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Scritto da nel Numero 31 - 16 Gennaio 2008, Scienza | 0 commenti

Corsi e ricorsi cosmici

Sono la manifestazione di potenza più colossale che si conosca nell’ universo, stiamo parlando delle Supernovae, esplosioni apocalittiche in grado di liberare una quantità di energia inimmaginabile. Questi fenomeni hanno origine stellare e si possono suddividere in due tipi.

Nel primo caso, da due stelle che formano un sistema binario, la più grande si evolve più rapidamente e comincia a cedere materia alla compagna minore che, col tempo, diventa quella con massa maggiore. Come in un ping pong cosmico, c’ è un nuovo passaggio di materia fra i due astri, ma ora l’ ex sorella maggiore, composta quasi esclusivamente di carbonio, non regge il flusso di materia dalla compagna e, dopo essersi coperta di uno strato gassoso di idrogeno, superato un certo limite, pari a 1,4 masse solari, esplode con una violenza inaudita.

Il secondo tipo di supernova si origina da astri con dimensioni tali da far impallidire il Sole, la loro massa può essere fino a venti volte superiore a quella della nostra stella. Ma la loro grandezza è proprio la causa della loro rovina, infatti se una stella tutto sommato media come il Sole ha un’ aspettativa di vita di circa 10 miliardi di anni, per questi ciclopi cosmici le cosa vanno diversamente visto che non sopravvivono più di qualche decina di milioni di anni, sempre un’ enormità su scala umana, ma un’ inezia a livello astronomico.

Come tutte le stelle, anche questi colossi, devono la loro esistenza all’ equilibrio che viene mantenuto fra le reazioni termonucleari che avvengono nel nucleo e la pressione esterna, dovuta alla forza gravitazionale, che tende a portare l’ astro a collassare su sé stesso.

A causa delle sue dimensioni, la pressione all’ interno di questo tipo di stella, tende a salire enormemente e la temperatura nel nucleo arriva ai 100 milioni di gradi, dieci volte quella del Sole. Questo calore inimmaginabile innesca delle reazioni che portano a fondere gli atomi di idrogeno ed elio, i due elementi chiave nel funzionamento del motore stellare, trasformandoli in elementi più pesanti come carbonio, ossigeno, magnesio, azoto.

Ad un certo punto si cominciano a formare atomi di ferro, ed è l’ inizio della fine. La fusione di questo elemento infatti invece che produrre energia, ne assorbe. Le reazioni interne che tenevano accesa la caldaia della stella di bloccano improvvisamente e l’ astro, perduto il suo equilibrio, crolla su se stesso liberando una quantità di energia enorme.

La violenza dell’ esplosione scaglia nello spazio il materiale stellare, ricco di elementi chimici, che mescolandosi a nubi di gas e polvere interstellare, finirà per dare origine a nuove stelle, pianeti e galassie. Il nostro sistema solare si è formato in questo modo e la materia che lo compone, noi compresi, si è forgiata all’ interno di qualche gigantesca stella esplosa miliardi di anni fa.

Ma cosa resta di questi astri titanici, dopo un simile evento, distruttivo ma di importanza fondamentale per l’ evoluzione dell’ universo?

Quasi per una legge di contrappasso, di un stella di dimensioni colossali non rimane che un piccolo corpo con un diametro di una decina di chilometri, una stella di neutroni. La pressione terrificante che ha fatto collassare la stella, ha sbriciolato persino gli atomi, facendo crollare gli elettroni sul nucleo, dove si sono annullati reciprocamente con i protoni.

Il piccolo astro è così composto quasi esclusivamente di neutroni, che formano una materia sconosciuta sulla Terra e di densità incredibile, un centimetro cubo di questo materiale sul nostro pianeta avrebbe un peso di 100 milioni di tonnellate.

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