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Scritto da nel Il Libro del Viaggiatore, Numero 23 - 1 Settembre 2007 | 0 commenti

Le Uova del drago

Capitò di tutto, in Sicilia. Capitò ogni cosa, nel periodo che corre dal 1943 al 1947. Ci capitò dentro una guerra, e ci capitò male. Fu perduta.[1]

A che romanzo può dar vita uno scrittore di destra, dotato di una conoscenza storica sconfinata, e di uno smodato amore per la Sicilia, sua terra di origine?

La risposta al quesito si perde nelle 287 pagine che compongono le Uova del Drago, un ostico romanzo storico dove Pietrangelo Buttafuoco, coerentemente al proprio cognome, sembra cospargere di benzina la Sicilia degli anni 40 e la Storia scritta dai vincitori.

Ricalcando un po' maldestramente alcune sfumature del Gattopardo, l'autore dipinge una terra, dove, secondo la citazione di Sciascia, nel Ventennio gli unici veri antifascisti in Sicilia, erano i mafiosi.

Ovvio, che una prospettiva di questo tipo, disturberà i lettori abituati ai canoni maggiormente convenzionali dettati dalla storiografia dominante e legati all'epopea della Liberazione, tuttavia, l'indiscusso merito dell'autore è quello, servendosi di un'inversione di paradigma, di disegnare l'altra storia, quella vissuta dagli sconfitti.

Resta comunque da sottolineare, come nella narrazione delle mirabolanti gesta di Eughenia Lenbach (una spia tedesca realmente operante nella II Guerra Mondiale), Buttafuoco si spinga un po' oltre al consentito, tessendo fiabesche lodi nei confronti della Vis guerriera germanica e araba: nell'intrico del romanzo trovano infatti posto, accanto alla tradizionale efficienza tedesca, anche undici misteriosi hashishin musulmani.

Il fastidio che si prova, leggendo di liberatores cialtroni e violenti che dettano la propria legge ai nuovi alleati, una volta cullati dall'Asse Berlino-Roma, è in parte mitigato da un intreccio avvincente, da una conoscenza dei fatti, anche minori, che rasenta la maniacalità, ed infine da uno stile narrativo sorprendente, dove la parola s'inserisce con rara maestria in frasi di largo respiro.

L'effetto che scaturisce dal romanzo è dunque molteplice e difforme: da un lato il disagio legato ad una prospettiva storica in larga misura inaccettabile, dall'altro, i meriti innegabili legati alla profonda conoscenza della materia narrata ed al modo avvincente di restituirla ai lettori.

Le Uova del Drago, come del resto il suo autore, risultano quindi difficilmente catalogabili, almeno per lo zeitgeist di un'epoca dove impera l'omologazione del gusto e i giudizi non possono divergere più di tanto dal comune sentire. In ultima analisi, se di fastidio si può parlare, quello provocato da Buttafuoco è un particolare tipo di fastidio, salutare come l'antipatia che si prova d'innanzi ad un interlocutore ironico e pungente, che di certo colpisce senza lasciare indifferenti.


[1] P. Buttafuoco, Le uova del drago, p.11

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