Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Internazionale, Numero 33 - 16 Febbraio 2008 | 0 commenti

Dopo le elezioni: quale futuro per la Serbia?

La vittoria del filo-occidentale Boris Tadic alle elezioni presidenziali serbe di inizio febbraio, ha dato un po' più di sicurezza alla preoccupatissima Europa, sollevata dalla sventata minaccia della presidenza al nazionalista filo-russo Nikolic. I problemi sono però tuttaltro che risolti e, con l'imminente dichiarazione unilaterale d'indipendenza da parte del Kosovo, le domande senza risposta sono innumerevoli.

Le elezioni sono state innanzitutto un referendum: appoggiando Tadic, anche se con un'esile maggioranza, il popolo serbo ha dato indicazione di preferire un naturale avvicinamento all'Unione Europea, così come è accaduto e sta accadendo agli altri Paesi un tempo membri della defunta Repubblica Federale di Jugoslavia; un tasso di disoccupazione al 18% (2007), il 30% della popolazione al di sotto della soglia di povertà (1999) con un reddito pro-capite di 7.700$ (2007)[1]: si richiede quindi una storica svolta che possa dare un cambiamento significativo, in meglio, alla vita dei cittadini serbi. Il tutto dovrà però essere pagato a caro prezzo: adesione e fedeltà all'Unione, con tutti i vantaggi che ne seguono, in cambio del Kosovo indipendente. E proprio questo amaro calice è al centro della crisi di governo in corso: il premier Kostunica, con buona parte della maggioranza, è contrario a firmare un accordo politico prima del vero e proprio Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l'Unione, anticamera per l'ingresso nell'UE, nel quale si potrebbe sottintendere il consenso all'indipendenza del Kosovo, riconoscendo e legittimando indirettamente la secessione. L'Unione, guidata proprio questo semestre dalla presidenza slovena, nega naturalmente che i due fatti siano tra loro dipendenti; nell'incertezza, ha comunque deciso di inviare una missione civile in Kosovo, suscitando l'ira dei nazionalisti, e del capo del governo, che considerano l'iniziativa come una minaccia all'integrità territoriale ed all'ordinamento costituzionale dello Stato serbo.

Rimane il fatto che tutte le preoccupazione dell'Europa prima delle elezioni erano legate alle reazioni conseguenti l'imminente indipendenza della regione a maggioranza albanese: Nikolic prometteva fuoco e fiamme, Tadic morbide proteste.

La vittoria di Tadic risolve comunque poco: è vero che la più alta carica dello stato, forte della vittoria elettorale, rimarrà fedele all'Europa qualsiasi cosa accada, ma è altresì indiscutibile la contrarietà di tutto il popolo serbo all'indipendenza del Kosovo. Tutto starà nelle reazioni che, nella migliore delle ipotesi, sfoceranno in nuove elezioni politiche col rischio di un maggiore peso delle fazioni più intransigenti (Partito Radicale).

La situazione che si sta venendo a creare credo si possa sintetizzare come un fallimento per tutti, o quasi:

- La diplomatica, ambigua e complessa proposta dell'inviato speciale in Kosovo Martti Ahtisaari (“Piano Ahtisaari”) sembra impraticabile, soprattutto per volontà delle autorità kosovare contrarie alla “decentralizzazione” (uno dei punti più ambiziosi del Piano), concepita per tutelare le minoranze serbe in Kosovo.[2]

- L'Unione Europea, risolvendo il problema dello status del Kosovo, si ritroverebbe però una Serbia infiammata difficile da gestire. Inoltre, nell'affrontare il problema, è emersa l'agghiacciante impotenza ed indecisione dell'Europa, impensierita forse più da ciò che può rappresentare l'indipendenza del Kosovo, ovvero un precedente che potrebbe destabilizzare l'integrità della stessa Unione: non sono pochi i paesi membri esposti a tensioni etniche, si pensi ad esempio a Spagna e Cipro; l'indipendenza del Kosovo rappresenterebbe un preoccupante precedente…

- …precedente che potrebbe essere utilizzato dalla Russia (paladina da sempre della Serbia e che ha alimentato fino ad oggi l'intransigenza di Belgrado) nel gestire le varie sfere di influenza soprattutto nel Caucaso, minacciando la secessione di stati fedeli (come ad esempio l'Abkhazia), difendendosi così dalle “incursioni” statunitensi (Georgia) ed europee (Moldavia) nella regione.

-

La Serbia è in procinto di perdere inevitabilmente l'ennesimo pezzo: una orgogliosa nazione umiliata e relegata in un territorio di 77mila km²[3], senza sbocco sul mare (in seguito all'indipendenza del Montenegro). Una realtà ben lontana dal sogno della Grande Serbia. L'adesione all'UE, dandola per scontata, è però l'inizio di una nuova era.

- Il Kosovo indipendente, sotto la sfera d'influenza occidentale, dovrà però confrontarsi responsabilmente col problema della nutrita comunità serba che occupa il nord della regione, garantendone i fondamentali diritti (cosa finora non avvenuta nonostante la presenza di forze internazionali).

In conclusione, rimane tristemente da constatare che gli ambiziosi progetti di una democrazia multietnica sono sostanzialmente passati in secondo piano dietro agli interessi ed obiettivi dei singoli stati.




[1] Cia – The World Factbook

[2] Del Piano Ahtisaari si era già parlato in “Il futuro dell'Europa passa per il Kosovo”, L'Arengo del Viaggiatore N.20

[3] CIA – The World Factbook

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>