del “the withdrawal of tradition past a surpassing disaster” per interpretare il valore della commemorazione sciita dell'Ashura con sentimento religioso e in maniera razionale.

Questa tematica è stata proposta per la prima volta come saggio aforistico del suo iniziale Distracted (1991, poi 2003 Tuumba Press), un multiforme taccuino giovanile dell' “esilio” composto da constatazioni e osservazioni nonché da sapide definizioni atte a saggiare la realtà dove si scorge da un lato un aspetto esclusivamente introspettivo e personale e dall'altro uno che testimonia l'essere libanesi attraverso un'insofferente peregrinazione mentale.


[1] Monica Rocco, Il Mondo Arabo, Pendragon, Bologna, 1998.

[2] Il 12 luglio 2006 un commando Hezbollah attacca una pattuglia israeliana al confine, uccidendo tre militari e sequestrandone due. Lo stato Ebraico risponde con bombardamenti nel Sud del Libano.

[3] Antonio Ferrari, “Chi congiura contro l'unità nazionale” su Corriere della Sera, 14/2/2007

[4] “Sette volte distrutta e sette volte ricostruita, questa città ogni volta è rinata dalle sue ceneri, ogni volta ha cambiato pelle, come un serpente” battuta del film Terra incognita di Ghassan Salhab, presentato al festival di Cannes nel 2002.

[5] The Atlas Group & Walid Raad, saggi di Jalal Toufic, Montreal, Leonard & Bina Ellen Gallery, 2006.

[6] Le opere di questa equipe di ricerca verranno presentate in diverse occasioni a Milano nel progetto artistico e culturale Re-thinking Beirut (27 marzo-13 maggio 2007), saranno inoltre presentate importanti conferenze per riflettere su questo paese e la sua capitale dal punto di vista urbanistico, architettonico, culturale, religioso e sociale.

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