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Scritto da nel Energia e Ambiente, Numero 34 - 1 Marzo 2008 | 0 commenti

La prima fase dell'Emissions Trading Scheme – molto rumore per nulla

La prima fase dell'Emissions Trading Scheme – molto rumore per nulla

Nel 2005 ha avuto inizio la prima fase pilota dell’ Emissions Trading Scheme (ETS) con il preciso intento di promuovere la riduzione di emissioni al minor costo sociale. Cerchiamo quindi di capire in che modo l’ETS può promuovere l’abbattimento di emissioni e quali risultati sono stati conseguiti in questi primi tre anni.
Prezzo teorico di switch della Co2
Se gli investimenti in R&D mirati a migliorare l’efficienza di tecnologie pulite sono la chiave per ridurre le emissioni nel lungo periodo, nel breve (dove tali tecnologie non possono ancora affermarsi nel mercato) le emissioni possono essere abbattute o producendo e consumando meno (politiche di risparmio) o utilizzando input produttivi meno inquinanti.
Nel settore energetico, le emissioni possono essere ridotte quando l’elettricità è generata bruciando gas al posto del carbone. Il carbone è fonte più inquinante, ma in media meno costosa, del gas. Pertanto, in assenza di costi ambientali, produrre elettricità a mezzo di carbone è più conveniente ma più inquinante, con una conseguente crescita delle emissioni. Tuttavia, dopo l’introduzione dell’ETS, la convenienza relativa dei due combustibili dipenderà, tra le altre variabili, anche dal prezzo che le imprese dovranno pagare per ogni emissione di CO2 rilasciata nell’atmosfera.
Dato il prezzo relativo dei combustibili e l’efficienza energetica delle diverse tecnologie produttive, è possibile calcolare il prezzo teorico dei permessi tale per cui il gas risulti più economico del carbone: è questo il cosiddetto prezzo teorico di switch della CO2. Va da sé che ogni volta il prezzo reale dei permessi supera questo livello teorico sarà più conveniente bruciare gas al posto del carbone con un risultato di minori emissioni a parità di energia prodotta.
I risultati (non) conseguiti dall’ETS
Il mercato dei permessi ha avuto inizio all’insegna di ritardi burocratici ed incertezze decisionali. Nel giorno del via, i Piani di Allocazione Nazionale (PAN) non erano ancora pronti; il che significa che il tetto totale di permessi (quante emissioni i settori ETS avrebbero dovuto produrre e, indirettamente, abbattere) doveva ancora essere stabilito.
Eclatante il caso italiano; il cui PAN fu approvato solo nell’Aprile 2006. Non sapendo quanti permessi avrebbero ricevuto, per più di un anno le imprese italiane non potevano di fatto valutare se orientare le proprie strategie di investimento verso la riduzione di emissioni, piuttosto che all’acquisto o addirittura alla vendita di permessi.
Nel primo anno dell’ETS, aspettative ed incertezze contribuirono alla volatilità del prezzo di mercato, prima aumentato da circa 10 a 30 €/tCO2, poi fluttuato fra i 20 ed la soglia mai raggiunto di 30 €/tCO2.
Le incertezze ebbero fine nell’Aprile 2006. Aspettative rialziste che prevedevano prezzi oltre i 30€ dovettero ricredersi quando la Commissione Europea pubblicò il livello delle emissioni prodotte nel 2005 dagli operatori dell’ETS.
I dati parlano chiaro, nel 2005 i settori ETS europei hanno emesso 80 milioni di tonnellate in meno del numero di permessi presenti nell’ETS. Detta in altri termini, i regolatori dell’ETS hanno stabilito un tetto alle emissioni superiore del 4% rispetto alle emissioni da regolare.
Con un eccesso d’offerta il prezzo della CO2 non ha potuto che crollare, passando da valori storici record (29,7€/ton in Aprile 2006) a 10 €/tCO2 in meno di una settimana – una riduzione del valore del mercato di quasi due terzi.

Dopo il crollo istantaneo, i prezzi sono variati tra i 14 e 18 euro tra Maggio e Settembre 2006. Tale volatilità è spiegabile, come mostra la figura qui sopra, dalle opportunità di compravendita ancora presenti nel mercato; nonostante il surplus a livello aggregato presente nel mercato, molte imprese e paesi erano ancora in difetto di permessi.
Una volta ricoperte le proprie posizioni, il prezzo è sceso gradualmente fino a zero, dove è rimasto per più di 8 mesi fino alla fine del 2007.

Il prezzo ha quindi reagito correttamente ai fondamentali del mercato che, insieme ai suoi meccanismi, ha dimostrato in questa prima fase pilota di funzionare correttamente. È stata la regolamentazione dell’ETS da parte delle istituzioni nazionali ed europee ad aver invece fatto cilecca.
Chiaramente con un prezzo dei permessi tendente a zero l’effetto della regolamentazione sulla riduzione delle emissioni è pressoché nullo. Possiamo tuttavia chiederci quali incentivi alla riduzione l’ETS abbia dato fino all’Aprile 2006, quando il prezzo arrivò fino alla soglia dei 30 €.
Ecco che allora torna utile comparare, come fatto nella terza figura, il prezzo reale della Co2 (linea blu) con il prezzo teorico di switch che renderebbe conveniente passare dal carbone al gas (linea rossa). Il grafico mostra chiaramente che la linea rossa sta sempre al di sopra di quella blu. Pochi sono quindi gli incentivi all’abbattimento che l’ETS ha generato direttamente durante questa prima afse di collaudo
Figura 3: Co2 spot Price and Theoretical Coal-to-Gas Switch level Price Trends

Source: own elaboration on Pointcarbon weekly “Carbon Market Europe” data , Fortis Bank “Carbon Weekly Report” data

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