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Scritto da nel Numero 23 - 1 Settembre 2007, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Mister D

Lo vide, seduto sulla riva del fiume, ma era come se stesse davanti al mare, al lago o al deserto, o seduto nella propria veranda, nella terrazza di casa propria. Al signor Q non parve affatto la prima volta. Stava comodo all'interno della propria figura, il vecchio Mister D, che poi davvero vecchio non era. Ma si dice così ai cari amici, i nostri cari vecchi amici, quelli che sembra ci siano sempre stati e che si fa fatica a ricordare di quando non ci si conosceva ancora.

Il signor Q sorrise dietro alla smorfia della fatica che aveva fatto per arrivare fin lì. Era in viaggio da tempo, da quando lo abbiamo conosciuto perlomeno, e si trovò a suo agio di fronte a quella figura sostanzialmente immobile, ineffabile come un totem.

- Attende il cadavere di un suo nemico? – esordì indirizzando la propria voce verso il desiderio di comunicare qualcosa di significativo. Mister D non rispose subito e mentre il signor Q si avvicinava all'acqua per rinfrescarsi lo vide finalmente in viso. La schiena diritta, come si confà ad una vera e propria D, il ventre ed il cranio imponenti e protesi in avanti, la bocca semiaperta e sorridente che sotto agli occhi chiusi emetteva il ronfo di un pomeridiano sonnellino.

Non si azzardò a parlare di nuovo, risciacquandosi le braccia e la testa nella fresca acqua del fiume, e mentre vide i pesciolini guizzare pensò che avrebbe potuto sedersi lì a pescare fino a quando non sarebbe riuscito anche lui ad addormentarsi.

- Siediti, che se neanche tu hai qualche vendetta da consumare fredda – sentenziò Mister D – potrai accontentarti di questi freschi freschi pesciolini.

Fu così che si sedettero fianco a fianco e cominciarono a sgranocchiare quei pesciolini, i pistacchi ed i semi di zucca, bevande e vinello.

Dopo le prime chiacchiere sul tempo e lo spazio, da dove vieni e dove vai, il calcio e la politica, infine parlarono di donne. Il signor Q pensava di averne da raccontare tante, dopo aver conosciuto le streghe nel bosco. Mister D sapeva di averne poche, ma quella che aveva gli bastava. D'altronde stando sempre seduto lì a guardare il mondo, il suo mondo, non avrebbe potuto aspettarsi di trovare più di una donna, la sua donna. E gliela presentò, al suo amico Q.

Misses C uscì da dietro l'albero, ma era come se fosse uscita dal proprio bagno, dalla cucina, da sotto a una cascata, da un album di fotografie. Sorridente si presentò.

Quando il signor Q la vide appoggiarsi al suo uomo capì molti perché. Le forme si accomodavano, sia quando gli si coricava sul ventre e le forme combaciando alla perfezione li confondevano, che quando lo abbracciava dietro raddoppiandolo e moltiplicandosi. Ecco perché erano felici: avevano tutto, entrambi, e stavano bene lì dove stavano.

Si erano trovati chissà quando e chissà come, forse erano sempre stati insieme o addirittura una volta erano addirittura la stessa cosa, tanto che da quel punto era il mondo stesso a chiedere il permesso di generarsi. Chissà che cosa avrebbero combinato i piccoli, di quelle forme e di quel mondo, quando sarebbero nati. Sempre che non lo fossero già. Avrebbero avuto tutto, come il piccolo O d'altronde, e sarebbero partiti anche loro.

Il signor Q li guardò con affetto filiale mentre i due lo guardavano complici. Si sentì al sicuro, a casa, e si coricò sulle rive del fiume, ma era come se stesse davanti al mare, al lago o al deserto, o seduto nella propria veranda, nella terrazza di casa propria.

Finalmente si riposò e poté sognare.

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