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Scritto da nel Numero 34 - 1 Marzo 2008, Politica | 2 commenti

Elezioni italiane ed americane: quale novità

Riflessione sul concetto di novità nella comparazione tra USA e Italiahgh


C’è aria di rivoluzione in Italia!! Appena 20 mesi dopo la sua nomina, i politici hanno detto basta ad un governo di coalizione incapace di attuare riforme e politiche pubbliche non solo a favore dell’intera popolazione, ma neanche del suo stesso elettorato.

Hanno detto basta anche a Romano Prodi, leader della coalizione legittimamente scelto tramite elezioni primarie, considerate una notevole novità nel panorama politico nazionale e innovativo mezzo tramite il quale ricompattare una sinistra disaggregata e sfiancata da 5 anni di berlusconiana oppressione.

“C’è bisogno di cambiamento!” ha detto Clemente Mastella, riferendosi alla magistratura; Berlusconi, riferendosi al centro-destra ed al Popolo delle Libertà; Veltroni, con il suo neonato PD; il mondo politico intero e non, con riferimento al sistema elettorale e alla sua legge…

Detto, fatto. Il “Porcellum” che ha rovinato il sogno di Prodi e di chi era andato a votare le primarie di centro-sinistra (logiche solo in un contesto maggioritario) è ancora lì; Berlusconi ha cambiato la “Casa delle Libertà” in “Popolo delle Libertà”, ma continua ad avere i suoi casini con Pierferdi; Mastella il suo cambiamento l’ha fatto e forse grazie a questo risolverà i suoi problemi con la magistratura; e Walter…bè, Walter si considera lui stesso la novità! …Altro che neri e donne, o reduci di guerra…

Stop.

Fermiamo qui questa triste ed ironica introduzione per ragionare sulla parola “novità” che, come è normale che sia in campagna elettorale, è sulla bocca di tutti, soprattutto di chi aspira alla poltrona di primo ministro; chi si propone per la guida di un paese in crisi non può che presentarsi come fautore di novità.

Il caso ci permette oggi di osservare le nostre elezioni politiche comparandole con altre importanti elezioni: le primarie americane.

Il fatto che la parola “novità” ricorra ripetutamente nei discorsi non solo dei nostri leader politici, ma anche dei candidati in lotta per le primarie statunitensi, dovrebbe fornirci notevoli spunti di riflessione sul suo significato e su come esso venga strumentalizzato in maniera più o meno convincente.

Che i candidati al potere in campagna elettorale vendano la loro immagine, è risaputo, e rientra nella usuale logica di concorrenza politica, nella quale prevale chi riesce a presentarsi come fonte di cambiamento più credibile, si tratti di una persona, nel caso degli Stati Uniti, o di una macchina partitica, nel nostro caso.

In questo caso la parola “novità” non diviene che una merce immessa dal venditore nel mercato elettorale.

Se si comparano le due campagne elettorali, ovviamente diverse nel contesto, ma non poi tanto nello scopo, si può ottenere un’ interessante visione di come le due società, entrambe Occidentali, avanzate e democratiche, intendano e valutino la necessità di cambiamento in tempo di crisi, e le risposte che il sistema politico, attraverso i suoi agenti che sono i partiti, offre ai cittadini.

La “novità” non è quindi solo l’immagine o la politica pubblica proposta da questo o quel candidato, ma è il candidato stesso, che diviene espressione della società e della sua struttura, con particolare riferimento al suo apparato politico.

Da questo punto di vista sembra che la società americana, da sempre dinamica e innovatrice, riesca a rispondere in maniera più netta della nostra alla necessità di cambiamento richiesta dall’elettorato, proponendo di legislatura in legislatura nuovi personaggi.

Nel caso odierno, in cui ad una profonda crisi economica si affianca una significativa sfiducia verso il sistema politico, sono emerse figure che solo per essere tali, nero e multirazziale o donna, ma anche un carismatico reduce di guerra, simbolizzano una possibile svolta.

In Italia, invece, nonostante siamo stati storicamente più volte influenzati, e lo siamo tuttora, da esperienze ed idee d’oltreoceano (tra le ultime il Partito Democratico, il poco fortunoso maggioritario “all’italiana” e il tentativo di creare un bipartitismo), la sana e logica consuetudine del ricambio politico non è mai stata adottata; non vi è neppure la naturale produzione da parte della società di figure nuove e a loro modo rivoluzionarie.

Da ciò risultano conseguenze differenti per i due paesi entrambi in crisi: negli Stati Uniti si sta avendo una sana ed agguerrita concorrenza che stimola l’elettorato (forse addirittura troppo) portandolo a votare e che raggiungerà probabilmente il maggior livello di partecipazione al voto dai tempi di Nixon e del Watergate; mentre da noi si rischia di avere un collasso di partecipazione, in quanto le parti in gioco hanno un livello di credibilità sempre più scarso, dato non solo da una mancanza di vera ed effettiva novità e differenze nella scelta delle politiche pubbliche e di significativi contrasti ideologici, ma anche e soprattutto dalla mancanza di personaggi veramente nuovi nel mondo della politica.

La presenza nel panorama politico di figure nuove o portatrici di novità, come lo sono Obama e la Clinton, è salutare per la società, in quanto stimolano e vivacizzano il dibattito politico, danno fiducia e speranza alla popolazione e soprattutto ai giovani, che hanno bisogno di credere nel ruolo positivo della politica e nella democrazia, nel momento di formazione della classe dirigente e in quello della scelta degli obiettivi politici.

In conclusione, la presenza di “novità” nella società, e più in particolare nel suo carattere politico, è una naturale espressione del buon funzionamento della democrazia; una semplice riflessione sulla comparazione tra la nostra democrazia e quella che è definita la più grande democrazia al mondo mostra che oggigiorno non cariamo solo di un governo efficiente o di una buona magistratura, ma, più in generale, manchiamo di una vera e propria democrazia completa in tutti i suoi aspetti.

2 Commenti

  1. Bravo Filippo, un ottimo articolo!!

    Non sono del tutto d'accordo, pero', nel considerare Hillary Clinton una “novita'” (e non e' una critica a te direttamente in quanto e' ormai un dato di fatto nel dibattito politico che la Clinton sia una novita').

    Hillary Clinton fa politica da prima di Giulio Andreotti (se e' possibile). Fa politica da quasi piu' tempo che il celebre marito (il primo discorso pubblico della Clinton che riscosse seguito nazionale risale al 1969). E' una delle figure piu' polarizzanti della politica americana degli ultimi decenni. Non si presenta come una forza conciliatrice ed ha appoggiato la guerra in Iraq. In un momento cosi' delicato per la storia degli Stati Uniti, di tutto c'e' bisogno che di un Love-or-Hate President.
    L'unica “novita'” che la Clinton porta al tavolo e' quella di essere una donna e, a voler essere sinceri, i suoi modi robocopiani in odor di “iron lady” hanno ben poco di femminile.
    Se eletta, inoltre, potremmo assistere ad un quasi-record: dal 1989 al 2017 (potenzialmente), la Casa Bianca ha avuto solo due cognomi, Bush e Clinton.
    Alla faccia del cambiamento.

    La vera novita' e' Barak Obama. Quarantenne, nato da un matrimonio misto, venuto a contatto con l'Islam da bambino, al primo mandato in Senato, Obama, se eletto presidente, segnera'uno dei piu' radicali cambiamenti che la storia globale ricordi. Dimostrera' al mondo che gli Stati Uniti sono una vera democrazia, che ci piaccia o meno.

    Dopo 8 anni di vergognosa amministrazione che sono costati (e costeranno) cari all'America in termini di sicurezza e popolarita', gli Stati Uniti potrebbero scegliere di dare un taglio alle dinastie politiche e mandare un segnale di cambiamento al mondo.

    Nel frattempo, in italia, ci apprestiamo ad eleggere un ennesimo Berlusconi.

  2. Comparare le campagne elettorali (e le loro dinamiche)di due sistemi politici così lontani tra di loro, per struttura e tradizione, è un'operazione improba. Pippo ha voluto evidenziare come il concetto di “novità” e “cambiamento” nella campagna elettorale italiana si riduca nella pratica in uno squallido “predicare bene razzolare male”, mentre negli Stati Uniti si respira aria nuova con la rampante figura di Obama che si appresta (salvo sorprese stanotte) a vincere le primarie democratiche e il veterano Mc Cain, candidato repubblicano, che fa storcere il naso allo zoccolo duro conservatore. Fermo restando le legittime riserve ben espresse dal commento di Michele, non sono neppure del tutto convinto che nel caso di una vittoria democratica (figurarsi repubblicana) a novembre questa svolta negli Stati Uniti ci sarà: penso soprattutto alla politica estera e all'ambiente.
    Credo, ma ovviamente non lo auspico, sperando di essere smentito il prima possibile, che, dopo aver toccato il fondo, si continuerà a scavare sia in Italia sia negli Stati Uniti, alla faccia delle mirabolanti manifestazioni oratorie dei protagonisti delle due campagne elettorali.

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