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Scritto da nel Numero 36 - 1 Aprile 2008, Politica | 1 commento

Programmi elettorali a confronto – Energia ed Ambiente

Programmi elettorali a confronto – Energia ed Ambiente

La sensibilità italiana non tocca ancora le punte scandinave, inglesi o tedesche, eppure negli ultimi anni la tematica ambientale è avanzata in classifica guadagnandosi un posto nella top ten dei programmi elettorali, o per lo meno nella loro versione cartacea. Complici le calamità ambientali ed energetiche, nazionali e globali, e la necessità di risposte efficaci ed immediate.
Ciò nonostante, in questa campagna elettorale l'ambiente non fa notizia, non è il tema su cui gli schieramenti politici sperano di aggiudicarsi i favori dell'elettorato.
Era necessario che le tracce di inquinanti arrivassero fino a Tokyo perché l'ambiente acquisisse la dignità di argomento da campagna elettorale, colpendoci laddove l'orgoglio italiano si fa più virile: la mozzarella di bufala, la qualità alimentare. Nell'Italia dei paradossi, dove si riescono ad esportare i rifiuti ma non le mozzarelle, urgeva un intervento pronto e repentino; detto fatto, la Commissione Europea ora si ritiene soddisfatta delle misure italiane e di conseguenza la Francia ha revocato il blocco alle importazioni di bufala.
Un quadro che sembra addirsi particolarmente bene allo stile dei programmi elettorali, in cerca di risposte immediate, di soluzioni indolore, ma raramente focalizzati sull'analisi delle cause di questi problemi al fine di evitarne una loro riemersione futura.
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Affinità e divergenze dei programmi elettorali
Quello che accomuna maggiormente i programmi di PD e PDL (ma non solo) in materia ambientale è innanzitutto il tipo di priorità identificate, ed in parte le soluzioni proposte:

fonte:

Questa tabella comparativa sembra suggerirci che sulla questione ambientale i due principali schieramenti vadano d'amore e d'accordo.

Tutti i partiti ritengono che il risparmio energetico sia cosa buona e giusta, tutti concordano sull'importanza della qualità ambientale e sulla necessità di promuovere attraverso incentivi le fonti rinnovabili e la cogenerazione.
Sicurezza ed approvvigionamento energetico è un altro tema caldo che i partiti intendono risolvere all'unanimità con la realizzazione di rigassificatori[1].
E come poteva mancare all'appello il tema rifiuti, che sia PD e PDL intendono trasformare da costo in opportunità tramite una maggiore promozione della raccolta differenziata e la realizzazione di quegli stessi termovalorizzatori che la sinistra ha ostacolato per anni perché dannosi alla salute.
Sul tema trasporti invece non si discute, i partiti non affrontano la questione dei camion – gli stessi che paralizzarono l'Italia pochi mesi fa – e dell'inquinamento proveniente dalle quattro ruote (a livello pro-capite il maggiore in Europa), nè si discute se sia opportuno sviluppare la rete ferroviaria e nodi di intercambio che favoriscano la progressiva diminuzione del commercio via gomma. Eppure è questa la strada principale che si dovrebbe seguire se davvero si vuole rottamare progressivamente il petrolio, come dichiara il PD.
Il problema dei trasporti è sostanzialmente ridotto alla questione grandi opere (sia PD che PDL approvano la ultimazione della TAV Lione-Torino-Trieste) ed al caso Alitalia, dove si può evincere la prima sostanziale differenza tra i due schieramenti politici: l'approccio nazional-protezionista della destra contro lo spirito liberal-riformista di quel che fu la sinistra italiana. il centro-destra si propone di risollevare dalla crisi le sorti dell'Italia con una politica protezionista, come se l'ideale di libertà di cui il polo si fa paladino significasse solo minore op-pressione fiscale. Il neo PD fa invece del libero mercato e di una regolamentazione meno opprimente la corsia preferenziale verso un comunque timido riformismo.
Nel campo ambientale questo riformismo è visibile nella proposta di snellimento delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale (VIA) per rendere più certa e rapida la realizzazione di opere ed impianti. È l'ambientalismo del fare, slogan del PD finalmente libero dall'ottusità dei Verdi, ma è anche l'avversione alla sindrome NIMBY (not in my backyard) ritenuta la causa principale dell'attuale immobilismo tutto italiano, che anche il PDL condanna.
Altro tema di divergenza è il nucleare, abbandonato vent'anni fa e promosso oggi dal PDL (portavoce in quest'ambito degli interessi di Confindustria[2]) per garantire all'Italia una maggiore indipendenza energetica (PDL), sostenuto in parte dal PD, che propone maggiori investimenti in ricerca verso il nucleare di IV Generazione, e bocciato categoricamente dalla Sinistra Arcobaleno.
Quello sul nucleare sembra tuttavia un dibattito puramente ideologico; al di là del diverbio “Nucleare Si, Nucleare No”, mancano infatti sostanziali proposte e piani di sviluppo per questa fonte che per sua natura (alta rischiosità di investimento, ritorni economici di lunghissimo periodo e prezzo dell'uranio in continua crescita) difficilmente potrà emergere spontaneamente in un mercato energetico popolato da barriere regolamentari ed imprese avverse all'investimento. Sul tema nucleare non è quindi chiaro quale dovrebbe essere il ruolo dello Stato nel mercato liberalizzato, se arbitro regolatore, promotore di ricerca o diretto investitore con soldi pubblici. L' approccio del PD, orientato verso i fondi alla ricerca, risulta più realistico e cauto.
Rimane comunque aperta la questione dello stoccaggio delle scorie, problema che lo Stato non è stato in grado di gestire quando il Nucleare era bandito (lo è ancora) e che non si sa come verrà affrontato e (speriamo) risolto se un domani l'Italia deciderà di riaprire le proprie porte al nucleare.
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Programmi elettorali e problemi irrisolti
Dalle tematiche che i programmi hanno messo in rilievo si nota come entrambi gli schieramenti politici siano orientati verso la risoluzione delle contingenze dell'immediato presente (e non sono poche) accantonando invece quei problemi strutturali ma non imminenti.
È l'idea di una politica che vive alla giornata, che invece di individuare le fratture strutturali del sistema, di interrogarsi su quali siano le cause all'origine delle crisi che oggi osserviamo e di progettare piani di sviluppo lungimiranti e proiettati verso l'Italia del futuro, preferisce procedere di allarmismo in allarmismo. Chiediamoci quale sarebbe l'ordine del giorno nelle campagne elettorali se, invece dell'emergenza rifiuti, l'Italia avesse vissuto poche settimane fa un nuovo black-out elettrico, se Putin avesse chiuso i rubinetti del gas lasciando l'Italia al freddo o se, invece della questione Alitalia, fosse lo sciopero dei camionisti a riempire le prime pagine dei giornali.
Dei rapporti con la Russia, l'Iran o il Kazakistan gli schieramenti politici non parlano, anche se, a ben vedere, è questa la questione cruciale a garantire una maggiore sicurezza energetica.
Non si discute abbastanza su come diffondere in pratica le diverse fonti rinnovabili: se attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie, e in tal caso quali e perché, o piuttosto con l'acquisto di quelle tedesche oggi più efficienti ed economiche grazie a vent'anni di politiche di incentivo, ricerca e sviluppo (le stesse che sono mancate ed ancora mancano qui).
Nè si discute di come affrontare il futuro aumento dei prezzi elettrici che deriverà da una più stringente regolamentazione ambientale europea (si stima che i prezzi della co2 aumenteranno i prezzi elettrici fino al 10%), da un continuo aumento del prezzo dei combustibili (gas, petrolio e carbone), e da una politica energetica impronata su maggiori spese, per nucleare, fonti rinnovabili e rigassificatori.
Nemmeno si è parlato di come promuovere un'effetiva liberalizzazione dei mercati energetici, attraverso regolazione meno voluminosa e più effettiva, capace di diffondere quel senso di certezza di cui gli operatori hanno bisogno per impostare le proprie strategie di sviluppo e di favorire la connessione alla rete a tecnologie più diversificate.
Altro tema tralasciato è la questione delle nomine delle nuove cariche istituzionali; chi saranno i nuovi ministri, ma anche i presidenti, amministratori delegati e consigli di amministrazione delle società a controllo pubblico; perché è bello parlare di idee e programmi ma è anche importante sapere se le persone destinate a portarli avanti avranno le competenze necessarie per farlo; questione a cui l'Italia sembra essere allergica. La meritocrazia sembra voler colpire solo i fannulloni negli sportelli degli uffici amministrativi ma non la lottizzazione delle cariche pubbliche, e tendiamo a dimenticarci che attualmente i presidenti delle più grandi imprese italiane (ed un tempo europee) ENI ed ENEL non sono propriamente esperti energetici, ma bensì rispettivamente i commercialisti di Berlusconi e Casini.
La definizione del ruolo strategico di ENEL ed ENI, uniche imprese competitive nello scenario internazionale (e quindi con potere contrattuale), dovrebbe essere un tassello fondamentale della politica energetica italiana; al contrario, quello che osserviamo oggi sembra essere una riduzione del loro ruolo a “nemici della competizione” da mettere progressivamente al bando.
Negli ultimi 30 anni la mancanza di una politica energetica ed ambientale lungimirante ha fatto si che oggi gli italiani non dispongano di elettricità a basso costo, privilegio di cui i cugini francesi godono, o che possano contare su tecnologie nazionali efficienti ed avanzate funzionanti con fonti rinnovabili, come si può permettere la Germania. La politica energetica italiana non ha saputo garantire sicurezza degli approvvigionamenti con un carbone mai decollato ma nemmeno livelli accettabili di sostenibilità ambientale.
Se è vero che i problemi di oggi sono la conseguenze delle scelte (e non scelte) di ieri, in ugual misura la politica energetica ed ambientale di oggi si manifesterà nel futuro. Ma si sa, del lontano futuro non conviene parlare molto durante le campagne elettorali.
Un famoso scienziato scriveva che un problema non può essere risolto utilizzando lo stesso processo mentale che lo ha generato; sembra proprio che la politica italiana non voglia fare tesoro di questo importante insegnamento.


[1] Il rigassificatore potenzialmente permette una maggiore diversificazione dei Paesi da cui acquistare gas. I rigassificatori infatti riportano allo stato gassoso il gas liquido trasportato via nave e quindi permettono l'approvvigionamento di gas anche da Paesi lontani privi di un collegamento diretto con l'Italia via gasdotto.
Per saperne di più leggete Rigassificatori: la situazione tecnologica e Alcune considerazioni sui rigassificatori in italia , www.arengo.info, numero 18
[2] Alessandro Clerici, coordinatore di Confindustria delle task force sull'”Efficienza energetica”, ha più volte fatto appello al nucleare come soluzione principale alla questione sia energetica che ambientale

1 Commento

  1. bad work! (…just joking, a work full of good points)

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