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Scritto da nel Internazionale, Numero 34 - 1 Marzo 2008 | 2 commenti

Kosovo indipendente: giusto o sbagliato? Alcune riflessioni

In questo articolo illustrerò alcune riflessioni sulla dichiarazione di indipendenza da parte del Kosovo, cercando di non addentrarmi eccessivamente nei meandri del diritto internazionale, non essendone peraltro esperto.

Innanzitutto, ritengo la secessione della regione a maggioranza albanese dalla Serbia una sconfitta per tutti, essendo fallito il progetto di creare una democrazia multietnica. Considerandomi un europeista convinto, la frustrazione è ancora maggiore: il motto dell’Unione Europea è “unità nella diversità”, bizzarro quindi che uno stato (il Kosovo) ambisca ad entrare nell’Unione in seguito ad una secessione che scaturisce da intransigenze tra differenti popoli che coabitano nel medesimo territorio. Il modo peggiore per dimostrare di condividere i valori fondamentali della UE; in controtendenza rispetto allo spirito europeista è la nascita di un nuovo stato la cui entità giuridica si fonda su una concezione esclusivamente etnica. Ma queste contraddizioni rispetto ai valori europei non mi sorprendono affatto, dimostrando la stessa Unione di essere in una situazione di semiparalisi, vittima del peso politico degli Stati Uniti e della NATO, a scapito dei “suggerimenti” delle Nazioni Unite. Superfluo ricordare che è il Palazzo di Vetro il luogo dove dirimere le controversie internazionali, tanto più se riguardano modifiche territoriali di uno stato sovrano; mi lascia però contraddetto questo nuovo modo di intendere le relazioni internazionali da parte dell’Europa, considerando la posizione dell’ONU contraria ad una secessione che minacciasse l’integrità territoriale della Serbia (ma come attenuante c’è l’enigmatica ambiguità diplomatica tipica di New York).

 Innegabile che la politica perseguita dalle ultime amministrazioni statunitensi in Europa, ed in particolare nelle vicende balcaniche, sia stata tuttaltro che spinta da motivazioni ideali bensì strategiche. Offrendo ai nuovi paesi, ex sovietici ed ex jugoslavi, l’ingresso nella NATO, hanno costretto l’UE ad “inseguire”, influenzandone negativamente la coesione in politica estera. Che gli Stati Uniti siano a favore ed entusiasti dell’indipendenza del Kosovo non deve quindi stupire; a stupire dovrebbe essere la collaborazione tra Stati Uniti e nuova amministrazione kosovara (collaborazione iniziata già nel 1998) che vede tra le sue file ex esponenti (non si sa fino a che punto ex) dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK), giudicato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite gruppo terroristico con la risoluzione n.1160/1998[1] (mi risulta che gli USA non trattino con i terroristi…!?).

 Che l’indipendenza del Kosovo sia da un punto di vista giuridico una forzatura pare ovvio, ma a decidere che sia giusta da un punto di vista “storico” sono i Paesi che riconoscono il nuovo stato, ovvero i Paesi vincitori; non trascurerei questo aspetto bollandolo semplicemente come giudizio superficiale, di fatto tali Paesi forniscono una valenza soprattutto politica ma anche giuridica alla dichiarazione d’indipendenza.

Ma vorrei ora fare un passo indietro: ai tempi dei bombardamenti di Belgrado, chi avrebbe scommesso che il Kosovo sarebbe diventato un giorno indipendente? Credo tutti.

E’ vero che la regione ha dichiarato la propria indipendenza unilateralmente, ma è il risultato di un lungo processo partito con la risoluzione 1244/1999 (passando per il vertice di Salonicco del 2003), che poneva le basi per un nuovo status.

Un popolo che ha subito una feroce pulizia etnica da parte delle milizie di Milosevic, può rinunciare alla propria indipendenza dalla Serbia in nome del diritto internazionale? Impensabile se si considera che la stessa Serbia non collabora in modo soddisfacente con il Tribunale de L’Aja, che buona parte dei partiti politici sono eredi e/o si rifanno apertamente all’ex dittatore, che la folla che ha preso d’assalto l’ambasciata USA era costituita prevalentemente da feroci hooligans criminali orfani della Tigre Arkan. Da parte sua

la Serbia considera il Kosovo una scatola vuota: la regione è serba (e deve rimanere alla Serbia), anche se i suoi abitanti (albanesi) Serbi non sono.

La distanza tra i due popoli è talmente ampia, oggi come ai tempi della guerra, ed i rapporti così irrimediabilmente compromessi, da giustificare pienamente la secessione.

 


 [1]  (The Security Council) …Condemning the use of excessive force by Serbian police forces against civilians and peaceful demonstrators in Kosovo, as well as all acts of terrorism by the Kosovo Liberation Army or any other group or individual and all external support for terrorist activity in Kosovo, including finance, arms and training…

2 Commenti

  1. Non è una contraddizione dire che la NATO, costituita in gran parte da paesi membri della UE, remi contro la stessa Europa influnzandone negativamente la politica estera?

  2. Direi più che altro che la NATO sia uno strumento utilizzato dagli Stati Uniti per influenzare la politica UE.
    Credo sia molto evidente: di solito gli USA prendono l'iniziativa e tutti gli altri seguono.
    Il Patto Atlantico è in continua concorrenza con le altre organizzazioni,
    dall'ONU all'Unione Europea, avendo perso la sua originaria natura esclusivamente militare. Se si considera che il sistema di difesa europeo è di fatto in mano alla NATO, il peso statunitense nelle scelte di politica internazionale dell'Europa è determinante.
    Un esempio su tutti: quando Bush decise di invadere l'Iraq, spaccò di fatto l'Unione, la Vecchia dalla Nuova Europa, e per Nuova intendeva tutti quei paesi che avevano aderito alla NATO in tempi più recenti.
    Comunque Simon, sull'argomento posso consigliare l'articolo “Nato vs Ue” pubblicato nel numero 25 dell'Arengo.

    Saluti

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