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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 23 - 1 Settembre 2007 | 0 commenti

Venerati maestri

La leggenda narra, che quando De Michelis propose al giovane Massimo Cacciari di entrare nelle fila del Psi, il filosofo dalla folta barba abbia motivato il proprio diniego spiegando che fortunatamente era già ricco di famiglia.

Questo aneddoto è contenuto nell'ultimo libro di Edmondo Berselli, Venerati Maestri, operetta immorale sugli intelligenti d'Italia. L'analisi sociologica a cui l'autore sottopone l'intellighenzia italiana è spietata, il paradigma di Alberto Arbasino nelle mani del saggista modenese è più tagliente del rasoio di Ockham: In Italia c'è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di bella promessa a quella di solito stronzo. Soltanto a pochi fortunati l'età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro. Inutile aggiungere che per Berselli, i venerati maestri sono in via d'estinzione, mentre assistiamo ad una preoccupante proliferazione degli appartenenti al secondo stadio. A questo pessimismo, si potrebbe facilmente obbiettare che la storia non è finita nonostante la previsione di Fukuyama, la poesia ha continuato ad esistere in barba alle alte speculazioni di Adorno, ed è quindi molto probabile, con buona pace dell'autore, che i venerati maestri continueranno a nascere. Tuttavia, questa consolante considerazione storica, non riesce interamente a riabilitare i veri bersagli dell'acuta ironia che sferza le 207 pagine del saggio: la tentazione, perenne, sobillina e inconfessabile di avvallare il giudizio formulato dal ragionier Fantozzi in merito ad Ejzenstejn ed al suo capolavoro. Poco importa se nella contemporaneità il regista russo è stato sostituito nell'immaginario collettivo dal più incomprensibile e criptico esoterismo di Battiato, dal Benigni di Pinocchio o dagli scritti a puntate di Baricco: i discepoli non hanno più il coraggio, o il parametro estetico per ribellarsi.

Nello svolgimento intellettuale di questa querelle, Berselli usa il proprio giudizio personale come parametro universalmente valido, peccando forse d'onniscienza, tuttavia, nonostante il determinismo insito in questo procedimento generalizzante, è innegabile il coraggio che contraddistingue l'autore nell'atto di scegliere i propri “nemici”: da Benigni a Camilleri, sfiorando Eco, nessuno degli intoccabili viene risparmiato da una vena ironica che trova nella superficialità del presente una linfa ininterrotta.

Si può forse concludere, sostenendo con l'autore che se i venerati maestri sono una categoria in via d'estinzione, di venerabili studenti non se ne contano certo di più; ma di questo passo si potrebbe finire col prendersela con le mezze stagioni, senza dare il giusto peso alla banale considerazione che la voce del ricordo rende tutto più bello, anche i maestri di trent'anni fa…

Forse, esiste una genia di illuminati precettori, che stanchi del frastuono circense che ammanta la cultura italiana, ha preferito socraticamente ritirarsi in case appartate per impartire ai nuovi platoni i frutti che germoglieranno tra qualche decennio; ma forse questa è soltanto la risposta fiduciosa di quanti non si rassegnano agli innumerevoli punti di contatto che legano la realtà al pessimismo berselliano.

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