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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 30 - 16 Dicembre 2007 | 0 commenti

Le castronerie di un odontotecnico finanz…iato.

Le castronerie di un odontotecnico finanz…iato.

«Finora non ho mai sentito il bisogno di andare in televisione a trasmettere le mie sensazioni», esordisce così Stefano Ricucci nell'intervista di Enrico Mentana durante la trasmissione Matrix del 22 giugno 2007. Con franchezza solo pochi irriducibili sono ancora interessati alle sensazioni, molti, invece, chiedono informazioni e spiegazioni che però sono messe sempre più sotto il tappeto, tutti, comunque, non vogliono più sentire delle castronerie da chi veniva spacciato solo pochi anni fa l'enfant prodige del capitalismo capitolino. E infatti bastano solo pochi minuti davanti alla tv per capire che Ricucci ha intenzione di non vagheggiare sulle sue sensazioni, ma piuttosto di regalare al pubblico alcune perle di finanza aziendale, e poco importa se è lui stesso a confondere che più che un grande imprenditore o finanziere è stato un odontotecnico finanziato in modo fin troppo generoso.
Il primo principio dettato da Ricucci stravolge davvero i classici dettami della teoria finanziaria. «
Nelle operazioni che ho fatto dal 2000 in poi ho sempre creato valore per tutti gli azionisti, in qualsiasi operazione mobiliare e immobiliare», afferma con convinzione e assoluta nonchalance la star emergente del mondo finanziario. Stando al modello di Modigliani e Miller, pubblicato nel 1958 nell'articolo “The Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of Investment” che aprì la strada al filone di studi sulla creazione di valore nelle imprese, il valore di mercato è determinato nella parte sinistra del bilancio dalle attività reali e non dipende dall'utile contabile, né dalla politica dei dividendi, né dalla combinazione delle fonti di finanziamento usate dall'impresa. Il valore di un'impresa che incrementa il valore degli azionisti si crea dal lato delle attività reali e, dunque, dalla capacità di selezionare gli investimenti che rendono più di quanto costano (in gergo, “investimenti a van positivo”). Che la struttura finanziaria dell'impresa non influenza il valore dell'impresa è vero sotto l'ipotesi poco realistica che le imprese e gli individui possono dare e prendere a prestito allo stesso tasso di interesse privo di rischio. Da aggiungere che i CFO (Chief Financial Officer) trovano l'opportunità di creare valore anche dal lato delle passività solo introducendo una struttura finanziaria sbilanciata verso il capitale di debito i cui interessi sono deducibili ai fini fiscali, consentendo un risparmio di imposte e un aumento del valore degli azionisti. Fino ad ora, però, mai nessuno ha pensato di creare valore solo attraverso la compravendita di titoli sul mercato e offrire così “pasti gratis” a tutti gli azionisti.
Il secondo principio, invece, è in linea con la
main stream che negli ultimi secoli si è andata progressivamente affermando secondo cui, sempre prendendo in prestito le parole di Ricucci, «quando un imprenditore ottiene un finanziamento dalla banca vuol dire che l'imprenditore merita quel credito». Questa corrente di pensiero è in voga soprattutto nei paesi con dei sistemi economici orientati alle banche, ma ha ribaltato il fine ultimo per cui sono nate la banche moderne e l'auspicabile funzionamento della concessione del credito. Le banche nascono all'inizio del 1400, si chiamavano Monti di Pietà, davano i soldi ai poveri e a chi aveva difficoltà. I ricchi non hanno bisogno di soldi, però la banca elargisce quasi sempre solo a loro: ne possono avere il diritto alla stregua di qualsiasi altra persona, ma non per questo si può dedurre che essi lo meritano sempre. Chi ha un'idea imprenditoriale si meriterebbe un credito e invece nella maggior parte dei casi gli viene comprata per il fatto che la banca non concede dei prestiti per mancanza di garanzie reali. La banca deve diventare oggi un'impresa, dove le garanzie reali sono solo una base, in grado di rischiare sulle idee e sui progetti di chi si merita un credito.
Verso la fine dell'intervista, nello studio Mediaset di Matrix si infonde lo spirito marzulliano e alla domanda retorica di Mentana “chi c'è dietro Ricucci?” l'intervistato risponde con sarcasmo: «
dietro di me c'è Stefano Ricucci». Si fanno nomi di editori, banchieri e politici, ma certamente non c'è qualcuno che conosce le basi fondamentali della finanza d'impresa, da non confondere con la finanza personale che invece ha permesso all'odontotecnico di San Cesareo di fare ingenti fortune attraverso copiosi crediti bancari, movimentazioni di borsa e qualche più che sospettabile gioco di prestigio. D'altronde chi sarebbe disposto a stare dietro a uno che davanti a milioni di spettatori si chiede ancora «dove sono le scalate e scalate di chi?» e afferma che «nel mondo finanziario la parola concerto non l'avevo mai capita»?

Potete ascoltare l'intera intervista di Enrico Mentana a Stefano Ricucci cliccando qui. Divertimento assicurato!

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