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Scritto da nel Numero 33 - 16 Febbraio 2008, Politica | 3 commenti

Socialisti hic et nunc

Il Novecento ha portato all’estremo le conseguenze dei pensieri politici totalitari sviluppatisi ed esplosi insieme all’era inflazionistica della civiltà umana rappresentata dallo sviluppo industriale.

Mentre la fede religiosa si fonda su presupposti incontestabili come i dogma e la propria diffusione si è sviluppata al di fuori delle dinamiche economiche, le grandi ideologie hanno guardato in faccia la Storia ed hanno fatto fuoco. Ha vinto, guarda caso, proprio la Storia aggredita dai novelli Icaro.

Ma c’era un Davide, in mezzo ai Golia. Quel piccolo Davide è cresciuto attraverso il pensiero di piccole formazioni politiche, quelle che hanno sempre avuto ragione ma che putroppo in Italia mai l’hanno potuta realizzare. Sempre deboli e schiacciate tra le carni molli e quelle robuste dei popoli e delle classi dirigenti. Qual Davide che di cognome fa Socialismo e i cui fratelli maggiori si chiamano Comunismo, mentre i cugini si chiamano addirittura Benito. Difensore del proprio spirito liberale, riformista, autonomista, sfida la Storia senza pretendere di distruggerla ma per amarla profondamente, sviscerarne l’Essere più intimo, abbracciarla e fecondarla fino a realizzare una nuova Umanità. Per educare i propri bambini con la forza della Ragione e la certezza che l’Uomo sia l’artefice ed il fabbro del proprio destino: alle nuove generazioni, volenti o nolenti, l’onere e l’onore di progettare il mondo e guidarlo, come una macchinina, lungo le orbite delle Galassie.

Questa ideologia, perché proprio di una ideologia si tratta anche se nessuno ha gli occhiali per vederla, è viva e vegeta: ha festeggiato e festeggia sempre la libertà riconquistata, sia mentre i grossi fratelli maggiori cadevano sotto le macerie, sia quando le armi tacevano e la parola tornava alle bocche e alle operosi braccia dei lavoratori.

Oggi il Socialismo si affaccia sul mondo globale con gli occhi curiosi di chi ha imparato la lezione paterna e la vuole superare: con l'ambizione di non ripetere ancora le stesse ricette tipiche del dopoguerra (le grandi conquiste dello Stato sociale per esempio), ma prendendole per date – così per come oggi i propri coetanei le vedono – con l’ambizione di migliorarle ancora, giorno dopo giorno , anno dopo anno, come per le automobili di Formula 1 o gli ultimi ritrovati della scienza medica.

Questo Socialismo è un’ideologia perché crede di poter organizzare il Mondo, di comprendere l’Universo o perlomeno di provare a farlo, con la presunzione di non ripetere gli errori dei fratelli maggiori ma con il grande pregio o difetto della megalomania.

La politica italiana post-1989 ha intrapreso una transizione che in questo ultimo mese pare assestarsi su un nuovo equilibrio. In particolare tra le forze del centro-sinistra la realizzazione del Partito democratico ha sancito un principio costitutivo di un partito strutturalmente diverso rispetto alla cosiddetta Prima Repubblica puramente proporzionalista. Se allora ci si aggregava per rappresentare un pensiero popolare e si lasciava agli eletti la direzione politica, adesso si ritiene che i candidati si aggreghino prima del voto non per rappresentare un’identità ma per sostenere un programma concreto.

Negli anni Novanta pareva che fosse sufficiente questo cambiamento lessicale per cambiare le sorti di questa nostra politica nazionale. Non era evidentemente così e di certo non era quello lessicale il problema.

Oggi il Socialismo, sic stantibus rebus, non ha dunque un partito proprio. Ci sono socialisti liberali e riformisti dentro Forza Italia e il Partito delle Libertà, ci sono dentro la Sinistra Arcobaleno così come nel PSI e tra i radicali. Ci sono anche dentro il Partito Democratico, il sottoscritto senz’altro, e l’appartenenza ad un partito di oggi che non nasce come il partito di chi è socialista liberale e riformista non è affatto in contraddizione con l’identità di chi vi partecipa reputandosi tale.

Sarà il confronto reale sulle politiche da realizzare, sulle riforme da portare avanti e quelle da dimenticare, sarà la pelle delle persone il campo di battaglia sul quale il piccolo Davide cercherà di abbattare Golia. 

Oggi Golia è un pensiero unico, acritico, totalitario, è l’istinto che si fa ragione, l’ignoranza che si fa verità. Oggi come sempre c’è bisogno del piccolo Davide, c’è bisogno di un’ideologia socialista e di un piccolo commando di combattenti.

Non preoccupatevi se non ne sentite il rumore. Bastano giusto poche cellule cerebrali e il primo passo sarà stato fatto.

3 Commenti

  1. Domanda stupida di uno che crede di essere di sinistra, e che comunque voterà Partito democratico. E se il socialismo non fosse più la ricetta per una sinistra vincente e aggiornata del ventunesimo secolo ? E se il concetto di “classe” fosse ormai troppo angusto e legnoso per società multiformi e poliedriche in cui gli interessi si incrociano, si sovrappongono e spesso si contraddicono a vicenda all'interno di uno stesso ceto sociale ? E se la disuguaglianza, in alcuni casi, fosse un valore e non un abominio da buttare a mare in nome di ideologie ancora troppo egualitarie ? E se la giustizia sociale, with mister Blair, si ottenesse con la competizione e la crescita produttiva, invece che con l'aumento della spesa pubblica e il dirigismo soffocante e onnipresente dello stato ? E se l'unico modo di essere veramente di sinistra, nel ventunesimo secolo, fosse quello di smettere di esserlo, almeno secondo i crismi e i canoni del ventesimo ?

    Michele

  2. la mia opinione, emergente dall'articolo, è che all'interno della grande famiglia del socialismo esista un gene in grado di portare nel nuovo secolo i valori – questi sì gli stessi, libertà, giustizia ecc – trovando ricette adeguate. in sintesi il Socialismo, secondo me, non è una ricetta ma storicamente è qualcosa di più.
    blair è un esempio di questa trasformazione. un altro sono le socialdemocrazie europee (parte della famiglia socialista), riformiste e democratiche che di certo non rappresentano un'ideologia morta anche se è necessario, affinchè possa sopravvivere un pensiero socialista, discutere per renderle più vive ed efficienti.
    questo pensiero riformista è piccolo piccolo ma ciononostante io credo abbia ragione e non sia mai morto.

  3. Mi piace la parola libertà, che tu citi. Forse l'abbiamo un po' troppo trascurata, a vantaggio delle altre due della trimurti robesperriana, uguaglianza e solidarietà. Le quali ultime, portate all'estremo, hanno quasi sempre portato a derive totalitarie, e hanno strangolato la prima. Ripartire dalla libertà, senza lasciarne l'usufrutto, e l'usurpazione, alle conventicole berlusconiane: ecco un interessante programma di sinistra, italiana ed europea, per il ventunesimo secolo.

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