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Scritto da nel Il Libro del Viaggiatore, Numero 33 - 16 Febbraio 2008 | 0 commenti

L'affascinate storia di Firmino, il topo divoratore di libri

Edito nel 2006 dall'americana Coffee House Press, piccola casa editrice no profit, con una tiratura di un migliaio di copie, e ancor meno pretese, Firmino ha finito col trasformarsi in un vero e proprio caso letterario. Accolto con entusiasmo dal pubblico e consacrato dalla critica, il libro d'esordio di Sam Savage (edito in Italia da Einaudi stile Libero il prossimo maggio), è stato eletto come miglior libro dell'anno dall'American Library Association; miglior esordio da Barnes and Noble; miglior debutto dal Library Journal. Il suo segreto? Firmino è una favola d'altri tempi, con tanto di finale nostalgico e morale inclusa, una di quelle favole che fa divertire i bambini e allo stesso tempo riflettere i grandi, una di quelle che poi ricordi tutta la vita.

Sam Savage, autore di questo piccolo capolavoro, è un ex professore di filosofia con la passione per la pesca e l'animo del poeta. A quasi settant'anni, in una notte di veglia, nasce in lui l'idea di Firmino: un topo romantico e sentimentale che si nutre di libri. Ultimo di una nidiata di dodici cuccioli, Firmino viene al mondo quando già tutte le mammelle di mamma Flo sono occupate dai suoi fratelli, rimanendo così escluso dal nutrimento. L'istinto di sopravvivenza ispira in lui l'arte dell'arrangiarsi e poiché è nato in una libreria di Boston, alla fine degli anni sessanta, inizia a rosicchiare tutti i libri che ha intorno, scoprendo ben presto che i più belli sono anche i più buoni. Tra saggi e manuali, enciclopedia e romanzi, Firmino diventa un vorace onnivoro che non si accontenta di fagocitare ogni libro che trova, perché un libro non lo si può semplicemente ingerire, bisogna farlo proprio, assorbirlo, succhiarne l'anima. Così Firmino finisce con l'identificarsi con i grandi eroi della letteratura di ogni tempo e davanti gli si apre un mondo nuovo, diverso. La fantasia.

Al contrario però di molte favole quello di Savage, amante di Kafka e Dostoevskij, non è un happy hend. Firmino dovrà assistere alla distruzione della libreria ad opera delle ruspe comunali per permettere l'attuazione del nuovo piano edilizio. La sensibilità intellettuale lascia spazio al pragmatismo, la cultura al rinnovamento urbanistico, emblema della modernità che avanza lasciandosi alle spalle solo il ricordo di una bellezza che non c'è più. Firmino è il simbolo dell'esclusione, dell'esilio. Rifiutato dalla famiglia d'origine che non si preoccupa nemmeno del suo nutrimento, al pari di un eroe boccacciano mette in pratica l'arte dell'arrangiarsi per ottenere prima il riscatto e poi, perdere tutto. O quasi tutto. Già perché i più romantici, come Savage, credono ancora che esista qualcosa che nessun rinnovamento edilizio potrà mai abbattere: la fantasia.

Forse è stato questo a decretare il grande successo di Firmino e del suo autore: l'aver dato voce, in una splendida favola, a coloro i quali, nonostante i deliranti “piani edilizi” della società moderna, continuano a scorgere e a sognare le antiche bellezze.

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