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Scritto da nel Il Mondo nel Pallone, Numero 17 - 16 Maggio 2007 | 0 commenti

Capitolo 4 – And so, what? (parte prima)

A questo punto il lettore si chiederà a ragione quale sia il senso di tutto ciò.

La nostra fantasia – e i nostri sensi – ci hanno messo qualche pulce nell'orecchio: riusciremo a spargerne qualcuna? La risposta che ci aspettiamo ce la darà chiunque si riterrà interessato a porsi qualche domanda ed a ricercare con noi le risposte in grado di soddisfarne la curiosità. Se non altro ci accontenteremmo di strappare un sorriso per le sorprendenti quanto innegabili coincidenze che sono andate emergendo nel corso del secolo evocato.

Estate 1990.

La nostra preoccupazione maggiore allora avrebbe dovuto essere la promozione in quinta elementare ma per un bambino italiano di dieci anni questa pretesa si confondeva con la trepidante attesa per i tanto sognati ed attesi Mondiali di Calcio. Il Cinque Maggio non poteva reggere il confronto con le Notti Magiche, le ricreazioni duravano quarantacinque minuti e i numeri di Pitagora non quadravano allora e non quadrano tuttora quanto quelli del numero dieci del Napoli. E poi a Bologna stavano per arrivare la Colombia, gli Emirati Arabi Uniti e la Jugoslavia. In generale c'erano un sacco di cose da fare: stadi da rifare e soldi da far girare, appalti da assegnare e cantieri da aprire, tangenti da pagare, diritti televisivi, sponsor e pubblicità, tette, culi, bandiere tricolore, maglie azzurre, convocazioni e ritiri, Biscardi e Berlusconi, Matarrese e Andreotti. Non tutti usciranno indenni della competizione.

Eravamo i padroni di casa e il Paese avvertiva il dovere di cingersi la testa dell'Elmo di Scipio e mal nascondeva il peso della situazione dietro un'apparente quanto ostentata euforia. Noi volevamo solamente vincere.

Non fu così: i sei goal di Totò Schillaci non valsero a nulla se non a un deludente terzo posto, l'impegno di Vialli, Baggio e Baresi non fu sufficiente a contenere il gioco di Caniggia e Maradona nel suo San Paolo. Come al solito quel cornuto dell'arbitro era di parte e imparammo a prendere confidenza in fretta con quell'allegro strumento di tortura dei calci di rigore. A dieci anni di distanza sembra che il paese si sia affezionato a questa simpatica lotteria ma ad Italia '90 eravamo i più forti e non potevamo perdere. Tant'è che in ogni famiglia papà impreca.

Ma la delusione di papà non era destinata a durare a lungo: “Andreotti non è Ministro!!” Mario Chiesa aveva parlato ed al Paese era venuta a mancare la più solida certezza del dopoguerra repubblicano. In televisione fioccavano gli avvisi di garanzia e le valigette, Di Pietro e la magistratura milanese sostituivano gli azzurri nel cuore di un Paese frustrato da 'cinquant'anni di malgoverno'. I politici erano stati finalmente smascherati, dopo che il Muro di Berlino aveva schiacciato i comunisti: eravamo liberi da queste oppressioni e finalmente potevamo sognare un nuovo sole a illuminare la nostra Italia. I politici sopravvissuti volevano succedere a se stessi: parlavano chi di maggioritario, presidenzialismo o secessione, chi di risanamento ed Europa. Quell'Europa trainata dall'infaticabile motore tedesco (Che cos'è, papà? E' la Germania di Brehme e Matthaus? E' lo stesso Paese, rispondeva pazientemente papà. Quello che bombardava i nonni? Quello che è caduto il Muro e che da cinquant'anni lavora sodo per meritarsi il rispetto dovuto, quelli che non tirano più le bombe.), quell'Europa che sembrava sempre più allontanarsi da noi da quando eravamo stati costretti a uscire dal Sistema Monetario a causa dell'insostenibilità del nostro debito pubblico. Avevamo speso tutto, avevamo festeggiato troppo. Ora toccava anche a noi lavorare sodo, come i tedeschi. Da Campioni del Mondo si sa, si lavora meglio. E i tedeschi ci avevano appena insegnato a giocare a pallone.

Arriva l'inverno del 1993 e si avvicinano le elezioni anticipate. Ma come? Si va a votare e ci sono sempre gli stessi? E i sogni di libertà del babbo? Per tutti ricchi premi e cotillon e per me niente? Io a votare non ci vado più, è tutto uno schifo! Sicuro? Sei sicuro che non ci sia niente anche per te? Sono stati questi politicanti a farci perdere i Mondiali!! E' colpa loro: guardate tutti me, disse il Presidente del Milan, presentandosi tulipano all'occhiello dalle tribune d'onore delle televisioni di casa propria.

Io ho vinto gli scudetti e le Coppe dei Campioni, Palloni d'Oro e Coppe Intercontinentali, il Milan delle Stelle è mio. Sono stato io a spogliare per primo le donne sugli schermi di casa vostra, sono stato io a portarvi Van Basten, ho costruito case e dato lavoro a tanta gente. E guardate com'è simpatico Emilio Fede, almeno lui è sincero! Non ascoltate i giornali e i comunisti, io non ho fatto niente e sono stati loro a fare qualcosa a voi: vi fanno pagare le tasse e poi non hanno vinto niente. E quando possono i bambini li mangiano. Votatemi!Votatemi e vedrete!! Sorrideva, allora, il fondatore di Forza Italia che volava nei cieli azzurri.

Ma allora avevamo 14 anni e i tri-campioni del Milan guidati da Sacchi dovevano partire per gli Stati Uniti.

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