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Scritto da nel La Cantina del Viaggiatore, Numero 15 - 16 Aprile 2007 | 0 commenti

Un po' di sano campanilismo

Eh già: in un epoca di scarsa integrazione, di culture (e colture) che non si incontrano ma si scontrano, in un epoca di avanzata di vini del mondo nuovo, in una città dove il vino bianco è la Falanghina e il rosso il Nero D’Avola io rispondo “VIVA I COLLI BOLOGNESI”, va mo la!

Sarà perché son tornato dalla toscana in pianta stabile a Bologna, sarà perché è un po’ che non metto piede (ahimè) in Piemonte, sarà anche perché ho iniziato a lavorare all’Enoteca Regionale Emilia Romagna, ma forse sarà soprattutto perché sui colli bolognesi, con o senza ali sotto i piedi, si fa del buon vino.

È quanto emerge dalla sfida, pardon, “Disfida Cieca” organizzata dal consorzio dei Colli Bolognesi al Vinitaly, dove tre Pignoletto si son scontrati con quattro grandi bianchi Italiani e quattro rossi bolognesi (Cabernet Sauvignon e Merlot) si son scontrati con tre grandi rossi, sempre italiani.

Da sottolineare che tutti i vini a cui i “prodi” Bolognesi han gettato il guanto di sfida erano dei signor “Tre Bicchieri” (uno se non il massimo riconoscimento enologico Italiano) ergo il gotha dell’enologia italiana.

Partita difficile, come mi ha confidato un agitato Daniele Belletti, giovane direttore del Consorzio Colli Bolognesi, prima della disfida “stavolta l’abbiam fatta bene: se va va…se non va si prende una bella bastonata!” .

Breve spiegazione delle regole del gioco: sette bicchieri, prima i bianchi poi i rossi, messi in tavola senza indicare di che vini si trattasse. Una scheda in cui i vari giudici dovevano assegnare un punteggio da 1 a 7 ad ogni vino, per ricavare poi una classifica in ordine di piacevolezza (nessuna pretesa ‘scientifica’, quindi): 7 punti al vino preferito, 6 al secondo, 5 al terzo, 4, al quarto, 3 al quinto, 2 al penultimo, 1 punto al vino meno gradito.

Arbitro imparziale, e particolarmente severo, Fabio Giavedoni Di Slow Food, coadiuvato da Max Calvi di Rizomedia.

Finita la degustazione, consegnate le schede, dopo un po’ di studiata suspence tra i brusii di sorpresa e di nervosismo una volta rivelata l’identità dei big Italiani , è stata sancita l’inattesa ‘vittoria’ del Pignoletto 2005 di Vallona fra i bianchi, che ha prevalso sugli altri vini italiani. Il Colli Bolognesi doc Pignoletto di Vallona ha battuto nell’ordine dei ‘big’ come il Verdicchio classico superiore Castelli di Jesi doc Podium di Garofoli (3 bicchieri Gambero Rosso la versione 2004) e il Soave La Froscà di Gini (anch’esso 3 bicchieri Gambero Rosso); quarto l’ottimo Colli Bolognesi doc Pignoletto di Cinti, quinto il Fiano Radici di Mastroberardino.

Ancora più eclatante però è stato il risultato a favore dei Colli Bolognesi per i rossi.

Quattro nelle prime quattro posizioni.

Primo il Merlot di Tizzano, secondo il Cabernet Sauvignon Monte Gorgii di Isola, terzo il Merlot Alto Vanto di Federico Aldrovandi, quarto il Cabernet Sauvignon Diggioanni di Vallona, che hanno l’onore di aver fatto mangiare la polvere, nemmeno si trattasse dei vini delle sabbie ferraresi, a puledri di razza come il Guidalberto della Tenuta San Guido, il Merlot di Planeta e il Cabernet Sauvignon Palazzotto di Maculan.

“E a chi obiettasse che queste degustazioni sono influenzate dalla provenienza dei partecipanti, è bene precisare che solo il 30% dei degustatori erano bolognesi (di cui come abbiamo visto, soltanto due i vignaioli…) e che erano presenti perfino 2 americani, un inglese, un brasiliano, alcuni toscani, un produttore del Lazio, enologi e tecnici romagnoli, reggiani, modenesi e veneti.

Palati e olfatti di ogni provenienza, dunque”[1] come sottolineano con orgoglio al Consorzio.

Al di la del campanilismo non celato di quest’articolo, il tutto serve a dimostrare come nel mondo del vino oramai il prezzo (tutti i vini battutti costano almeno quattro volte i bolognesi) e la qualità percepita del vino siano indotti da mode del momento, guide e giornalisti più o meno credibili e più o meno in buona fede.

Se chiedervi di tornare a ragionare col vostro cervello è troppo (forse anche per me), almeno tornate ad assaggiare col vostro palato.

Va mo la.



[1] Fabio Bottonelli

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