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Scritto da nel Internazionale, Numero 32 - 1 Febbraio 2008 | 2 commenti

Hollywood: Writers on Strike

“Quello che non riesco a capire è che uno si impadronisca completamente di un’opera, un buon romanzo che l’autore ha impiegato tre o quattro anni per scrivere e che è tutta la sua vita. Prendono il libro, lo manipolano per bene, si circondano di artigiani e tecnici quotati e si ritrovano candidati all’Oscar, mentre l’autore si dissolve nello sfondo.”

                                                                                   Alfred Hitchcock

                              (da "Il Cinema secondo Hitchcock" di Francois Truffaut)

 

E’ un tiro alla fune dagli effetti devastanti quello che ha bloccato il magico mondo di Hollywood: da una parte l’associazione degli sceneggiatori (WGA), dall’altra l’AMPTP che rappresenta le potentissime Major e case di distribuzione. Una guerra che ha messo in crisi un intero sistema, con sospensioni di molti TV Show, causa assenza copioni, dal Jay Leno al David Letterman, e rinvii nelle produzioni cinematografiche, fino a giungere all’eclatante cancellazione della cerimonia dei Golden Globes: un’asettica premiazione priva di red carpet, con gravi perdite per la rete NBC che ne detiene i diritti di trasmissione.

La materia del contendere è il rinnovo del contratto degli autori, scaduto lo scorso ottobre, con particolare riferimento alle percentuali dei diritti sui programmi distribuiti in Internet e vendita di Cd e DVD. Gli sceneggiatori hanno infatti percepito finora “meno di 1/3 di penny per ogni dollaro guadagnato” dalle major con la distribuzione nel mercato digitale e vendita di DVD, cifra considerata dalla categoria assolutamente insufficiente e soprattutto ingiusta, visto gli enormi profitti conseguiti dalle case di produzione. Ma l’irremovibile posizione dell’AMPTP ha portato la situazione al collasso, coinvolgendo nello sciopero anche attori e stelle di prima grandezza solidali con gli sceneggiatori. Le reazioni sono state eclatanti, alcune al limite della legalità, con il licenziamento di interi cast di serie televisive.

Alla base delle ragioni che muovono la protesta, c’è innanzitutto il sentimento di frustrazione provato dagli autori: gli scripts sono una parte essenziale di un film o di uno show, il vero e proprio principio primo, eppure agli sceneggiatori non è riconosciuto il giusto merito. In ambito cinematografico, il primo passo per la produzione di un film è proprio l’ottenimento dei diritti su una storia, punto di partenza indispensabile e cruciale. E proprio in base alla storia e alle sue potenzialità, viene ricamato attorno al testo un progetto ampio ed articolato, con lo stanziamento di risorse da parte dei produttori.

Il danno inferto dagli scioperanti all’industria hollywoodiana è enorme, ma si cominciano ad intravedere le prime falle all’interno del sindacato, con accordi ad hoc, come per il David Letterman Show. Le preoccupazioni sono ora concentrate sulla magica serata degli Oscar che potrebbe fare la stessa fine dei Golden Globes; a Los Angeles tutti auspicano, più che la soluzione della vertenza contrattuale (difficile), una tregua che consenta lo svolgersi della tradizionale pomposa, e lucrosa, cerimonia: il rischio è l’assenza delle star, in supporto ai colleghi scioperanti, ed uno show, condotto dal comico Jon Stewart, privo di battute. Una vera e propria rovina per l’Academy.

Con il passare dei mesi i network sono comunque corsi al riparo, dimostrando tutto sommato di poter fare a meno dei copioni: il proliferare di improvvisati reality show ha sopperito la latitanza dei writers (Film L.A. ha stimato una quota del 44% per i reality sul totale della produzione televisiva).

 

Negli ultimi giorni sembra ci sia qualche nuovo spiraglio per un accordo, sull’onda del recente successo del sindacato dei registi relativo proprio ad un ridimensionamento delle percentuali di diritti di sfruttamento su internet, e primi interim agreement tra WGA e le case Marvel Studios, Lionsgate e RKO.

Si ha comunque l’impressione che lo sciopero, seppur lungo e dagli effetti economici negativi, non sia stato in grado di infierire sulla salute economica degli studios in modo incisivo, ribadendo lo scarso potere contrattuale degli sceneggiatori e la solidità economica delle grandi case di produzione. Proteste e manifestazioni eclatanti ma, evidentemente, non sufficienti a scalfire le posizioni delle irremovibili Major.

 

2 Commenti

  1. bella la farse di Hitchcock riportata all'inzio, ma non so fino a che punto questa calzi a pennello con il problema qui riportato.
    spesso un film si basa su un libro che è preso e riadattato dallo scenggiatore stesso. In questo caso lo sceneggiatore è paragonabile più all'artigiano o tecnico quotato che all'autore dimenticato nello sfondo. in altri casi invece gli scenggiatori sono loro stessi i primi autori. in questo caso non credo che il loro ruolo sia messo in secondo piano (per lo meno da un punto di vista di reputazione, monetario non saprei). la sceneggiatura è considerata tuttora uno dei pnuti chiavi per avere delle informazioni sulla qualità dell'opera ancora prima di averla vista. Kaufman, Flaiano, Pasolini, Steinbeck, Greene, Guerra, Zavattini, sono stati tutti sceneggiatori indimenticabili e non dimenticati.
    potremmo quindi classificare sceneggiatori e film in due filoni: quelli da serieA e quelli da serie B. comunque mi sembra che l'articolo sollevi un problema in merito alla proprietà intellettuale..diritti di proprietà dovrebbero esistere per garantire una remunerazione dell'autore dell'opera o di chi producendola e distribuendola si assume direttamente il rischio del loro successo/fallimento.
    in altre parole, è più giusto che gli sceneggiatorio vengano retribuiti su base contrattuale (pagamento per prestazione lavorativa), o secondo i principi della proprietà intellettuale. questo è un problema di allocazione del rischio: nel primo caso lo sceneggiatore ha una rendita certa stipulata nel contratto, nel secondo invece gli sceneggiatori hanno rendite variabili: potrebbero avere profitti maggiori o minori che dipendono dal successo o fallimento del film.
    sarebbe tuttavia sbagliato pensare che il successo di un film dipenda solo dallo scenggiatore. quanto il successo di un lavoro dipende dalla sua qualità (e quindi dallo sceneggiatore) e quanto dalle operazioni di marketing e distribuzione (e quindi dal produttore)? probabilemnte rispondendo a questa domanda si avrà un suggerimento su chi abbia un maggiore diritto ai profitti in questione.
    forse, potrebbe essere più appropriato ricorrere alla soluzione legale contrattualista piuttiosto che a quella proprietaria in base alla qualità dello sceneggiatore, di serie A o di serie B.

  2. Sono innumerevoli gli studi che hanno cercato di spiegare quali variabili incidono maggiormente sul successo di un film (anche se qui dobbiamo decidere cosa si intende per successo: commerciale o artistico?). Nel 2005 Ramesh Sharda, della Oklahoma State University, elaborò addirittura un software in grado di predire la performance commerciale di un film (gli studi vennero pubblicati dalla rivista Expert Systems With Applications).
    La politica di distribuzione, ovvero il numero di sale in cui il film viene distribuito, rimane comunque in assoluto il fattore critico di successo, in particolare il numero di schermi in cui il film debutta; si tratta quindi di una variabile assolutamente strategica legata al marketing.
    Una minore incidenza per il “fattore artistico ed umano” espresso da critica e premi assegnati, e qui rientra la sceneggiatura.
    Io sono convinto che un blockbuster, per essere tale, ha la necessità di una grande campagna di marketing…rimane comunque il fatto che i grandi successi cinematografici, per pubblico e critica, hanno generalmente saputo unire in modo sapiente massicce campagne pubblicitarie e di marketing a validi aspetti artistici ed innovativi nell'elaborazione espressiva (e qui ovviamente anche la sceneggiatura ha avuto il suo peso).

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