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Scritto da nel Internazionale, Numero 28 - 16 Novembre 2007 | 0 commenti

Le speranze del pavone birmano

Grande sdegno nel mondo ha provocato la repressione nel sangue delle manifestazioni di settembre dei monaci buddisti per mano della feroce dittatura del Myanmar (ex Birmania). Questa volta la ricaduta mediatica è stata colossale ma in realtà non è successo niente di nuovo rispetto agli ultimi venti anni: si sono riconfermate le incredibili violazioni dei diritti umani da parte dei militari e le drammatiche condizioni di povertà di buona parte della popolazione e minoranze etniche; l'opposizione al regime tagliata fuori e repressa nel sangue; schiere di detenuti politici, tra tutti, il Premio Nobel per la Pace nel 1991 Aung San Suu Kyi[1].

E' dalla Rivolta 8888 dell'agosto 1988 che le insurrezioni nazionali da parte di monaci, studenti e civili si susseguono, e che vengono sistematicamente represse nel sangue dal Tatmadaw, le forze armate birmane; alcune hanno fatto scalpore e impressionato il mondo, altre sono state del tutto ignorate.

Un po' di storia: era il 1990 quando, dopo trenta anni di dittatura e sulla spinta delle rivolte di piazza, il regime militare concesse libere elezioni nelle quali trionfò la Lega Nazionale per la Democrazia guidata da Aung San Suu Kyi, figlia dell'eroe nazionale dell'indipendenza Aung San, conquistando 392 seggi parlamentari su un totale di 492. Il risultato venne però invalidato dai militari, sopprimendo le flebili speranze di libertà nella popolazione.

E' cronaca del settembre scorso le nuove manifestazioni guidate dai monaci contro il regime.

Lo scalpore mediatico per l'evento ha innescato questa volta una serie di decise iniziative da parte della diplomazia internazionale: le Nazioni Unite hanno affidato l'incarico a Ibrahim Gambari come rappresentante del Segretariato Generale in Myanmar. Ma anche l'Unione Europea si è mossa: l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri UE Solana, ha nominato Piero Fassino inviato speciale in Birmania. L'intenzione è quella di promuovere un gruppo di contatto tra i paesi e organizzazioni con interessi nell'area.

La situazione è complessa, gli attori in gioco sono tanti e i rispettivi interessi sono talvolta contrastanti. Cercherò di sintetizzare gli aspetti salienti in una brevissima analisi.

- Paesi confinanti:

I rapporti tra Myanmar e paesi confinanti sul fronte orientale è caratterizzato dalla presenza di 540 mila rifugiati ufficiali lungo i confini, causata dall'offensiva del Tatmadaw contro gruppi etnici intransigenti avversi al Governo. Le minoranze subiscono violenze, repressioni e trasferimenti coatti dalle zone di origine. In particolare la Tailandia offre asilo ai rifugiati di etnia Karen coprendo le attività di ribelli anti-regime, anche se la maggior parte dei gruppi armati ha siglato accordi di cessate il fuoco con il Governo.

Con l'India esiste invece una stretta collaborazione tesa alla repressione dei gruppi separatisti del Nagaland indiano e del Fronte di Liberazione dell'Assam (ULFA). In Bangladesh sono invece presenti campi di rifugiati di religione musulmana di etnia Rohingya fuggiti dal Rakhine, stato occidentale della Birmania.

- L'ASEAN:

Sono dieci i Paesi[2] che aderiscono all'Associazione delle Nazioni dell'Asia Sud-Orientale, il cui scopo è di fornire assistenza agli stati membri e promuovere la cooperazione con l'obiettivo di accelerare in modo omogeneo lo sviluppo economico e favorire la stabilità politica. E proprio il Myanmar (assieme alla Tailandia) è un tasto dolente per l'associazione: uno dei principi fondamentali è infatti la non interferenza negli affari di politica interna dei membri. La crisi birmana, la violazione dei diritti umani e l'emergenza profughi in particolare, non può però rappresentare un problema di sola politica interna del Myanmar, ma una minaccia per la stabilità etnica, politica ed economica dell'intera area. L'ASEAN deve quindi indubbiamente essere uno degli interlocutori privilegiati nelle trattative dell'ONU e UE.

- Le multinazionali:

Il livello generale di vita molto basso è sintomo di un'economia malata e mal gestita dal Regime, nonostante la Birmania sia un paese ricco di risorse: pietre preziose, terreni fertili, silvicoltura (primo fornitore al mondo di teak) e soprattutto giacimenti petroliferi e di gas prevalentemente in mare. Non sono quindi da trascurare gli interessi delle multinazionali in loco, su tutti la francese Total, tra i principali partner della Giunta e per questo accusata di favoreggiamento per crimini contro l'umanità[3]. Sono numerosissime le aziende straniere che hanno investito in Birmania approfittando del vantaggio competitivo derivante dallo sfruttamento del lavoro minorile e lavoro mal pagato; per questo godono di un rapporto privilegiato con il Regime attraverso il potentissimo Trade Policy Council, un comitato extraministeriale che definisce le politiche commerciali dell'intero paese, ma, allo stesso tempo, sono iscritte nella lista nera predisposta dalle organizzazioni sindacali internazionali.

- Il Tatmadaw:

A sorpresa, in base agli sviluppi degli ultimi giorni, l'indispensabile interlocutore per le trattative sembra essere proprio l'Esercito, il nemico a capo di un regime aspramente isolato (e condannato) sia da Stati Uniti che Unione Europea anche con sanzioni economiche (soprattutto da parte statunitense). La Giunta ha infatti espresso apertamente la volontà di favorire una riconciliazione nazionale mediando in modo serio con Aung San Suu Kyi, che pare abbia accolto positivamente gli sforzi diplomatici, anche se con realistico pessimismo per futuri accordi.

Il Myanmar è un paese economicamente allo sbando: una delle nazioni più povere al mondo a causa di embarghi, ma, soprattutto, vittima di una controproducente liberalizzazione dell'economia dopo decenni di una fallimentare Via Birmana al Socialismo adottata dal Regime. Il prodotto interno lordo nel 2006 era del 3%[4] (rispetto al 4% medio dell'ASEAN). Tra i maggiori produttori mondiali di riso, è però la coltivazione dell'oppio il vero business: secondo produttore al mondo con 40 mila ettari coltivati nel 2005 (con un incremento del 10% rispetto all'anno precedente)[5]. Ma la Birmania è anche al centro di traffici illegali di persone con la Cina, in particolare donne e bambini destinati alla prostituzione e schiavitù.

Il problema per la giunta militare è il rischio di destabilizzazione che può provenire dall'esterno: per questo il sistema economico tende ad essere il più chiuso possibile, capace di mantenere lo status quo, garantendo la realizzazione e il mantenimento di infrastrutture di base ma senza dare il via ad un vero e proprio moderno processo di industrializzazione, così come si è verificato o si sta verificando in tutto il Sud-Est asiatico.

Nel corso degli anni più volte è sembrato che la situazione in Birmania fosse ad una svolta, ma pressioni e trattative non hanno mai avuto successo. Il Regime dei militari rimane, apparentemente sempre più debole, ma rimane. Gambari, Fassino e la delegazione statunitense avranno da lavorare. Nel frattempo dilaga il pessimismo nella popolazione birmana che inneggia, sempre più a bassa voce, alla libertà e democrazia.

Per saperne di più si consiglia:
- ASEAN –
- Thailand Burma Border Consortium – http://www.tbbc.org/
Sugli scontri dell'8 agosto 1988 http://it.youtube.com


[1] http://nobelprize.org

[2] Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore e Tailandia sono i Paesi fondatori; altri aderenti in un secondo momento: Myanmar, Brunei, Cambogia, Laos e Vietnam, più Paesi osservatori e partner esterni.

[3] Si consiglia il seguente articolo:

[4] CIA-The World FactBook

[5] ibidem

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