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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 34 - 1 Marzo 2008 | 0 commenti

Rinascimento e follia in Michel Foucault

A partire dall'iconografia della nave dei folli che fa la sua prima comparsa in epoca rinascimentale, in Storia della follia (Milano, BUR, 2006), Foucault illustra come nel XV secolo vi sia un'irruzione culturale del tema della follia e, appunto, del Narrenschiff che oltre ad essere un tema artistico e letterario, ci spiega lo studioso francese, è stato un'usanza reale.

Spesso gli insensati conducevano una vita vagabonda e per questo venivano frequentemente allontanati dalle città oppure spostati da una città all'altra. Il compito, soprattutto in Germania, era sovente affidato ai battellieri. Lo sguardo antropologico foucaultiano evidenzia come questo gesto di esclusione non fosse motivato solamente da questioni di sicurezza e utilità sociale ma come avesse tutti i caratteri di un rito di esclusione, di una sorta di separazione rituale. L'acqua e la navigazione, afferma Foucault, hanno il significato di una partenza che rinchiude, di un esilio sacrale che è sì esclusione e separazione ma che assume tutti i connotati di un passaggio negativamente privilegiato. Il folle è d'altronde il Passeggero per eccellenza, cioè il prigioniero del Passaggio, colui che senza dimora né patria non si sa da dove provenga né dove sia diretto. L'inquietudine della navigazione e del mare, spiega il filosofo francese citando Heinroth, si relaziona alla dissennatezza in quanto quest'ultima è nell'uomo espressione di un elemento acquatico, notturno, ctonio e abissale che si contrappone a quella stabilità spirituale diurna che ancora l'uomo alle sue certezze.

Contrariamente al Medioevo che aveva classificato la follia come semplice antitesi della prudenza, il Rinascimento le attribuisce un ruolo ed un significato di primaria importanza. Se però, in epoca rinascimentale, il tema della follia è di primaria importanza questo non significa che le visioni che la riguardano siano univoche. Difatti Foucault, nel periodo storico considerato, isola due fondamentali esperienze della dissennatezza: una di tipo tragico, l'altra di tipo critico. La forma tragica è da Foucault identificata come la prospettiva maggiormente tipica dell'arte e dei pittori in particolare come Bosch, Brueghel, Thierry Bouts e Dürer mentre l'elemento critico è decisamente preponderante nella letteratura e nella filosofia in quanto prende soprattutto la piega di una satira morale. Tale satira morale, come accade in Brandt e in Erasmo, investe i saperi delle scienze che si perdono nella follia a causa della polvere dei libri e delle discussioni oziose. In questo senso la follia si presenta in questi autori come punizione derisoria e sbeffeggiante dei saperi presuntuosi. In tale funzione critica della dissennatezza, Foucault intravede quindi quell'utilizzo prettamente morale di quest'ultima che, contrariamente ad una visione tragica della follia, non sprofonda come nei quadri di Bosch in un silenzio che è notte del mondo e dell'uomo, bensì esprime una colpa, un difetto, un errore. La dissennatezza, nella sua forma critica, s'inscrive quindi all'interno del movimento del sapere stesso che, come nel poema Das Narrenschiff di Sebastian Brandt, punisce gli avari, gli ubriaconi, coloro che male interpretano le scritture, i disordinati, i dissoluti, gli adulteri.

Già a partire dal Rinascimento quindi, l'esperienza critica della follia inizia lentamente a separarsi dall'esperienza tragica. Tale distanza, afferma Foucault, aprirà nell'unità profonda della follia una frattura che non sarà mai più colmata. Frattura che l'età moderna esaspererà evitando completamente l'elemento tragico e valorizzando sempre più quello critico. Comunque, ciò che la Renaissance conserva, contrariamente a quello che la pratica dell'internamento esprimerà nell'âge classique, è questa compresenza dei due elementi sopraccitati, che, seppur non essendo unità, conservano entrambi una certa vicinanza tra follia e linguaggio. La follia, attraverso Bosch e Dürer, tramite Brandt ed Erasmo e fino a Shakespeare e Cervantes, riesce ancora a parlarci del suo mondo, della sua notte, dei suoi legami con la parola e con la vita. Essa è ancora libera, in circolazione, parte dello scenario e del linguaggio comuni. Quello che invece avverrà nel XVII e nel XVIII secolo è la storia di una follia la cui verità corrisponderà ad una vittoria della ragione intesa come internamento della diversità, del vizio, dell'errore, dello sbaglio morale e di ciò che verrà concepito come inutilità sociale. Quell'internamento che fonderà lo stesso spazio di nascita della psicologia non senza influenzarla nei suoi fondamenti che, secondo Foucault, devono essere inseriti in una genealogia che renda conto della loro natura epistemologico-morale.

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