Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 22 - 1 Agosto 2007 | 0 commenti

Per una rivalutazione del termine estetica

Il termine estetica fa la sua prima comparsa all'interno della Meditationes philosophicae de nonnullis ad poema pertinentibus, opera per la libera docenza, scritta da Alexander Gottfried Baumgarten nel 1735. Tuttavia, il neologismo aesthetica, troverà una più compiuta trattazione nell'opera omonima del 1750, nella quale saranno fornite definizioni quali: scientia cognitionis sensitivae, ars pulchrae cogitandi, Theoria liberalium artium. L'estetica dunque è scientia, ars e theoria. Scientia della cognitio inferior, in altre parole della conoscenza sensibile, che non si esaurisce esclusivamente nella conoscenza sensoriale, ma è pur intesa come sentimento, facoltà immaginativa. In questa rivalutazione del sensibile risiede una delle maggiori novità del pensiero di Baumgarten, capace di conferire dignità e autonomia propria alla conoscenza sensoriale pur mantenendo una netta distinzione gerarchica.

Le ulteriori due definizioni di estetica sono invece direttamente riconducibili ai concetti di bellezza e di arte, ai quali a partire dalla metà del XVIII secolo la disciplina tenuta a battesimo da Baumgarten sarà imprescindibilmente legata.

Nel momento in cui il filosofo tedesco parla di ars, lo fa attribuendo al termine la valenza semantica di episteme. Proprio tale valenza teorico- speculativa gli permetterà di conciliare fra loro le tre diverse definizioni di estetica. Di fatto, laddove essa viene definita come ars pulchrae cogitandi, si vuole intendere con tale espressione un esercizio teorico speculativo che non è mai fine a se stesso, bensì è teso al raggiungimento della perfezione, la quale equivale appunto alla pulchritudo; le artes, dunque, non sono altro che il mezzo di cui l'estetica si serve per conseguire il suo scopo.

La teoria, cosi come il neologismo di Baumgarten ebbe presto rapida diffusione, instancabile divulgatore ne fu in primis Georg Friedrch Meier, che di egli fu amico, allievo e biografo. Tuttavia, se il conio del termine estetica da un lato ha sancito la secolare fortuna di Baumgarten, dall'altro ha gettato un velo sulle riflessioni del pensiero antico e medievale riguardo ai concetti di bello e di arte. Nella misura in cui si riconosce il 1750 come data convenzionale della nascita dell'estetica, necessariamente si è portati a guardare in altro modo tutto ciò che precedentemente è stato detto e scritto. Il rischio è quello di cadere in una sterile svalutazione delle epoche passate, che mal si addice a chi è, o perlomeno dovrebbe essere, dotato di criticità storica.

Pur essendo innegabili le innumerevoli differenze che separano la moderna concezione estetica, dalle riflessioni classiche e medievali sulla teoria del bello e dell'arte, differenze riconducibili non solo all'aspetto teoretico ma anche a quello sociale e culturale, tuttavia non sono sufficienti a negare che considerazioni di carattere estetico siano esistite anche in epoche precedenti al XVIII secolo. Quando, ad esempio, si parla di estetica nel pensiero di un uomo medievale, si dovrà necessariamente tener conto del contesto in cui tale uomo nasce, vive, della cultura attraverso cui esso si forma. Ciò non significa fare un uso anacronistico dei termini, ma semplicemente attribuirvi un'altra valenza, contestualmente all'epoca di cui si tratta.

Nella misura in cui, in epoca classica e medievale il concetto di arte è esteso a tal punto da comprendere non solo l'arte così come noi la intendiamo, ma ogni forma di artigianato o tecnica, è chiaro che la teoria dell'arte sarà innanzi tutto teoria del mestiere, finalizzata ad un fine utilitaristico. L'identificazione dell'estetico con l'artistico è propria dell'età idealistica e romantica; l'uomo medievale, non avrebbe mai potuto affermare che la costruzione di una casa, piuttosto che la scrittura di un poema, per quanto oggetti che rientrano nell'ambito dell'ars, tendessero ad un fine estetico, nonostante, indubbiamente, fossero contemplabili esteticamente.

In una cultura come quella medievale, in cui regna un'immagine del Cosmo come sistema gerarchizzato di cause e fini perfettamente in armonia fra loro, in cui ogni cosa esperibile è riflesso del Trascendente, in cui un filo diretto congiunge cielo e terra, non può trovar spazio una teoria estetica così come Baumgarten la concepì. Tuttavia, non riconoscere l'autonomia del prodotto artistico, rapportare costantemente l'oggetto contemplato al riflesso ontologico della virtù partecipante del Dio cristiano, così com'è proprio della cultura medievale, non significa essere scevri di un gusto estetico. D'altronde come ricorda Curtius, “L'uomo moderno sopravvaluta esageratamente l'arte perché ha perduto il senso della bellezza intelligibile che possedevano neoplatonismo e medioevo… Qui si tratta di una bellezza di cui l'estetica non ha nessuna idea”[1].

Pertanto, a dispetto di ciò che è stato affermato da tanti critici contemporanei, a mio avviso è innegabile il fascino della visione estetica medievale, che nonostante concentri l'attenzione su di una bellezza di stampo metafisico, non disdegnerà mai volgere lo sguardo, di tanto in tanto, anche alla bellezza sensibile, alla realtà della natura e dell'arte. Poiché, se spesso la cultura cristiana ha demonizzato il bello sensibile, l'oggetto artistico cosi come noi lo intendiamo, perché capace di distogliere l'attenzione del fedele dal metafisico, lo ha fatto con la consapevolezza di chi il bello lo conosce, lo apprezza e n'è esperto giudice: la stessa sensibilità artistica di molti uomini medievali funge a testimonianza.


[1] E.R., Curtius, Letteratura Europea e Medioevo latino, Firenze, 1992, cap. 12, par. 3.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>