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Scritto da nel Economia e Mercati, Numero 34 - 1 Marzo 2008 | 0 commenti

I telefonini dalle uova d'oro

Il settore della telefonia mobile ci consente di osservare due punti chiave dell’economia attuale, in particolare dei servizi e dell’immateriale.

Innanzitutto possiamo proseguire l’analisi dell’articolo pubblicato sul precedente numero de L’Arengo del Viaggiatore ‘La Coca Cola dal pakistano e un’analisi di cash flow’, proponendo in questa sede alcune osservazioni sul valore che il concetto di flusso di cassa assume nel mercato della telefonia mobile.

Già nell’articolo pubblicato sul numero 25 ‘Se due euro vi sembran pochi’ si era introdotto il tema della generazione di cash flow che la prima TIM aveva felicemente scoperto. Il discorso è molto semplice e riguarda il fatto che le compagnie che offrono servizi telefonici tramite Sim card prepagate ricevono i pagamenti sistematicamente prima di offrire effettivamente il servizio, che tra l’altro ha un costo marginale praticamente nullo.  

 

Il gestore di questi servizi in effetti ‘immobilizza’- come se fosse una banca – parte della ricchezza nazionale: questa situazione si verifica tutte le volte che effettuiamo una ricarica sulla nostra carta prepagata, mentre per quanto riguarda gli abbonamenti il fenomeno si verifica solo con le promozioni.

Il consumatore ritiene, e non a torto, che ricaricare il proprio telefono non sia una spesa fino a che tale credito non venga utilizzato. Ecco che qui ritorna il discorso della coca cola del negozio sotto casa: quello che conta ai fini dell’analisi di cash flow non è la competenza economica (che attribuisce la spesa al momento del corrispondente utilizzo del bene), bensì l’effettivo scambio di denaro o meglio della titolarità dello stesso. Il credito residuo del telefono rappresenta, nella realtà, una quantità di euro che non sono più nostri ma che sono già stati trasferiti al gestore e in cambio del quale noi abbiamo dei minuti da trascorre con il cellulare attivo.

Evidentemente tale meccanismo di finanziamento consente ai gestori di acquisire ingenti disponibilità finanziarie. E’ proprio questo lo schema sul quale le compagnie telefoniche investono per acquisire fatturato: fateci caso, tutte le offerte di messaggi e telefonate ‘gratis’ prevedono – oltre a nascosti prezzi alla risposta o prezzi fissi al giorno – la sottoscrizione di una card. Moltiplicate quelle 10.000 lire che adesso sono quasi 10 euro e vedrete il cash flow aggiuntivo dell’azienda: euro veri in tasca al gestore. Altro che gratis.

Potete inoltre fare caso al fatto che molti dei crediti e delle offerte prevedono un periodo di consumo limitato: questo riguarda la necessità per l’azienda di ricorrere, al termine del periodo, ad una nuova offerta in grado di produrre ulteriore flusso di cassa. Noi siamo la gallina, anche se non ce ne rendiamo conto abbiamo le dita d’oro.

Il secondo punto in esame riguarda la liberalizzazione dei servizi nei mercati a rete: la telefonia mobile è stata in Italia l’esempio migliore per quanto riguarda gli effetti benefici sul consumatore (meno per quanto riguarda gli azionisti dell’ex-monopolista privatizzato) e la nuova frontiera che ha cominciato a svilupparsi è il mercato dei gestori di servizi di telefonia mobile senza rete i quali – privi di qualsiasi asset – vendono in base a tariffe proprie la trasmissione vocale e dati lungo i ponti delle maggiori compagnie. Sono i cosiddetti ‘operatori virtuali’, primo del quale è stato Coop Voce che il 4 giugno 2007 ha lanciato le sue offerte tramite la propria rete di supermercati, in virtù della partnership con Telecom Italia che mette a disposizione la propria rete i base a tariffe contrattuali. Non è diverso il meccanismo rispetto a quello che sta contraddistinguendo i mercati dell’elettricità e del gas: in entrambi i casi i proprietari della rete godono di una rendita di posizione, mentre un qualsiasi soggetto può accreditarsi come venditore del bene. Nel caso in questione, a differenze dei servizi energetici che richiedono una gestione delicata, l’operatore virtuale giunge a godere anch’esso di una rendita di posizione dipendente dalla titolarità del servizio offerto.

Questo sistema di gestione delle reti si inserisce perfettamente nel contesto verso il quale si sta movendo l’economia globale che nient’altro è che una nuova pagina del medesimo capitalismo: un proprietario che campa di rendita e attraverso una rete di subappalti porta il servizio all’utente finale.

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