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Scritto da nel Numero 28 - 16 Novembre 2007, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Ora dico un poesia

Mentre nelle scorse settimane i giornali ci annoiavano con il teatrino della politica ed i soliti fatti di cronaca nera, come sempre accompagnati da dettagli carnascialeschi tipici del grand guignol, una notizia di portata epocale veniva colpevolmente taciuta.

Finalmente, dopo anni di velata sudditanza culturale, anche la destra italiana non dovrà più ricorrere ai fraintendimenti di Nietzsche o Evola, e non dovrà nemmeno rivendicare macabramente un Lucio Battisti post mortem, da anteporre ai grandi poeti e cantastorie della musica italiana, tradizionalmente di sinistra: De Andrè su tutti, ma anche Gaber, Guccini e De Gregori, solo per citarne alcuni. Questo innegabile rapporto preferenziale della Sinistra con la cultura del tempo, se da un lato ha potuto influenzare negativamente la spocchia dei militanti (la presunta ed aprioristica superiorità morale), dall'altro, grazie al sedimentarsi delle qualità individuali all'interno di un sistema inclusivo, ha saputo egemonizzare quasi tutti gli ambiti artistici: sotto il medesimo vessillo erano robustamente schierati Fellini, Monicelli e Ferrreri, Calvino, Vittorini e Fo, mentre come contraltare si percepiva soltanto il rumore del Bagaglino, e al più, di qualche giovane scrittore in vena di revisionismi.

Ma oggi, grazie alla forma che un “giovane” poeta di destra ha saputo infondere ai propri versi, un nuovo vento si è infranto contro la nostra penisola, :

“Viviamo assieme/ questa irripetibile esperienza/ con passione politica/ autentica/ con animo casto/ e con la sorpresa/ dell'amicizia. Ci mancheremo/ quando verrà il tempo nuovo/ e ci rispecchieremo finalmente/ l'uno nell'altro. E ci mancherà/ anche quello che non/ abbiamo mai vissuto assieme/ fra i banchi della scuola/ dell'adolescenza inquieta e nell'età in cui non si ama. La mia fede/ è la tenerezza dei tuoi sguardi. La tua fede/ è nelle parole che cerco.


Questa mirabilie composizione, dove le armoniose sonorità della lingua classica, si fondano senza difficoltà su scelte metriche e sintattiche degne delle migliori avanguardie, è stata dedicata da Sandro Bondi al suo vice Cicchitto in occasione del compleanno di quest'ultimo.

Tuttavia, alcune difficoltà lessicali e semiotiche ne rendono ardua la genuina interpretazione: ad esempio, resta un dilemma insolubile per la modesta portata della ratio umana, intendere il significato riposto del verso che allude alla tenerezza dei tuoi sguardi. Tuttavia, accanto alle difficoltà che da sempre accompagnano il lettore di poesie, si possono rinvenire alcune perle sapientemente incastonate nel componimento: qualcuno è stato forse così superficiale da non rinvenire nel rimpianto per non avere mai vissuto assieme fra i banchi della scuola, un inconfondibile eco pascoliano? In questa poesia è sapientemente racchiusa l'inquietudine dell'Infinito (il tempo nuovo che verrà), la nostalgia di Silvia (ci mancherà quello che non abbiamo mai vissuto assieme), ma traspare anche l'attesa mista a speranza che permea il Sabato del Villaggio.

In ultima analisi, un capolavoro con cui l'intellighenzia italiana non potrà non misurarsi.

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