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Scritto da nel Economia e Politica, Numero 27 - 1 Novembre 2007 | 0 commenti

Adunanza o finanza?

Alcuni giorni fa, Ronald Spogli, ambasciatore americano a Roma, ha definito inaccettabili i danni economici che la fiorente industria del copyright made in Usa, è costretta a patire a causa della pirateria informatica italiana. Durante questo simposio italo-statunitense, il Ministro degli Esteri Massimo D'Alema, ha precisato che l'Italia è fortemente impegnata per rilanciare l'azione di contrasto a questo fenomeno largamente diffuso, che porterebbe, secondo le stime, ad un giro d'affari valutato intorno ai 180 miliardi di dollari a livello mondiale. La tesi avanzata con fermezza dall'Ambasciatore, è che nonostante le ottime leggi italiane in merito alla tutela legale del copyright, gli organi inquirenti considerino questa fattispecie criminosa come una violazione secondaria, su cui non spendere troppe energie.

Si potrebbe obbiettare, con un po' di campanilismo, che mentre in Italia un qualsiasi utente, duplica, ad esempio, un prodotto sfornato dall'industria hollywoodiana dei sogni, la California produce l'imbevibile chianti della Napa Valley, danneggiando indirettamente la fiorente produzione vinicola toscana. Tuttavia, tralasciando l'ironia che accompagna le questioni di campanile, è facile prevedere come il richiamo ufficiale di Spogli, coadiuvato dal parere della Farnesina, provocherà contingenti ripercussioni sui numerosi utenti dei programmi di file-sharing.

Lo scambio tramite internet di foto, filmati o musica, è un fenomeno che interessa trasversalmente la società italiana, ed in questo caso, al contrario della contraffazione dei beni materiali, la duplicazione di un prodotto dell'ingegno, nulla toglie alle qualità costitutive del prodotto stesso: mentre un bene posizionale, come ad esempio una borsa griffata, deve all'esclusività, al prezzo e quindi, in ultima analisi, all'originalità stessa il proprio valore, la riproduzione di un qualsiasi copyright artistico permette di conservare inalterate le qualità dell'originale. Da questo motivo, segue logicamente l'enorme successo dei programmi di file-sharing, e l'ovvietà dell'assunto secondo cui, un qualsiasi utente che decida di ascoltare una canzone o di vedere un film, preferisca farlo gratuitamente seduto sulla poltrona di casa, piuttosto che mettersi alla ricerca di un costoso dvd. Tuttavia, è utile ricordare come la Legge 128 del 21 maggio 2004, ovvero la cosiddetta Legge Urbani, insieme alle difficoltà interpretative legate all'utilizzo dell'ambigua locuzione “per trarne profitto”, abbia sancito, secondo diverse interpretazioni, la rilevanza penale di questo comportamento di scambio, su cui si basano ormai tutti i programmi di condivisione.

Ad oggi, non si conoscono in Italia condanne per uso personale di file audio-video, tuttavia è facile scommettere che il richiamo del grande partner economico non cadrà inascoltato: a breve, Urbani docet, le restrizioni promesse dal Ministro degli Esteri a Ronald Spogli, colpiranno nel loro privato numerosi pirati.

Sperando di sbagliare previsione, non mi resta che augurare ai numerosi navigatori di internet, che non cambi il vento…

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